Che cosa potevano aspettarsi dall’incontro fra Trump e Putin, in Alaska, coloro cui interessa soltanto il ritorno alla pace? Nulla, e nulla è stato. Nessun cessate il fuoco da parte dell’aggressore: l’aggredito non era stato invitato. Nessun accordo che possa soddisfare entrambe le parti: una delle due parti non era stata invitata. Era fin troppo chiaro che le condizioni di partenza non lasciavano presagire niente di buono, ma se fosse terminato con un niente di buono, ci sarebbe stato almeno un risultato, qui il problema è che, al termine dell’incontro, non è uscito niente, nemmeno la conferenza stampa congiunta prevista alla fine dell’incontro, evidentemente non avevano niente da dire di fronte al mondo in attesa. Una grandiosa macchina organizzativa, lo stato americano dell’Alaska al centro dell’attenzione planetaria, tutti con il fiato sospeso in attesa dell’applauso finale e ci dobbiamo accontentare dell’euforia dei russi, che reputano Putin il vero vincitore, il commento dei media ucraini che hanno giudicato l’incontro “disgustoso e inutile” e i giornali americani che bocciano il loro presidente. Tutto rimandato al prossimo incontro, questa volta alla Casa Bianca, questa volta con Zelensky. “C’è una grande cosa che ha impedito l’accordo con Putin” ha detto Trump “ ma non vi posso dire qual è”. Forse lo dirà direttamente lunedì a Zelensky, nello Studio Ovale, nella speranza che non si ripetano le tristi e ridicole scene dell’ultimo incontro, tra i due, nel famoso studio. Certo, se dopo questo vertice si riuscisse a organizzare un incontro a tre, la proposta è di farlo il 22 agosto, sarebbe una buona notizia, ma, in queste cose, tutto è relativo, perché la realizzazione del decisivo incontro a tre è propedeutica alla buona riuscita dell’incontro alla Casa Bianca, ma cos’è una “buona riuscita”? Potrebbe essere la rimozione di quella grande cosa che ha impedito l’accordo con Putin, nella speranza che questa rimozione con comporti la nascita di una nuova (o vecchia) grande cosa che impedisca l’accordo con Zelensky, ma questo è il gioco da tavolo della diplomazia al quale finalmente ci sarà un maggior coinvolgimento dei paesi europei, fino a questo momento, spettatori piuttosto passivi. La presenza, a Washington, di Ursula von der Leyen, insieme con altri leader europei, all’incontro di lunedì, potrebbe significare un passo avanti verso l’obiettivo di una pace giusta e duratura che garantisca la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina, un soddisfacente accordo tra le parti e non una resa all’invasore perché non sempre la fine della guerra coincide con l’inizio della pace.
Lorenzo Avincola redattore de L’agone


