15 Dicembre, 2025
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Open day nelle scuole, una competizione per la sopravvivenza

Riceviamo e pubblichiamo

Ogni anno, nel periodo tra Dicembre e Febbraio, le studentesse e gli studenti che concludono il proprio percorso nelle cosiddette scuole medie, sono chiamati ad affrontare una delle prime scelte davvero influenti per il futuro: quella della scuola superiore.

A partire dal confronto con i compagni di classe, per proseguire insieme il cammino scolastico, passando per chi punta alla vicinanza dell’istituto, fino ad arrivare all’immancabile influenza dei genitori.

Proprio in questo quadro si inserisce l’organizzazione, da parte degli istituti, dei cosiddetti “open day”, momenti in cui partecipare a dei tour guidati all’interno degli istituti, per conoscere laboratori, aule e spazi, provando ad immaginarsi in quella scuola per i successivi cinque anni.

Un’opportunità nata per orientarsi tra il caos delle molteplici scelte possibili; nella pratica giornate che si trasformano in una vera e propria corsa alla “conquista” di iscrizioni da parte degli istituti, una competizione per la sopravvivenza.

In queste giornate le studentesse e gli studenti più grandi organizzano, insieme ai docenti, tour, laboratori e presentazioni, spesso in cambio di crediti o ore di ex alternanza scuola lavoro.

Ma a tutto questo a quale pro? Perché le scuole si sono ridotte a competere tra loro come se fossero aziende in concorrenza?

Da molto tempo le scuole sono sottoposte a valutazioni sempre più stringenti che, nella migliore delle ipotesi si riducono alla semplice “chiusura” di una classe per il non raggiungimento del numero necessario, ma nella peggiore si traduce nell’ormai temutissimo dimensionamento scolastico, che porta il numero minimo di studenti per scuola è 900.

Lo scorso anno la Regione Lazio ha disposto la chiusura di 23 istituzioni scolastiche, generando un’attivazione da parte di studenti, docenti, genitori, dirigenti e istituzioni che, seppur in modalità diverse, sono convergute sulla stessa battaglia: a partire dalla comunità studentesca, scesa in piazza sotto al Regione Lazio, fino alle istituzioni, che hanno proseguito la battaglia nei tribunali.

Il vero problema è che, a fronte di un aumento della comunità studentesca in una scuola, non corrisponde un’azione di incremento dei fondi alle scuole, già sotto finanziate.

Una scelta politica chiara quella del Governo Meloni che, dal giorno zero, ha preferito destinare i fondi pubblici agli istituti paritari, ampliando il divario tra chi può permettersi un’istruzione a pagamento e chi a stento riesce ad acquistare i libri scolastici.

Simone Montori

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