5 Dicembre, 2025
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Kiev, la Lavra e il mistero spezzato dell’unità

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Nel cuore dell’antica Kiev, là dove il fiume Dnepr accarezza dolcemente la collina di Berestov, sorge un luogo in cui il cielo sembra toccare la terra: la Lavra delle Grotte, o Kyievo-Pecherska Lavra. Fondata nel 1051 dai santi Antonio e Teodosio, questa cittadella monastica è da secoli il fulcro della spiritualità ortodossa, un cuore che pulsa fede, silenzio e memoria. Le sue cupole dorate, i santi dormienti nelle grotte, il campanile che si innalza come una preghiera verso l’alto: tutto nella Lavra racconta il mistero di Dio che si fa dimora nell’anima.

Eppure, anche in questo luogo consacrato, le ferite della divisione si fanno sentire.

Ce lo racconta con dolore Don Moreno, sacerdote italiano in missione proprio a Kiev, che ha assistito con i propri occhi ad una scena di lacerazione spirituale:
“Qui a Kyiv davanti al grande monastero della “Lavra”, il più grande monastero del Patriarcato di Mosca in Ucraina, essendo stato vietato l’ingresso al pubblico, i fedeli ortodossi pregavano ai cancelli del grande complesso. In tale luogo c’erano anche degli ortodossi legati a Kyiv e naturalmente dei fedeli greco – cattolici che invece di pregare insieme per la pace si insultavano a vicenda… Che tristezza! ”

Una tristezza che pesa come un’eco nel cuore stesso del Vangelo, dove Cristo ha pregato:
“Tutti siano una cosa sola” (Gv 17,21).

Camminare tra le meraviglie della Lavra, le cripte che ospitano i santi mummificati, i musei delle Microminiature e dei Tesori, la vista incantata dal campanile alto quasi 100 metri: è un viaggio nella bellezza della fede. Ma oggi, quel luogo è anche testimone di una ferita profonda: quella della Chiesa divisa da strade, riti, orgoglio e sospetti.

Don Moreno lo denuncia con amore, ma senza reticenze:
“Abbiamo perso un’occasione storica. Potevamo dare al mondo un segno forte, mentre i potenti si compattano per interessi economici e strategici. Noi, che abbiamo la Croce, abbiamo dimenticato la Pace.”

Un invito che sale dalla terra santa dell’Ucraina.

In una Kiev martoriata dalla guerra, dove le bombe sembrano voler zittire anche le campane, la fede resiste, ma la divisione scandalizza. E allora la Lavra non è solo un monastero da visitare, ma uno specchio per le coscienze.

Due chiese che si guardano da lati opposti, fratelli che pregano lo stesso Dio, ma si parlano con diffidenza. Da 971 anni. Come possiamo credere che il mondo ci ascolti, se il Corpo di Cristo resta lacerato?

Eppure, la speranza resta viva, come la candela che tremola davanti all’icona di Cristo.

Don Moreno conclude con un appello semplice e potente:
“Non perdiamo la speranza. Preghiamo insieme, camminiamo insieme, lavoriamo insieme per creare un mondo migliore.”

La Lavra, con le sue meraviglie architettoniche e le sue profondità mistiche, ci chiama ad una fede più grande delle divisioni, ad un cristianesimo che sa ricucire ciò che l’orgoglio ha spezzato, ad una testimonianza che non si ferma ai riti, ma che si fa pane condiviso, perdono e fraternità.

Forse oggi, più che mai, Dio ci guarda dalle profondità della Lavra, e ci chiede con voce dolce ma ferma:
“Dov’è il Mio Corpo? Lo riconoscete ancora, o l’avete diviso in nome vostro?”

E da Kiev, tra il suono delle sirene e la voce dei santi nascosti nelle grotte, una risposta può ancora nascere. Una risposta che comincia da una preghiera detta insieme, indipendentemente dalla chiesa che frequentiamo.

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