16 Febbraio, 2025
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Pro contro, ecco i nodi della Finanziaria 2025

La legge finanziaria quest’anno ha di fronte uno scenario europeo e mondiale del tutto nuovo e complicato. A ciò si aggiunge la difficoltà economica nella quale versa l’Italia. In questo quadro il governo parla di situazione sotto controllo e di progressi in senso lato.  Espressioni come “nebbia e neve” che si dissolvono al primo raggio di sole.  Tanti sono i pareri negativi certificati, ma il governo va orgogliosamente per la sua strada. È facile fare annunci, tanto si tratta di promesse e come tali riguardano il futuro. Si vedrà!

Pensioni e stipendi bloccati, cresce il carovita, aumentano le tariffe di luce, gas, telefono, acqua, affitti, benzina, autostrade, assicurazioni e prodotti alimentari. In breve, è il canovaccio della finanziaria 2025.

Legge votata con la “fiducia”

La legge è stata votata con la “fiducia” togliendo al Parlamento il compito di migliorarla. Il governo Meloni legifera con decreti; “a scatola chiusa” e non permette emendamenti. Non ama confronti con opposizione, sindacati e stampa. Pare gradire i condizionamenti esterni: l’intrusione di Elon Musk nella politica italiana ed europea, il ruolo illiberale di Trump, il quale forse farà cessare le guerre, ma ha annunciato che si occuperà del conflitto USA-BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Repubblica Sudafricana) per la leadership USA nel Mondo.

Un presagio inquietante

Caduto il muro di Berlino, 1989, ebbe inizio l’“americanizzazione” dell’intero mondo, globalizzando e delocalizzando le imprese in Paesi a basso costo del lavoro e liberalizzando la finanza.  Da lì sono ripartite le disuguaglianze e l’impoverimento dei ceti medi. Al tempo la Merkel dialogò con Russia e Cina per lo scambio di tecnologie ed export.  Ora la Germania è in recessione e i governi tedesco, francese e UK sono in crisi. La Meloni è sdegnosa con i governi di Francia, Germania e Spagna, nostri alleati storici, e quindi manca un progetto comune di futuro. Inoltre, dopo il covid-19, l’Europa ha introdotto il “Patto di stabilità” che obbliga i Paesi UE a ridurre i debiti.

L’Italia è obbligata dal 2027, ma per il debito più alto, dopo la Grecia, è doveroso iniziare il recupero da subito. L’alta inflazione di questi anni è favorevole al governo per recuperare debito, ma non lo è per i salari, la scuola, la sanità e gli investimenti. Tant’è che la lieve crescita degli occupati non migliora la prospettiva del lavoro futuro e preoccupa l’aumento dei poveri. Lo ha compreso bene il ministro Giorgetti che dichiara “il vero valore che possiamo e dobbiamo difendere è la riduzione del debito pubblico”,  tutto il resto va rinviato.

E precisa che “le misure adottate riguardano il sostegno al reddito medio-basso, pensionati e dipendenti”. Peccato che sfogliando il lungo elenco delle misure e gli importi assegnati ci si accorge che i fondi, oltre a essere pochi, sono stati mal distribuiti e direi sperperati. Un esempio: le pensioni minime con l’aumento di un euro, circa, al mese. Quel fondo, invece, avrebbe potuto aiutare il Pronto soccorso, al collasso.

Franco Marzo

 

 

 

 

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