5 Dicembre, 2025
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Amore e fiducia sono lo stimolo dei giovani

 

Il bullismo sconfitto dall’amore di una madre

Ogni grande conquista nasce da un gesto invisibile: qualcuno che ci abbia detto “Io credo in te”. Amore e fiducia sono lo stimolo dei giovani. Senza fiducia, nessun talento può sbocciare e questa fiducia, spesso, ci arriva da lontano, dallo sguardo rassicurante di un insegnante, dalle parole d’amore di un genitore. Basta una frase per far decollare un’intelligenza… o per spegnerla.

Così, in una scuola troppo attenta all’apparenza e alla ripetizione sterile del già noto, un ragazzo emiliano di nome Guglielmo si trovava fuori posto. Deriso, ma sostenuto dalla madre che credeva in lui, abbandonò l’istituzione ufficiale. Lesse, sperimentò, sognò.

Non aveva ancora una teoria completa, ma un sogno che si poggiava su un’intuizione potente: trasmettere messaggi senza fili, alla velocità della luce, con costi irrisori, anche da un capo all’altro del pianeta.

Quella visione, nata nell’ombra, diventerà una delle più grandi rivoluzioni tecnologiche del Novecento. E tutto iniziò da un seme chiamato fiducia.

 La nascita di un’utopia

Guglielmo Marconi nasce a Bologna il 25 aprile 1874, figlio di Giuseppe, un uomo dalle solide radici italiane, e Annie Jameson, colta e curiosa irlandese. Cresce in un tempo in cui la scuola non premia la creatività né la capacità di immaginare oltre il noto. Non è lo studente che svetta nei voti o nella disciplina: la scuola dell’epoca lo ingabbia, incapace di valorizzare il pensiero laterale o l’intuizione.

I compagni lo deridono, e lui lascia l’Istituto Cavallero di Firenze per trasferirsi a Livorno. Qui, nella solitudine dello studio autonomo, scopre la fisica: non nei programmi scolastici, ma tra le pagine di riviste scientifiche internazionali che riesce a leggere grazie all’inglese fluente appreso dalla madre. È così che entra in contatto con gli esperimenti di Heinrich Rudolf Hertz, che ha dimostrato l’esistenza delle misteriose onde elettromagnetiche ipotizzate da James Clerk Maxwell pochi anni prima.

Nell’estate del 1894, l’intuizione prende forma: usare le onde hertziane per inviare messaggi, senza fili. Con mezzi rudimentali e l’appoggio della famiglia, Marconi monta un’antenna e riesce a trasmettere segnali per poche decine di metri. Un traguardo minimo, ma rivoluzionario. Poco dopo, dalla soffitta del granaio della villa di famiglia, il segnale raggiunge un ricevitore posto a un chilometro di distanza.

L’anno successivo, nel 1895, il famoso “colpo di fucile” sancisce il successo definitivo. Quando il fratello spara, significa che il segnale è arrivato, oltre la Collina dei Cappuccini. Non ci sono collegamenti. Non ci sono fili invisibili. C’è solo un’idea, passata nell’aria, che ha risposto a una domanda che nessuno aveva osato porre.

 Un’idea che abbraccia il mondo

Dopo i primi successi sperimentali, Marconi porta la sua visione dove può davvero crescere: Londra. È lì che nel 1896 deposita il primo brevetto per il telegrafo senza fili, e il 20 luglio 1897 fonda la “Wireless Telegraph and Signal Company” che, nel 1900, cambierà il nome in “Marconi Wireless Telegraph Company Limited” rendendo immortale il suo cognome.

Il 12 dicembre 1901, la svolta: dalle coste della Cornovaglia, invia un segnale radio che attraversa l’Atlantico, giunge fino a St. John’s, in Terranova. Solo tre punti: una semplice lettera “S” in codice Morse. Ma quel messaggio rompe le barriere del possibile: nessun cavo, nessun filo, solo invisibili onde. Una prodezza che sorprende tutti gli scienziati, ignari del come sia stato possibile. Marconi gioca l’intero piatto con l’ultima carta: a bordo della nave “Carlo Alberto”, che il re gli mette a disposizione, continua la sperimentazione. Navigando lungo le coste europee, invia messaggi che superano montagne. Ogni trasmissione è una conferma, ogni segnale una dimostrazione: la comunicazione globale non è più un sogno.

Nel 1909, arriva il riconoscimento più alto: il Premio Nobel per la Fisica, condiviso con Karl Ferdinand Braun. Non è solo un premio alla scienza, ma alla visione, alla perseveranza, e alla capacità di immaginare un mondo connesso.

Da lì in poi, il nome Marconi si lega al progresso stesso. Riceve onorificenze, potere, e una fama senza confini. Ma il suo viaggio terreno si chiude a Roma, nel 1937. Lascia il mondo più vicino, più veloce, più dialogante. E tutto era cominciato da un ragazzo curioso con una madre che credeva in lui.

 

Realizzare l’impossibile

Tutto “normale”, se non fosse per un particolare: dai lavori teorici di Maxwell e sperimentali di Hertz, era evidente che queste onde ignote avrebbero dovuto propagarsi solo in linea retta e in assenza di ostacoli lungo il percorso.

Eppure, Marconi non si fermò davanti a ciò che “si sapeva”. Non si limitò alla teoria: la sfidò.

Limitandosi acriticamente a ciò che si sapeva, ignorando che esistono altre possibilità senza violare le leggi fisiche, Marconi a avrebbe potuto bene essere definito un eccentrico che perdeva tempo e soldi in una impresa chiaramente fallimentare. Tuttavia, sebbene raramente, a volte accade che la realtà superi la fantasia e a fronte delle certezze teoriche di quei giorni, ecco cosa racconta Marconi in persona.

La mattina del 12 dicembre 1901 … si riuscì ad innalzare … un cervo volante che sollevava una estremità dell’antenna ad un’altezza di circa 120 metri. Alle 12,30 … ecco giungere al mio orecchio … una successione ritmica dei 3 punti corrispondenti alla lettera S dell’alfabeto Morse … lanciati nello spazio dalla stazione di Poldhu sull’altra sponda dell’Oceano … a distanza di oltre 3000 Km … nonostante il presunto ostacolo della curvatura terrestre che tutti ritenevano insormontabile. … Un dubbio rimaneva … avrebbe forse potuto essere ostacolata se lungo il percorso si fossero trovati continenti e montagne. … nel 1902 … nel corso di una lunga crociera nella Manica nel Baltico, nel Mediterraneo e nell’Atlantico potei inconfondibilmente provare che le zone continentale e le montagne interposte fra stazioni radiotelegrafiche non ne impedivano le comunicazioni.”

Oggi sappiamo molto di più e possiamo spiegare il comportamento di queste fantomatiche onde (che avevano caratteristiche stranissime e incompatibili con le conoscenze di fine XIX secolo e che condurranno alle teorie della relatività di Einstein). L’accelerazione degli elettroni produce l’emissione di un segnale che si propaga in linea retta alla velocità della luce fino a che interagisce con un altro elettrone che assorbe il segnale, venendo anch’esso accelerato. Questa è la realtà nota e la base della comunicazione wireless. Tuttavia, inspiegabilmente, gli esperimenti di Marconi hanno dimostrato che quelle onde riescono a superare non solo le barriere dei monti (i quali, contenendo elettroni, assorbono il segnale che tenta di attraversarli) e degli oceani, ma addirittura la curvatura terrestre (come se si piegassero lungo la superficie del mare).

 

La fortuna aiuta gli audaci, ma la tenacia li rende immortali

Se lo stesso Hertz affermava: “Le onde elettromagnetiche non avranno mai nessuna applicazione”, Marconi ipotizzava invece, senza alcuna base teorica, che le onde potessero “saltare” o “curvare” in “qualche modo”.

In realtà, le onde radio si propagano effettivamente solo in linea retta, come previsto dalle leggi della fisica teorizzate da Maxwell, ma, a bassa frequenza, possono aggirare piccoli ostacoli grazie alla diffrazione. Inoltre, a frequenze inferiori a 30 MHz, vengono riflesse dall’alta atmosfera perché “sbattono” contro uno specchio invisibile e ritornano verso il basso, superando ostacoli come montagne e ovviando alla curvatura terrestre raggiungendo luoghi situati oltre l’orizzonte.

L’ipotesi stravagante della esistenza di uno “specchio nel cielo”, fu avanzata da Oliver Heaviside e Arthur E. Kennelly nel 1902. L’esistenza di questo “strato riflettente”, situato a circa 100 km di altezza, sarà scoperto solamente nel 1924 da Edward Victor Appleton, che vinse il premio Nobel per la Fisica nel 1947 per i suoi studi sulla ionosfera (un plasma che contiene elettroni liberi che, raggiunti da onde elettromagnetiche a “bassa” frequenza, cominciano ad oscillare per risonanza e reirradiano il segnale in tutte le direzioni, riflettendolo quindi anche verso Terra).

 

La luce che nasce dalla fiducia

Se oggi possiamo comunicare istantaneamente con ogni angolo del pianeta, è perché qualcuno ha avuto il coraggio di guardare oltre ciò che sembrava ragionevole. Perché qualcuno, una madre, ha avuto la forza silenziosa di credere nel proprio figlio, anche quando la scuola lo derideva.

Dietro ogni grande scoperta si cela un gesto apparentemente insignificante: uno sguardo che incoraggia, una mano che sostiene, una voce che dice “Tu puoi”. Il trionfo di un ragazzo è anche il trionfo di chi lo ha sostenuto. Sostenere una mente è come accendere una stella, e ogni stella illumina il futuro di tutti.

 

Serendipity

Marconi è riuscito laddove la scienza non osava spingersi. Il suo sogno sembrava fragile, una fantasia senza basi. Eppure, proprio come Cristoforo Colombo cinquecento anni prima, fu salvato da una verità che non conosceva: Colombo dalla presenza imprevista dell’America, Marconi dalla riflessione delle onde nella ionosfera. L’una e l’altra invisibili, inaspettate, provvidenziali.

Né Marconi né Colombo avevano la conferma teorica di ciò che immaginavano. Entrambi furono guidati da un’intuizione, quasi una fede, che, anche se sbagliata, li portò oltre le certezze del loro tempo, ampliando le conoscenze di allora. Entrambi furono inizialmente derisi, contestati, isolati, ma i loro ipotizzati fallimenti si trasformarono in conquiste epocali.

La fiducia è il primo passo verso l’invisibile, il secondo è il coraggio di seguirlo.

«Un giorno sarà possibile mandare messaggi in ogni angolo della terra utilizzando una quantità così piccola di energia, che anche i costi saranno molto bassi». (Marconi, durante la cerimonia per la consegna del premio Nobel per la fisica, 1909).

Quella visione, oggi, è realtà quotidiana. Dalla messaggistica istantanea ai satelliti in orbita, tutto nasce dalla fiducia di quella madre e dal coraggio di crederci.

 

Riccardo Agresti

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