Presentato ieri a Bracciano il libro di Marco Patucchi
In parecchi lo scorso sabato 25 ottobre hanno scelto di essere presenti al teatro Delia Scala di Bracciano, piuttosto che nei centri commerciali a fare shopping: l’appuntamento era con una tematica di grande attualità, per la quale troppo spesso adottiamo indifferenza, un problema che tanto non ci riguarda.
La presentazione del libro del giornalista Marco Patucchi, scritto a quattro mani con Bruno C. Giordano, magistrato che si è occupato per decenni della materia, ha sollevato il dramma delle morti e degli infortuni sul lavoro, creando un neologismo, “Operaicidio” che dovrebbe indignare e smovere coscienze ma soprattutto la politica.
Con l’autore hanno dialogato Luca Bianchini, regista e autore del film “Articolo 1” e il sindaco di Bracciano, Marco Crocicchi.
Si è partiti appunto dall’articolo 1 della Costituzione Italiana, “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, sebbene fin da subito, ascoltando l’autore del libro, non si può pensare di risolvere la mattanza delle morti sul lavoro semplicemente introducendo norme a tutela della sicurezza, che in realtà sarebbero già sufficienti, ma deve essere modificata la mentalità.
Il libro parte dall’assunto che l’articolo 1 della Costituzione, che dà il titolo al film, poi debba sviluppare altri articoli e altre norme perché il lavoro viene definito come mezzo e strumento di dignità per il lavoratore e la sua famiglia e non può essere ciò, che invece troppo spesso gliela toglie.
“Attraverso questi racconti quotidiani ho provato a strappare dalla statistica e dai numeri tutte quelle dichiarazioni che poi finiscono per diventare clichè; ho avvertito l’esigenza di dare il più possibile consistenza umana a questi numeri”, ha sostenuto Patucchi.
Secondo l’autore cercare di riempire i vuoti dell’informazione permette di ricordare che dietro quei numeri ci sono delle persone e delle vite, delle famiglie, dei figli, delle mogli, sentimenti e drammi.
L’argomento in discussione è una vera e propria emergenza sebbene chiamare emergenza un fenomeno che ha come media 3 morti al giorno, appare ridicolo e riduttivo.
“Non sono morti sul lavoro ma morti di lavoro”, ha dichiarato Patucchi, c’è un problema di parole e in questo libro affrontiamo abbondantemente anche questo. Poiché le parole sono importanti, l’idea stessa di creare un neologismo ha voluto dare una vera consistenza semantica a una questione che non aveva una sua definizione. Con il co-autore (Bruno Giordano) abbiamo avvertito il dovere di fare questo libro e dare consistenza a qualcosa che consistenza, di fatto, non ce l’ha”.
Prosegue: “Una piccola grande guerra sulla quale ogni giorno noi redattori dovremmo informare sempre di più e con maggior incidenza sulle coscienze”
Ognuno ha una piccola responsabilità, secondo l’autore, in quanto come consumatori incarniamo un conflitto di interessi; quando da compratori risparmiamo, ci sentiamo soddisfatti perché risparmiamo, compriamo le cose on line, ma perdiamo di vista che quello che risparmiamo da consumatori lo perdiamo da lavoratori.
L’intervento del sindaco di Bracciano, Marco Crocicchi, ha fatto emergere una chiara e, purtroppo, frequente dicotomia: “se da un lato gli appalti pubblici sono fortemente regolati dal codice degli appalti” ha sottolineato il sindaco, “nella sostanza, poi, non è vero che nel pubblico ci sia un sistema che protegge in assoluto dai subappalti.
Anche nel caso dei lavori statali, che riguardano finanziamenti europei, per necessità di raggiungere celermente il risultato, questo traguardo viene raggiunto forzando un po’ alcune delle regole di sicurezza”. Un intervento conciso e diretto, che ha evidenziato quanto, sia nel pubblico che nel privato, è necessaria una maggiore cura e attenzione, fintanto che si parla di persone prima che di lavoratori.
L’attenzione è stata poi spostata sul film, un documentario che in maniera semplice ma non banale o retorica, lascia la parola a chi non ha più visto tornare a casa dal lavoro mariti, padri, fratelli, figli. Storie di dolore, in alcuni casi raccontate da vedove o orfani, ma anche in prima persona da infortunati che hanno visto cambiata la propria vita per sempre. Un film dal considerevole impatto emotivo, che al termine della proiezione ha lasciato tutti i presenti attoniti. “Il film si concentra su tre parole: lavorare, vivere e morire”, queste le parole del regista Luca Bianchini, che ha proseguito: “tutti i giorni dai giornali e telegiornali sentiamo parlare di numeri, migliaia di numeri, dimenticandoci spesso che dietro a questi ci sono nomi e cognomi e attorno altrettanti nomi e cognomi che li amano, vittime innocenti di un dolore non giustificabile in alcun modo.
L’intento del film non è quello di lanciare in alcun modo accuse esplicite, non vuole fare proclami, ma semplicemente dare un volto e una consistenza umana a questi numeri”. Alle parole del regista ha fatto seguito la proiezione del documentario, al termine del quale poche sono state le parole che i presenti sono riusciti a trovare.
“Dobbiamo avere tutti un senso di colpa e responsabilità per quello che succede, perché nella tristezza degli occhi di chi resta e sopravvive a questo dolore, c’è la necessità di intervenire e di farlo nel più breve tempo possibile”. Si è concluso così il documentario, con le parole del magistrato Bruno Giordano, alle quali si è aggiunto immediatamente l’intervento finale del sindaco Crocicchi che ha affermato:
“Nessuno è escluso da responsabilità e nessun individuo deve fare l’errore di pensare che non ha un ruolo attivo per migliorare e invertire la rotta”. Non è passata inosservata la presenza della vice sindaca Biancamaria Alberi e di Ida Nesi, così come quella di Giovanni Furgiuele, presidente de L’agone, che da sempre è sensibile a tematiche come queste, con la consapevolezza che parlarne nel modo giusto può rappresentare quella goccia in più in grado di cambiare il peso del mare.
Ludovica Di Pietrantonio Gianluca Di Pietrantonio
Direttore L’agone Redattore L’agone







