Un ponte tra due mondi tenuti lontani
Eppure, mentre l’amore colmava ogni spazio, Bai Suzhen custodiva dentro di sé l’origine celata. Per timore che Xu Xian avesse potuto abbandonarla, non gli aveva mai rivelato la sua vera natura. Conosceva troppo bene la fragilità del cuore umano, la sua inclinazione a temere ciò che non riesce a comprendere. Sapeva che la società, guidata dall’ignoranza e dalle leggi celesti, avrebbe condannato la sua esistenza, anche se in lei ardeva un amore così puro da piegare le stelle.
La legge divina vietava agli spiriti di unirsi agli esseri umani e svelare la sua origine sovrannaturale avrebbe significato perdere tutto: l’intimità costruita giorno dopo giorno, la gioia semplice dei gesti quotidiani, il rifugio trovato nel sorriso di Xu. Così Bai continuò a tacere. In quel silenzio vi era dolore, ma anche speranza, la speranza che l’amore bastasse a proteggere, a sorreggere, a salvare.
Il loro matrimonio viveva sotto cieli benevoli e il tempo sembrava fiorire attorno a loro. La farmacia, che avevano aperto insieme, prosperava, e la gentilezza con cui Bai curava i malati veniva attribuita a una saggezza rara, mai sospettata d’essere soprannaturale. Ma con i suoi poteri, curava ciò che nessun medico poteva guarire. Xu Xian, ignaro, era felice. Erano custodi della felicità altrui: la farmacia era il rifugio per chi soffriva e Bai si sentiva viva come non mai.
In quel tempo di armonia, un altro miracolo si affacciò nel loro destino: dentro di lei cresceva anche una nuova speranza: un figlio che avrebbe portato avanti la verità nascosta dell’amore tra cielo e terra. Bai era incinta. Una vita nuova cresceva dentro di lei, non solo come frutto dell’amore, ma come ponte tra due mondi tenuti lontani dalla legge. Il cuore di Bai si riempì di una dolcezza inquieta: avrebbe potuto proteggere il bambino da quel mistero custodito che aleggiava sopra di lei come una nebbia sottile che non si posa ma avvolge?
Fra due veri amanti non possono esistere segreti
Ma un evento tanto straordinario, quanto la trasformazione di uno spirito in donna, non poteva restare invisibile ai custodi dell’ordine celeste. Il sapiente e zelante Fahai, “Oceano della Legge”, il monaco del Tempio di Jinshan, cominciò a osservare con crescente inquietudine ciò che accadeva a Hangzhou. Le guarigioni miracolose, i sussurri di pazienti sanati senza medicina, la luce che sembrava avvolgere la farmacia come una benedizione era tutto troppo sospetto: indicava certamente la presenza di un potere non terreno presente in Bai.
Fahai, asceta devoto e interprete inflessibile della legge divina, non era animato da malizia, ma dalla convinzione assoluta di agire nel giusto. Per lui, il mondo era un equilibrio fragile, sorretto da regole antiche, dove ogni infrazione avrebbe potuto generare caos. La sua convinzione era che l’unione tra umano e spirito era proibita non per punizione, ma per protezione. Così, armato del fervore che solo la fede sa infondere, decise di intervenire.
Una mattina, si presentò a casa di Xu Xian, mentre Bai era a curare un malato, come chi porta una verità scomoda, ma inevitabile. Con voce grave, gli parlò della possibile vera natura di Bai Suzhen, rivelandogli che ella non poteva essere una semplice donna, ma certamente uno spirito millenario, forse un serpente che aveva infranto il confine tra il visibile e l’invisibile. “La vostra unione” disse, “non è benedetta dal Cielo. È un’illusione che potrebbe spezzare l’armonia tra i mondi”.
Xu Xian sentì il terreno tremare sotto i piedi. Le parole del monaco lo colpirono come una tempesta improvvisa. Come poteva credergli? L’amore, profondamente ricambiato, che Bai aveva per lui era limpido, vivo, radicato in ogni gesto. Lei lo aveva sempre guardato con verità negli occhi. Lo aveva amato con una dolcezza che nessuna menzogna avrebbe saputo imitare. “Fra due veri amanti non possono esistere segreti” rispose Xu, con voce spezzata dall’orgoglio e dal dolore, e cacciò il monaco con forza.
Ma Fahai, prima di andarsene, lasciò un dono: una bevanda che avrebbe mostrato la vera natura di chi l’avesse bevuta. “Non vi chiedo fede” gli sussurrò “solo di aprire gli occhi” e se ne andò.
Quando il silenzio non protegge
Con quel liquido ambrato nelle mani, Xu Xian restò solo, incerto tra la fiducia e il timore, tra l’amore e il dubbio che iniziava a insinuarsi come vento tra le crepe di un muro che si credeva solido. Quell’intero giorno, Xu Xian camminò in casa come un uomo senza ombra né pace. I pensieri si infiltravano come pioggia in una crepa, e in ogni goccia si rifletteva una domanda: come poteva, la madre di suo figlio, averlo mai tradito non rivelandogli la sua vera natura? Chi aveva sposato davvero? La madre del figlio che portava in grembo, la donna che lo aveva curato, lo aveva amato, lo aveva ascoltato con una dedizione che pochi sanno donare, poteva avergli nascosto una verità così profonda?
Il dubbio era una lama sottile che tagliava piano, senza clamore. Era travolto dal dolore e dalla paura, attratto da una spirale di dubbi.
Xu la guardava, ormai era sera, allegra, ignara, mentre si preparava per la notte con le sue solite, adorate, morbide, candide vesti. I suoi movimenti leggeri, la gioia quieta nel sorriso, lo ferivano e lo consolavano insieme. Come poteva essere ciò che Fahai diceva? Uno spirito? Un serpente? Una menzogna travestita da amore? Non era possibile!
Poteva invece Fahai avere mentito visto che il popolo ora si rivolgeva maggiormente alla farmacia piuttosto che al tempio? Poteva, quella bevanda, semplicemente essere veleno per uccidere chi, con le erbe e le parole dolci, guariva i sofferenti.
Eppure, il monaco non era un uomo qualunque. Fahai era custode delle leggi celesti, e Xu sapeva che non avrebbe mai infranto la più sacra: quella del rispetto della vita. Forse la bevanda non era veleno, ma verità liquida. Se davvero Bai Suzhen era ciò che nascondeva, bisognava guardarla negli occhi, non per accusarla, ma per capire.
Per un istante, Xu Xian pensò di gettare via il contenuto, di lasciar scivolare tutto via in nome della pace. Ma capì che il silenzio non avrebbe guarito, né protetto. Si decise, con mani tremanti e cuore sospeso, versò la bevanda nel bicchiere di vino Xionghuang. Non lo offrì a Bai: lo condivise con lei. Nessuna accusa, nessun ricatto. Solo la scelta di bere insieme, per affrontare, nell’unione, qualunque verità potesse emergere, per condividerne l’eventuale destino: vivere o morire, ma insieme e conoscere finalmente la verità.
Lei lo guardò, stupita: la festa delle barche del drago era ormai terminata. Nei suoi occhi non c’era paura, ma fiducia. Mentre le labbra si sfioravano al bordo dello stesso calice, Xu Xian pensò che qualunque fosse il volto nascosto di Bai, lui lo avrebbe guardato senza fuggire. Perché l’amore non è cieco: è il coraggio di vedere, e restare.
Il suo amore era divenuto eterno
Quella sera si erano addormentati abbracciati dal silenzio, con il cuore tranquillo e la serenità che nasce dall’intimità vera. Il dolce bicchiere era stato bevuto insieme e l’amore sembrava averli protetti da ogni dubbio. Nella notte, quando il mondo tace e le verità più antiche si svelano, Xu Xian si destò sentendo Bai che lo abbracciava ancora, come quando si erano addormentati. Alla luce della Luna si volse a guardarla, forse per cercare pace tra le pieghe del suo volto. Ma ciò che vide lo fece inorridire. Al posto delle braccia della sua amata Bai Suzhen, sulla sua pelle si appoggiava il corpo maestoso di un serpente bianco che lo avvolgeva con spire silenziose. Non ostili, ma reali. Il terrore gli strinse il petto prima della comprensione. Urlò e il grido fu un colpo secco nel cuore. Il respiro gli mancò. Il dolore non veniva dal veleno, ma dalla verità e il suo cuore si fermò.
Bai Suzhen si destò di colpo, come chi sente l’anima dell’amato spezzarsi. Vide Xu immobile, il volto pallido come il loto sotto la neve. E non vi fu tempo per spiegazioni, per parole gentili, per confessioni. Vi fu solo amore, puro e disperato. Con le mani tremanti lo scosse, lo chiamò, gli parlò col nome che solo lei gli dava. Cercò tra erbe e conoscenze millenarie una cura impossibile, ma le leggi dell’anima avevano già pronunciato il verdetto.
Fu allora che comprese ciò che doveva fare. Rinunciò a ciò che l’aveva resa immortale: ai poteri che aveva coltivato per secoli, alla luce che vibrava nel suo spirito. Come offerta sacrificale, versò la sua forza nel corpo di Xu Xian, non per obbligo, ma per amore. Nel buio, divenuto liquido e avvolgente, una luce tenue si accese attorno a Xu. Il respiro tornò a fluire e il suo petto si sollevò come dopo un lungo pianto.
Bai restò lì, esausta, svuotata, ma viva. Non più una divinità in forma umana, ma solo una donna, con il cuore trafitto e la speranza ancora accesa. Aveva scelto l’amore sopra la gloria, la vita dell’altro sopra la propria essenza. In quel gesto, il suo amore era divenuto eterno.
Diventava leggenda perché aveva scelto di essere sé stessa
Il silenzio che seguì alla rivelazione fu più assordante di ogni grido. Xu Xian, al risveglio, trovò la vita dentro di sé, restituita dal sacrificio di Bai, ma non la pace. Nei suoi occhi, colmi di dolore, si rifletteva non il volto dell’amata, ma l’ombra di un dubbio che non riusciva a dissipare. Fu sopraffatto da una sensazione insostenibile: il senso di essere stato ingannato, privato della verità da colei che amava più di ogni altra cosa.
Non fu rabbia, ma smarrimento. Un’esplosione silenziosa che lo spinse lontano, incapace di restare accanto a Bai. Fuggì. Non sapeva dove, né se sarebbe tornato. Lasciò dietro di sé l’amore, i sogni, e la donna che, ancora una volta, gli aveva donato la vita.
Bai Suzhen rimase sola. Devastata. Non dalla fuga di Xu, ma dal vuoto che le aveva lasciato nel cuore. Non era stato il suo potere a salvarlo, ma il suo amore: quello stesso amore che ora era stato respinto. La perdita della fiducia di Xu Xian fu la ferita più scura, più profonda della morte stessa.
Si domandò se l’amore possa davvero trascendere le forme. Se un serpente che ama possa diventare veramente donna. Se, nel tentativo di vivere come gli umani, non avesse ignorato il destino che le era stato cucito addosso dall’Universo. Se, forse, era stata egoista. Se aveva desiderato troppo: non solo la vita tra gli uomini, ma anche la bellezza del sentirsi amata, della maternità, della quotidianità terrena.
Fahai ora sapeva e Lei sarebbe stata condannata dalla società e dalla legge, cacciata via per sempre, senza poteri e senza amore.
Fu allora che comprese che la gravidanza non era più solo attesa, ma simbolo. Simbolo del futuro, della speranza, della riconciliazione possibile tra mondi che si evitano da sempre. Il figlio che portava in grembo non era solo carne e sangue, ma un ponte di luce tra ciò che è e ciò che potrebbe essere.
Divisa tra l’amore che sanguinava e il rispetto delle leggi cosmiche che le imponevano di restare lontana, comprese che non poteva più restare in silenzio. Non era tempo di nascondersi. Era tempo di affrontare Fa Hai e lottare per il suo diritto. Non per vendetta, ma per il diritto di amare. Doveva presentargli le ragioni del cuore in conflitto con le leggi tradizionali, aprire la strada a una nuova concezione che permetta di unire il mondo degli spiriti con quello degli umani. Anche il suo eventuale sacrificio avrebbe potuto essere il primo passo per il cambiamento. Se si fosse nascosta o fosse fuggita, l’amore sarebbe stato ancora sconfitto.
Il confronto e l’eventuale battaglia imminente non avrebbero avuto solo incantesimi e pioggia di fuoco: sarebbe stata una rivendicazione del cuore contro il dogma, del sentimento contro la legge. Bai Suzhen non avrebbe combattuto come spirito, ma come madre, come donna, come voce che reclama il diritto di amare senza paura.
Non si trattava più solo di una questione personale, era l’eco di ogni essere che abbia mai cercato di sfuggire al ruolo imposto, di farsi spazio tra ciò che uno è e ciò che il mondo gli impone di essere. Bai Suzhen diventava così leggenda, non perché soprannaturale, ma perché aveva scelto di essere autentica.
Per leggere la terza e ultima parte
Riccardo Agresti


