Ieri sera, 25 aprile, dopo le 20,00 nella Basilica di San Pietro, è stata chiusa la bara con le spoglie di Papa Francesco. La celebrazione, svolta in forma privata, è stata presieduta dal cardinale camerlengo Kevin Farrell. L’arcivescovo Diego Ravelli, ha letto il “rogito”, che è stato deposto nel feretro, in ricordo perenne della vita e delle opere compiute dal Pontefice, sul cui volto era stato adagiato un velo bianco simbolo di purezza. La notte è trascorsa tra le preghiere e la veglia, in attesa dei funerali che si stanno svolgendo questa mattina, con la bara posata in terra sul sagrato di San Pietro. È stato un cerimoniale complesso che ha posto a sinistra della piazza più di mille tra cardinali e presbiteri, mentre a destra ha collocato i più grandi leader del mondo: 50 Capi di Stato e di Governo, tra cui il presidente dell’Argentina, Javer Milei; i sovrani del Belgio, di Spagna, della Danimarca giunti ad onorare il “Papa degli ultimi”. Impossibile citare tutti; sono naturalmente presenti anche il nostro presidente Sergio Mattarella e la premier Giorgia Meloni. Non mancano alcuni familiari del Papa.
Siamo di fronte a un evento straordinario, con più di 200 mila persone giunte a Roma. Moltissimi i giovani arrivati da ogni parte del mondo, per partecipare al “Giubileo degli adolescenti” che Padre Bergoglio avrebbe dovuto celebrare domani. È stata predisposta una macchina della sicurezza gigantesca; ci sono seimila uomini e diversi corpi speciali tra cielo e terra, nonché la protezione civile, che ora stanno garantendo la sicurezza di 250 mila persone presenti ai funerali.
Umile tra gli umili tale fu Papa Jorge Mario Bergoglio, Pontefice dal 2013 al 2025, che fu il primo a scegliere il nome di Francesco, come il poverello di Assisi.
Un Papa umile che ha voluto una bara semplice, abiti umili per essere sepolto, non come sovrano ma da “pastore”; umili le scarpe che aveva scelto di calzare, le stesse scarpe ortopediche nere che utilizzava a Buenos Aires. Lo ricorderemo come il Papa della gente, il Papa di tutti, attento al nuovo che avanza e in grado di affrontare i problemi del nostro tempo con un linguaggio capace di rompere i muri di inimicizia tra i popoli, capace di raggiungere in modo immediato il cuore di tutti. È ancora troppo presto per trarre deduzioni, per comprendere se il Pontefice sia riuscito a compiere il miracolo della riappacificazione, ma le immagini tra il presidente americano Donald Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj, fanno ben sperare mentre sono fotografati all’interno della Basilica, seduti faccia a faccia, a colloquio, da soli e senza interpreti; come pure fa sperare la foto che ritrae fuori della Basilica, il presidente francese Emmanuel Macron, il primo Ministro del Regno Unito, sir Keir Starmer, insieme ai presidenti D. Trump e V. Zelens’kyj, sono in quattro, stanno colloquiando anch’essi da soli e senza interpreti; non da meno è il valore della stretta di mano scambiata tra D. Trump e Ursula von der Leyen, presidente del Parlamento europeo, anch’essa fa sperare in un riavvicinamento America-Europa. Non è mancato un incontro tra Donald Trump e la premier Giorgia Meloni. Anche gli incitamenti alla pace provenienti dalla piazza, tutto fa sperare in un riavvicinamento tra leader per realizzare quella pace tra i popoli tanto implorata dal Pontefice.
Al termine della cerimonia, il feretro adagiato su un’auto scoperta è stato trasportato, con un lungo corteo, verso la basilica di Santa Maria Maggiore dove avverrà, in modo riservato, la tumulazione. Fu Papa Francesco che scelse di essere tumulato in questa Basilica perché, come lui stesso disse, glielo aveva “suggerito” la Madonna di cui era un grande devoto. Lì ora lo stanno attendendo come lui desiderava le persone più umili, gli emarginati, i migranti, i carcerati, i senzatetto.
Papa Francesco è stato il 266° Papa, siamo certi che la sua memoria rimarrà nei nostri cuori, in quelli della Chiesa e dell’umanità.
Anna Maria Onelli
Redattore L’agone