Una attenta riflessione su un presente migliore e un futuro migliorabile
L’eccellenza di una scuola dipende dalla passione dei docenti. Se perdono la passione, la scuola muore. La passione di un docente si autoalimenta nell’insegnamento. Quindi se una scuola “funziona” il motivo è che lì è permesso ai docenti di insegnare liberamente e tranquillamente.
L’insegnamento vero non è trasmettere informazioni, più o meno complicate, ai discenti, ma mantenere viva in loro la fiamma della curiosità che alimenta la voglia di conoscenza. Per farlo occorre empatia, cioè la capacità di “mettersi nei panni” degli alunni per comprendere come farli incuriosire su un certo argomento e indicare la via per soddisfare quella nuova curiosità che rischia di essere spenta da chi afferma (per ignoranza o secondi fini) che quella conoscenza sia superflua.
Insegnare non è cosa facile e richiede enorme e continua attenzione, occorre osservare continuamente gli occhi di tutti i ragazzi per comprendere se si sia sulla strada giusta per entusiasmarli; se dovesse occorrere deviare da ciò che si era programmato e violare le norme se serve a mantenere viva la curiosità, cioè l’attenzione. Se questa “fiamma” sarà stata ben alimentata, non ci sarà bisogno di assegnare compiti o suggerire libri da leggere: saranno i ragazzi a volere esercitarsi per essere sempre più capaci di assumere nuove informazioni e saranno loro a divorare libri su libri per cercare la risposta ai propri perché.
In sintesi il vero docente è l’esatto contrario del burocrate. Il burocrate è forzatamente un “pignolo della norma”, scrupoloso nelle scartoffie e nei protocolli che ne garantiscono il rispetto. Ma la norma esiste perché un giorno qualcuno ha fatto qualcosa di dannoso e si è giustamente stabilita la legge che vieta quell’atto, limitando, in tal modo, la libertà di tutti. Ma se ci sono norme che limitano atti pericolosi per il singolo o la società, ce ne sono anche altre stabilite per controllare o dare indicazioni di lavoro basate sulla esperienza dell’organismo direttivo di turno.
Si è, allora, davanti a un bivio: volere il rispetto assoluto delle procedure dettate dall’esperienza di “non si sa chi” o mirare alla crescita dei ragazzi? Compito dei docenti è insegnare, ma vincolare significa limitare la libertà e conseguentemente frenare la fantasia, qualità assolutamente necessaria per l’azione degli educatori. Ne consegue che un vero insegnante ha una idiosincrasia innata per qualsiasi formalità burocratica che intralci o limiti il proprio lavoro.
Ecco, quindi, il metodo per distruggere la vera scuola, togliere tempo agli insegnanti, impegnandoli in riunioni senza senso, facendo stilare relazioni inutili che nessuno mai leggerà, burocratizzando l’insegnamento rendendolo un ossimoro. I veri docenti hanno necessità di aggiornarsi, leggere, viaggiare, confrontarsi per potere migliorarsi, il tempo e l’affaticamento per riunioni e relazioni o, peggio, le limitazioni al loro operato provocano disamore e spengono la passione e, in potenza, abortirà nuove eccellenze presenti in potenza fra i giovani allievi.
Riccardo Agresti, preside