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E’ stato un grande successo di partecipazione ed entusiasmo la Cena Solidale “Un aiuto per te – Donne e Segni di Rinascita”, svoltasi lo scorso 5 settembre 2025 presso il suggestivo Giardino Pozzo Bianco a Bracciano in occasione di “Notte Donna” dell’Associazione Commercianti Bracciano. Una serata che ha intrecciato accoglienza, bellezza e responsabilità sociale, offrendo al territorio non solo un momento di convivialità, ma una risposta concreta ad un bisogno urgente.
L’iniziativa è nata da un’idea di Erbacce Lab, che ha coordinato la squadra dei ristoratori e dei partner enogastronomici. La sinergia tra Comune di Bracciano, Sportello Centro Donna Pandora Onlus, Rete LIA – Rete delle Associazioni Femminili del Territorio, supportati dalle Politiche di Genere, è stata la forza trainante per una collaborazione vincente tra istituzioni, professionisti, realtà imprenditoriali locali e associazioni del territorio.
Un risultato che si traduce in supporto immediato. Grazie alla partecipazione e alla generosità dei presenti, è stato attivato il Fondo di Emergenza destinato alle Donne e Madri del territorio che vivono situazioni di difficoltà economica, fragilità familiare o violenza domestica.
Il Fondo è operativo, sono stati raccolti 3.160 euro in una sola serata.Tutte le donne che si trovano in condizione di bisogno possono accedervi rivolgendosi direttamente al Servizio di Assistenza Sociale del Comune di Bracciano, che valuterà le necessità e attiverà gli interventi nel modo più rapido e protetto possibile. Perché la libertà, quando si chiede aiuto, deve trovare una porta già aperta. Una serata che ha unito arte, buon cibo e responsabilità sociale.
La serata è stata accompagnata dalla Direzione Artistica di Enrico Cresci, in un equilibrio elegante tra musica dal vivo, ascolto e condivisione emotiva. Il cuore dell’evento è stato rappresentato dalla rete dei ristoratori, produttori e realtà agricole che hanno scelto non solo di partecipare, ma di esporsi, donare e supportare concretamente il progetto.
Si ringraziano, con profonda stima e gratitudine: Ristorante Percorsi al Vecchio Ponte, Cucina ai Monti – Ristorante, Ristorante degli Abruzzi, Cantine Capitani, Casa in Casa, Ristorante Brutal, Nesler – Cibo Vivo, Fattoria Biologica Le Bricchiette, Agricola Santa Teresa, L’Isola del Formaggio, Cantina Castello di Torre in Pietra, Ammano – Azienda Agricola, Cantina Morichelli, Gentili – Bottega Tradizionale, Cercatori di Semi – Associazione, Vecchiarelli Azienda Zootecnica, FISAR Manziana – Lago di Bracciano, DV Corp., Associazione SalvaguardiAMO Bracciano – Gruppo Volontari, Di Traglia Azienda Agricola dal 1931, Silvia Piccolo – Graphic Designer per l’identità visiva dell’evento.
“Un progetto fortemente voluto dall’amministrazione comunale, in un luogo magico nel cuore del Centro Storico, da poco riqualificato e riconsegnato alla comunità e che ha permesso di costruire importanti sinergie per il futuro” dichiara il Sindaco di Bracciano, Marco Crocicchi
“Questa iniziativa ci ricorda che il cambiamento nasce dalle comunità che scelgono di guardarsi negli occhi e riconoscersi. Un territorio è forte quando nessuno viene lasciato solo.” dichiara Giulia Sala, Presidente del Consiglio, delegata alla partecipazione e parità di genere e prosegue “Un ringraziamento sincero a tutte le persone che hanno permesso di raggiungere questo obiettivo, è stato un vero lavoro di squadra”
Nel mondo dell’insegnamento, come in tutte le professioni che richiedono profonda empatia, la serenità non è un lusso, ma una condizione essenziale. Stress, insoddisfazione e stanchezza sono nemici silenziosi: quando prendono il sopravvento, la qualità del lavoro ne risente e, con essa, la capacità di entrare in sintonia con gli studenti. Un insegnante sereno è un insegnante efficace. Solo chi è in equilibrio può davvero ascoltare, comprendere, immedesimarsi e quindi guidare gli studenti nel loro percorso di crescita, non solo culturale, ma anche umana.
Chi sceglie di insegnare lo fa per educare, per trasmettere conoscenza, non per perdersi nella burocrazia sterile che impone ore per riunioni inutili o per stilare relazioni che nessuno leggerà mai.
Non si può chiedere agli insegnanti di lottare ogni giorno per vedere riconosciuti i propri diritti, né di confrontarsi con dirigenti che applicano le norme senza comprenderle, convinti di gestire un’azienda senza minimamente sapere davvero come si faccia.
L’insegnamento ha bisogno di rispetto, non di ostacoli. Ha bisogno di visione, non di ostinazione.
Per fortuna, ogni tanto, la giustizia interviene a rimettere le cose al loro posto, smascherando derive pseudo-manageriali e riportando l’attenzione sulla vera natura del ruolo dirigenziale: una funzione educativa e gestionale al servizio della scuola, non del potere.
Emblematico è il recente caso della sentenza del giudice del lavoro di Taranto del 22 maggio 2025, che ha ancora una volta chiarito un punto controverso del contratto nazionale dei docenti, un passaggio peraltro scritto in modo tutt’altro che limpido. Si tratta del diritto a usufruire dei 3+6 giorni di permesso, che nessun dirigente scolastico può negare arbitrariamente.
Eppure, nella pratica, molti insegnanti si vedono costretti a “auto-organizzarsi”. Per ottenere quei giorni: devono trovare da soli colleghi disposti a sostituirli in classe, spesso gratuitamente, con la promessa di ricambiare il favore. Un sistema informale che somiglia più a una “banca delle ore” che a un riconoscimento contrattuale. Un paradosso, considerando che quei permessi sono previsti e garantiti dal contratto nazionale.
Il Tribunale di Taranto ha invece nuovamente sottolineato l’infondatezza, sia formale che sostanziale, del comportamento di quei dirigenti scolastici che “abusano di un potere che non possiedono” negando ai docenti il diritto di usufruire dei giorni di ferie come permessi personali.
Il Tribunale di Taranto ha ribadito ancora una volta l’assurdità formale e sostanziale di quei dirigenti che “abusano di un potere che non possiedono” confermando che i docenti possono usufruire, nel periodo di attività didattiche, di 9 giorni di permessi (3 direttamente dall’art. 15 e 6 indirettamente dall’art. 13) senza alcuna possibilità che vengano negati dal dirigente e senza necessità di trovare autonomamente chi li sostituisca.
La Giornata mondiale della gentilezza, che si celebra in tutto il mondo il 13 novembre, la considero una delle tante occasioni istituite per svolgere attente ricognizioni sui valori dell’attuale società e per capire i mutamenti che il tempo ha prodotto. La giornata fu istituita nel 1998 ma nel corso della storia la gentilezza non è stata sempre percepita come un comportamento praticato da tutti. Nell’antica Roma la parola gentilis indicava chi apparteneva alle famiglie nobili romane. Nel Medioevo s’iniziò a concepire la gentilezza come nobiltà d’animo, rifiutando l’idea della nobiltà di sangue, di conseguenza, essa cominciò a diffondersi anche tra i ceti più umili. Solo nell’età moderna la gentilezza si è affermata come attenzione e rispetto verso gli altri, una virtù legata all’empatia e spesso associata alla cortesia, cioè a quell’insieme di regole comportamentali che contribuiscono al processo di civilizzazione umana. Purtroppo capita spesso che la gentilezza sia percepita come una debolezza e sono convinto che questo sia uno dei motivi per cui la condizione giovanile non aiuti a praticarla. Nel corso del tempo ci sono stati (e ci saranno) momenti in cui l’uso di questa virtù ha conosciuto momenti di crisi, ma respingo l’idea di dare la responsabilità alle ultime generazioni per ogni momento storico. Per noi, che eravamo giovani negli anni Settanta, la volontà di non essere particolarmente gentili e cortesi, era un modo per rifiutare il mondo borghese, per combattere il falso perbenismo, per sottrarsi a tutto ciò che ci sembrava conformista, un modo per scandalizzare sentendoci scandalizzati da una società che non ci rappresentava e che volevamo cambiare. Oggi apparteniamo a un mondo che ha estremo bisogno di più gentilezza, perché è una potente arma che può sconfiggere la dilagante arroganza, la giusta risposta in un mondo in cui alzare la voce vuol dire avere ragione, in un mondo social dove l’insulto diventa il passaporto per sentirsi importante e allora questa Giornata mondiale della gentilezza è un’occasione per riflettere su un valore tanto semplice quanto rivoluzionario. È una giornata che ci invita a considerare la gentilezza non soltanto come gesto specifico, ma come indicatore dello stato di salute della nostra società, perché non è una moda passeggera e nemmeno la prerogativa di una sola generazione, ma una scelta consapevole dove occorre avere una buona dose di coraggio per esercitarla, perché capace di trasformare le relazioni, generare cambiamenti, annullare le diversità. E quando qualcuno, come capita spesso quando una giornata è dedicata a un tema universale, pronuncerà la fatidica frase: “Non bisogna esserlo solo quel giorno ma tutto l’anno “, trascurando l’applauso che scatta sempre da parte di qualcuno, rispondiamo con un gesto concreto. Applichiamo, in tempo reale, la virtù che stiamo celebrando.
Quest’anno il Natale di Canale Monterano sarà ancora più speciale: torna l’affascinante spettacolo del Presepe Vivente ambientato nell’antico borgo. In costume medievale, i canalesi torneranno ad animare l’Antica città nelle giornate del 26, 28 dicembre e 4 gennaio, dalle 15.00 alle 19.00, in uno spirito di accoglienza, serenità e sorpresa. Un ambiente medievale fedelmente riprodotto, oltre a stand esperienziali e degustazioni di prodotti locali, accoglieranno cittadini e turisti in un’atmosfera resa ancora più magica dalla nuova illuminazione artistica del borgo. A disposizione, inoltre, aree di sosta attrezzate e servizi navetta su cui è possibile ottenere maggiori informazioni attraverso i canali online del Comune e del Comitato Presepe Vivente Canale Monterano.
Vivere l’antico borgo sarà così una nuova scoperta, anche grazie alla capacità amministrativa di migliorare l’accesso alla Antica Città attraverso il rifacimento della viabilità e al coinvolgimento dei volontari riuniti in un Comitato cittadino, ma non solo.
Il progetto di valorizzazione di Antica Monterano e di tutto il territorio comunale parte, infatti, nel 2018 e trova oggi la sua completa realizzazione. È proprio con la volontà di dare evidenza alla ricchezza ed eterogeneità del territorio di Monterano che è nato “Alla scoperta di Monterano nascosta”, raccontato oggi attraverso il nuovo portale anticamonterano.it. Un sito di promozione turistica che vuole essere una porta d’accesso virtuale a un territorio ricco di attrattori e vivace nell’accoglienza, tra cultura, percorsi naturalistico-escursionistici, esperienze, servizi ricettivi, le bontà gastronomiche locali. E ulteriori progetti, finanziati grazie all’Avviso Pubblico DTC – Ricerca e Sviluppo di Tecnologie per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale promosso dalla Regione Lazio, e realizzato dal Comune di Canale Monterano.
Nella mole di interventi finanziati dai fondi regionali, particolare interesse è stato rivolto all’illuminazione artistica del sito dell’Antica Monterano, al monitoraggio del sito con fini di sicurezza attraverso l’impiego di tecniche satellitari, allo sviluppo di access point digitali (tra cui il summenzionato portale turistico-informativo) e a un piano di sviluppo della riconoscibilità di Antica Monterano che passa dalle ricerche storiche ai progetti di marketing territoriali.
Il sindaco di Canale, Alessandro Bettarelli, ci condivide tutto il suo orgoglio di amministratore e di canalese: “Il Presepe Vivente in costume medioevale all’Antica Monterano è qualcosa di straordinario ed unico e l’Amministrazione comunale aveva il dovere di fare tutto il possibile per collaborare con questo nuovo Comitato, guidato dal sig. Pino Argento, che si è messo a disposizione per riproporlo a cittadini e turisti dopo alcuni anni di stop. Un grazie va anche alla Regione Lazio, che ha concesso un contributo di 5mila euro, al quale sono stati aggiunti fondi comunali.
Le premesse sono ottime, visto che quest’anno potremo utilizzare strade (Via Casalini e Via Palombara) rifatte ex novo, l’illuminazione artistica dell’antico abitato inaugurata questa estate e, soprattutto, il grande lavoro fatto in questi mesi dal Comitato organizzatore, in sinergia con la Riserva Naturale, l’Università Agraria e tutte le Contrade, le associazioni e i volontari che si sono messi e si metteranno a disposizione per riportare il Presepe Vivente all’Antica Monterano.
Dovremmo essere davvero tutti molto orgogliosi di questi concittadini che hanno preso il testimone lasciato dalla Contrada Carraiola, ideatrice della manifestazione, per il loro senso di unione, condivisione, collaborazione e sacrificio. Quindi ringraziamoli e aspettiamo la prima data per immergerci nuovamente nell’atmosfera magica di questo evento. Solo chi l’ha provata può descriverla e ripeterla e solo chi non l’ha fatto potrà avere l’occasione di farlo per la prima volta.”
È un progetto nato e pensato per la Comunità, ma che racconta il bello dell’antico, anche a tutti coloro che provengono dal Lazio, Umbria, Toscana, Marche e, più in generale, a coloro che mentre viaggiano amano scoprire la natura con esperienze attive, le ricchezze dell’enogastronomia e la cultura popolare. Senza dimenticare che Canale Monterano è anche “Terra di Cinema”.
Antica Monterano, infatti, disabitata da oltre due secoli, non smette mai di essere viva. Qui il tempo non si è fermato, ma, anzi, attori e registi, con quasi 100 capolavori e grandi classici, come Ben Hur, Brancaleone alle Crociate, o il Marchese dei Grillo, hanno reso Monterano una città mai sopita.
Il tufo dell’antico borgo, con la Chiesa di San Bonaventura, l’acquedotto, il Palazzo Baronale, la fontana ottagonale e quella del leone scolpite da Gian Lorenzo Bernini, spiccano ancora oggi nel verde dei monti della Tolfa e dei monti Sabatini, a pochi passi dal Lago di Bracciano. Siamo immersi nella Riserva Naturale Monterano che, con un territorio di oltre 1000 ettari, è una delle zone protette più curiose e variegate del Lazio. Boschi di querce e forre tufacee fanno da cornice a sorgenti solfuree che rendono unica questa zona, con emissioni di vapore, acque sulfuree e terreno caldo. E camminando, a piedi, a cavallo o in bici, tra i sentieri della Riserva è possibile apprezzare queste unicità geologiche, le zone umide e una flora e una fauna molto vive.
E dopo un giro nell’antico borgo o tra i sentieri della Riserva, una sosta presso le trattorie o gli agriturismi di Canale Monterano è d’obbligo. Siamo nella Città del Pane, con una produzione che può vantare oltre 500 anni di esperienza. Il pane sciapo fa degustare ancora meglio la carne, i salumi e i formaggi locali.
A Natale, e in tutte le altre stagioni dell’anno, Antica Monterano e la sua Comunità sono pronte per accogliere piacevoli giornate a contatto con l’autenticità di questo territorio.
“Da sabato 6 a sabato 27 dicembre, il Parco Scuola del Traffico arriva in Municipio XV.
Quattro giornate di formazione gratuita teorica e pratica sull’educazione stradale dedicata alle bambine e ai bambini del territorio dai 3 ai 12 anni.
Un’iniziativa fortemente voluta e interamente finanziata dal Municipio XV per coinvolgere i più piccoli su un tema delicato come quello della sicurezza stradale, attraverso l’esperienza degli istruttori del Parco Scuola del Traffico, il centro romano di formazione ludico didattica per la sensibilizzazione e l’insegnamento della sicurezza stradale rivolto alle giovani generazioni.
Nel corso delle quattro giornate che si svolgeranno nei quartieri di La Storta, Ponte Milvio, Labaro e Cesano, i partecipanti potranno sperimentare gratuitamente la guida di minivetture elettriche, partecipare ad attività laboratoriali sulla guida e sicurezza stradale e svolgere giochi di gruppo con percorsi a piedi e riconoscimento della segnaletica stradale.
Con il Presidente Daniele Torquati e le Assessore Agnese Rollo e Tatiana Marchisio, per la prima volta sperimentiamo un nuovo progetto sul territorio per i più piccoli dedicato alla sicurezza stradale; un’opportunità per insegnare il rispetto delle regole e il rispetto della propria vita e di quella altrui, dando la possibilità ai bambini e alle loro famiglie di condividere questa esperienza sul proprio territorio.”
Gli appuntamenti:
– Sabato 6 dicembre, La Storta, 10.00 -13.00, 14.00 -18.00, Area Parcheggio Via E. Bassano angolo via Terron
– Sabato 13 dicembre, Ponte Milvio, 10.00 -13.00, 14.00 -18.00, Area Parcheggio Largo Maresciallo Diaz
– Sabato 20 dicembre, Labaro, 10.00 -13.00, 14.00 -18.00, Area Parcheggio Via Brembio
– Sabato 27 dicembre, Cesano, 10.00 -13.00, 14.00 -18.00, Area Parcheggio Via Marino Dalmonte angolo via della Stazione di Cesano
Così in una nota il Vice Presidente del Municipio XV e Assessore al Bilancio e alle Politiche Giovanili, Alessandro Cozza.
I primi Giochi Olimpici risultano esserci stati nel 776 a.C., ad Olimpia, cuore sacro della Grecia e dimora degli dèi. All’inizio erano una semplice celebrazione locale, limitata a una sola gara di corsa, lo “stadion” (una lunghezza da 600 piedi, misura tradizionalmente fissata dalla mano possente di Eracle e pari probabilmente a 192,27m), ma presto il rito si ampliò: alla velocità si unirono la forza e il coraggio e alle gare si aggiunsero il pugilato, la lotta, il pentathlon e persino le fragorose corse con i carri, trasformando la manifestazione in un palcoscenico di virtù eroiche e gloria immortale. I vincitori non ricevevano in premio né oro né ricchezze, ma una corona d’alloro che simboleggiava onore e gloria, ma il prestigio che derivava dalla vittoria era immenso: il nome dell’atleta si scolpiva nella memoria dei popoli, e la sua fama si diffondeva come eco divina.
Col tempo, però, il destino mutò. Con il crescere del dominio romano, la fiamma olimpica si affievolì: corruzione e disordini minarono la purezza delle competizioni e il mito sembrò destinato a spegnersi. Infine l’imperatore Teodosio I, nel 393, decretò l’abolizione di tutte le pratiche pagane e con esse terminarono i Giochi: il silenzio calò su Olimpia, e la sua arena rimase muta.
Ma il sogno non morì. Fu solo secoli più tardi che il pedagogista francese Pierre de Coubertin osò ridare vita all’antico sogno ideale, nella convinzione che lo sport potesse promuovere la pace e l’amicizia fra le nazioni. A lui si devono il motto latino “Citius, altius, fortius” (“più veloce, più alto, più forte”) e la bandiera con i cinque cerchi emblema dei cinque continenti, intrecciati nei colori delle bandiere del mondo.
Nel 1894, al termine di un congresso internazionale alla Sorbona di Parigi, si decretò che i Giochi sarebbero rinati ad Atene, nel 1896. Quella prima edizione dell’era moderna fu un trionfo, la più grande celebrazione sportiva mai organizzata fino ad allora.
Eppure, le successive prove di Parigi 1900 e Saint Louis 1904 caddero nell’ombra, incapaci di reggere il peso del mito. Solo a Londra 1908 le Olimpiadi ritrovarono la loro dignità e il loro splendore, segnando l’inizio autentico di una nuova epopea destinata a unire i popoli sotto il segno della competizione e della fratellanza, come un fuoco eterno che ancora oggi arde nei cuori di chi non vede frontiere, ma solo eccellenza.
La Fiamma Olimpica
Nata dai raggi del sole che accarezzano l’antica Olimpia, la fiamma ardeva per gli dèi, custode di purezza e armonia. Essa richiama il mito di Prometeo, che osò rubare il fuoco a Zeus per donarlo agli uomini: simbolo di vita, razionalità e libertà, luce che sfida l’oscurità.
Nell’Antica Grecia, durante i Giochi celebrati a Olimpia, un fuoco sacro ardeva senza interruzione sull’altare del Prytaneion, acceso in onore di Estia, dea del focolare, e venerato insieme a Zeus, Hera e Apollo, divinità della luce e della vita. Era rito e simbolo, armonia tra uomini e natura, e la sua accensione sanciva l’inizio delle gare.
Per secoli la fiamma rimase silente, finché gli uomini moderni non la ridestarono, riportandola al mondo come segno di continuità. Non accompagnò i primi Giochi moderni del 1896 ad Atene, ma tornò nel 1928 ad Amsterdam, come ponte con l’antichità.
Nel 1936 a Berlino nacque la tradizione della staffetta: il fuoco acceso a Olimpia iniziò a viaggiare, attraversando paesi e comunità, trasformandosi in un rito globale. L’idea fu di Carl Diem, segretario del comitato organizzatore, e il percorso toccò capitali europee fino a Berlino. In quell’occasione la propaganda nazista orchestrò con estrema cura ogni dettaglio scenografico, arrivando persino a cancellare dal film ufficiale il nome e le immagini del primo tedoforo della storia, l’atleta greco Konstantinos Kondylis. Nella celebre pellicola di Leni Riefenstahl, il suo ruolo fu attribuito al funzionario Jurgen Ascherfeld, ritratto come incarnazione dell’ideale ariano.
La fiamma per i Giochi Olimpici Invernali fu accesa per la prima volta a Oslo 1952, seguita da Cortina d’Ampezzo 1956 e da Squaw Valley 1960. Dal 1964 a Innsbruck, la tradizione volle che anche le fiamme invernali fossero accese nell’area archeologica di Olimpia, rito che prosegue ancora oggi.
Oggi la fiamma corre tra montagne e oceani, attraversa città e deserti, e ogni torcia che la custodisce diventa voce di pace, eco di un’antica promessa, messaggio non conosca confini: che i Giochi siano incontro, non guerra; che la luce unisca, non divida.
Il fuoco di Olimpia
La cerimonia che oggi accende la Fiamma Olimpica si veste di un’aura antica, ma in realtà è un rito moderno, nato meno di un secolo fa. Si svolge nel sito archeologico di Olimpia, davanti al tempio di Hera, là dove ebbero origine i Giochi sacri della Grecia.
Un’attrice greca, nelle vesti della Grande Sacerdotessa di Hera, guida il rito con gesti solenni e armoniosi. Invoca Apollo, dio della luce, e con la sua preghiera richiama la purezza del sole. La fiamma viene accesa grazie a uno specchio parabolico, che concentra i raggi solari in un unico punto (il fuoco della parabola) accentrando abbastanza energia per far incendiare la torcia. È un gesto che richiama la luce divina, simbolo di purezza e continuità.
Se il cielo è velato e non permette l’accensione diretta, come accaduto per la fiamma destinata a Milano-Cortina 2026, si ricorre a una fiamma di riserva, preparata e custodita in precedenza, per garantire la sacralità del rito.
La sacerdotessa consegna la torcia accesa al primo tedoforo, insieme a un ramo d’ulivo, emblema di pace e di speranza che richiama la Ἐκεχειρία (la pace olimpica). Da quel momento inizia il viaggio della fiamma: una staffetta che avanza alla velocità media di 4 km/h, percorrendo migliaia di chilometri, attraversando città e paesi, portando con sé valori di pace, amicizia e unità tra i popoli.
Migliaia di tedofori si alternano ogni centinaio di metri, custodendo il fuoco in lampade di sicurezza che ne preservano l’integrità. La staffetta culmina nello stadio olimpico, dove l’ultimo portatore accende il grande braciere: un gesto solenne che segna l’inizio ufficiale dei Giochi e trasforma la fiamma in un faro di fratellanza universale.
Il viaggio della torcia
La torcia è affidata a migliaia di tedofori (dal greco δᾳδοφόρος, “colui che porta la torcia”), che si danno il cambio ogni centinaio di metri.
La fiamma non si spegne mai fino alla chiusura dei Giochi: durante la staffetta è custodita in lampade di sicurezza, pronte a riaccenderla se il fuoco si spegne accidentalmente. Mai con un accendino o altro fuoco.
Nella storia delle Olimpiadi la torcia e la sua inseparabile fiamma hanno compiuto imprese incredibili. Ha solcato abissi e ghiacci, ha brillato sotto le onde, ha sfidato il gelo del Polo Nord e persino varcato i confini dello spazio. Immagini spettacolari che hanno trasformato la staffetta in un rito planetario, un pellegrinaggio di luce che parte da Olimpia e giunge fino alla città che accoglie i Giochi. Ha viaggiato su ogni mezzo: aerei, navi, treni, cavalli, cammelli, canoe amerindie, gondole veneziane, Ferrari rombanti e persino il supersonico Concorde. Ogni trasporto è diventato simbolo, ogni passo un frammento di mito.
Per i Giochi di Montréal 1976, la fiamma fu trasformata in un impulso elettronico: da Atene viaggiò via satellite fino al Canada, dove un raggio laser la riaccese, fondendo mito e tecnologia. Era il mito che incontrava la tecnologia.
Per arrivare ai Giochi di Atlanta 1996, la fiamma partì da Olimpia e attraversò l’oceano per giungere negli Stati Uniti e fu trasportata in battello, solcando il grande fiume Mississippi, arteria vitale della nazione, simbolo di incontro tra culture e popoli, viaggiò su un vagone della storica ferrovia transcontinentale Union Pacific Railroad, unendo simbolicamente le coste e i territori americani, ma nel tratto europeo, preludio poetico prima di giungere negli USA, fu portata su una gondola a Venezia, a cavallo a Stoccolma e su una canoa amerindia, evocando radici e tradizioni.
Per giungere a Sydeny 2000, presso la Grande Barriera Corallina, la torcia compì un viaggio sottomarino di 2 minuti e 40 secondi: un sistema speciale, bruciando a 2000°, le permise di restare accesa e visibile persino sott’acqua.
Prima di Torino 2006, la fiamma viaggiò per un tratto a bordo di una Ferrari, e a Stoccolma fu portata a cavallo; solcò il Mississippi su un battello e percorse la storica ferrovia Union Pacific, la prima transcontinentale.
Per raggiungere Pechino 2008, la fiamma raggiunse la vetta dell’Everest, il tetto del mondo. Portata dagli alpinisti, brillò tra le nevi eterne, come se volesse toccare il cielo.
Nel 2013, la fiamma fu chiamata a un destino più alto: varcare il cielo. Gli astronauti russi la portarono sulla Stazione Spaziale Internazionale. Per ragioni di sicurezza la torcia non ardeva, ma il suo simbolo brillava più forte che mai. In una passeggiata spaziale, la torcia fu mostrata al cosmo: la Terra azzurra alle spalle, l’infinito davanti. Sembrava che gli dèi antichi avessero restituito al fuoco olimpico la sua vera dimora: il sole, le stelle, l’universo. Quel gesto non fu soltanto spettacolo, ma un inno all’umanità intera: i Giochi non appartengono a una nazione, ma a tutti i popoli, e il loro simbolo può viaggiare persino oltre la nostra casa comune. Poi la torcia tornò sulla Terra, per accendere il braciere di Sochi 2014, portando con sé il ricordo di aver danzato tra le stelle. In quel tragitto la fiamma attraversò anche il Polo Nord e discese nelle profondità del Lago Baikal, il più profondo al mondo. Il fuoco che sfidava i ghiacci e le acque, custode di un mito senza confini.
Il design della torcia cambia ad ogni edizione, incarnando l’identità della città ospitante: linee, colori e materiali raccontano culture e storie diverse. Ma l’obiettivo rimane immutabile: mantenere la fiamma accesa, perché il fuoco simboleggia lo spirito collettivo e collaborativo dello sport.
La torcia olimpica non è soltanto un oggetto: è un racconto in movimento, un filo di luce che intreccia valori di pace e unità. Ogni edizione aggiunge un capitolo: un nuovo percorso, nuovi volti, nuove immagini che entrano nella memoria collettiva, come scintille di un mito che continua a vivere.
Gli imprevisti della fiamma
Ma lungo il suo viaggio, la torcia olimpica non ha conosciuto solo gloria: talvolta il destino ha intrecciato al mito episodi curiosi, ironici o persino paradossali, come se il fuoco sacro volesse ricordare agli uomini la sua fragilità e la sua forza.
Melbourne 1956: uno studente burlone comparve con una torcia falsa, costruita con mutande bruciate. La folla applaudì, ignara della beffa, come se persino l’ironia potesse essere accolta dal mito. Sempre in questa edizione il carburante scelto per la torcia finale rese la fiamma spettacolare, ma tanto intensa da ferire il portatore.
Città del Messico 1968: le torce a combustibile solido bruciarono alcuni tedofori, segno che la ricerca della luce perfetta poteva trasformarsi in rischio.
Monaco 1972: da questa edizione la maggior parte delle torce adottò un gas liquefatto, più controllabile e sicuro.
Montréal 1976: la pioggia spense la fiamma, ma non fu un accendino a ridarle vita. La lampada sacra la riaccese, restituendole il respiro. In quello stesso anno, un funzionario tentò di riaccenderla con un accendino: gli organizzatori la spensero e la riaccesero con la fiamma originale di riserva, riaffermando la purezza del rito.
Atene 2004: più volte la fiamma si spense durante la staffetta. Ogni riaccensione divenne rito di resilienza, prova che il fuoco può cadere e rialzarsi, come gli uomini che lo custodiscono.
Torino 2006: il passaggio della fiaccola è di solito festa e applausi, ma non mancarono tensioni. A Trento, la campionessa italiana dei 1500 metri Eleonora Berlanda si vide strappare la torcia da quattro anarchici armati di striscioni e megafoni. La fuga degli “scippatori”, anche grazie alla pronta reazione dell’atleta, durò però pochi metri: il fuoco tornò subito al suo cammino.
Sochi 2014: un portatore vide i propri vestiti incendiarsi. Nessun danno grave, ma l’immagine rimase come paradosso vivente: il fuoco che protegge e insieme divora.
Questi episodi non hanno mai incrinato il mito. Al contrario, hanno reso la torcia più umana, più vicina a noi: capace di ridere, inciampare, persino bruciare… eppure mai di perdere il suo splendore. Ogni imprevisto diventa parte della leggenda, dimostrando che la fiamma olimpica non è solo simbolo di perfezione, ma anche di resilienza, ironia e vita.
Il rito dell’ultimo metro
Fino all’ultimo metro la fiamma avanza, portata come un destino che non può essere fermato. L’attimo supremo appartiene all’ultimo tedoforo: non un semplice atleta, ma un prescelto, figura simbolica chiamata a incarnare i valori eterni: pace, coraggio, memoria, riconciliazione.
In quell’istante, la corsa si trasfigura in mito. Il gesto finale non è più solo movimento, ma epifania: la fiamma che tocca il braciere diventa immagine scolpita nel tempo, luce che non si spegne, promessa che non si infrange.
Così, a ogni Olimpiade, il rito si rinnova. La fiamma si fa voce universale, annuncio di continuità e speranza, ponte tra gli dèi antichi e l’umanità di oggi. È il fuoco che unisce i popoli, che attraversa le epoche, che proclama al mondo intero:
I Giochi sono incontro, non guerra. Sono luce che arde per tutti.
Ultimi tedofori delle Olimpiadi estive
Anno
Città
Ultimo tedoforo
Significato simbolico
1960
Roma
Giancarlo Peris
Giovane studente, volto della nuova Italia
1964
Tokyo
Yoshinori Sakai
Nato a Hiroshima il giorno della bomba atomica, simbolo di pace
1968
Città del Messico
Enriqueta Basilio
Prima donna a portare la fiamma
1972
Monaco
Günther Zahn
Giovane atleta tedesco
1976
Montréal
Stéphane Préfontaine e Sandra Henderson
Due studenti canadesi, simbolo di gioventù
1980
Mosca
Sergey Belov
Cestista sovietico
1984
Los Angeles
Rafer Johnson
Decatleta e oro olimpico
1988
Seoul
Sohn Kee-chung
Maratoneta coreano vincitore a Berlino 1936
1992
Barcellona
Antonio Rebollo
Arciere paralimpico che accese il braciere con una freccia
1996
Atlanta
Muhammad Ali
Pugile leggendario, simbolo di coraggio e dignità
2000
Sydney
Cathy Freeman
Atleta aborigena, simbolo di riconciliazione
2004
Atene
Nikolaos Kaklamanakis
Velista greco, oro olimpico
2008
Pechino
Li Ning
Ginnasta, spettacolare accensione sospeso in aria
2012
Londra
Sette giovani atleti
Il futuro dello sport
2016
Rio de Janeiro
Vanderlei de Lima
Maratoneta brasiliano, simbolo di resilienza
2020
Tokyo (2021)
Naomi Osaka
Tennista, volto della nuova generazione
2024
Parigi
Marie-José Pérec e Teddy Riner
Leggende francesi dell’atletica e del judo
Ultimi tedofori delle Olimpiadi invernali
Anno
Città
Ultimo tedoforo
Significato simbolico
1952
Oslo (Norvegia)
Egil Nansen
Nipote dell’esploratore Fridtjof Nansen, simbolo di eredità nazionale
1956
Cortina d’Ampezzo (Italia)
Guido Caroli
Pattinatore di velocità, celebre per la caduta durante l’accensione
1960
Squaw Valley (USA)
Kenneth Charles Henry
Pattinatore olimpico, oro nel 1948
1964
Innsbruck (Austria)
Joseph Rieder
Sciatore alpino
1968
Grenoble (Francia)
Alain Calmat
Pattinatore artistico, oro mondiale
1972
Sapporo (Giappone)
Hideki Takada
Studente, simbolo della gioventù
1976
Innsbruck (Austria)
Christl Haas
Sciatrice alpina, oro olimpico
1980
Lake Placid (USA)
Charles Kerr
Studente, simbolo della nuova generazione
1984
Sarajevo (Jugoslavia)
Sandra Dubravčić
Pattinatrice artistica
1988
Calgary (Canada)
Robyn Perry
Studentessa di 12 anni, simbolo di futuro
1992
Albertville (Francia)
Michel Platini
Calciatore leggendario, ponte tra sport diversi
1994
Lillehammer (Norvegia)
Crown Prince Haakon
Simbolo di continuità e tradizione nazionale
1998
Nagano (Giappone)
Midori Ito
Pattinatrice artistica, prima donna asiatica oro mondiale
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani, in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità del 3 dicembre, esprime forte preoccupazione di fronte ai dati diffusi dall’ultimo rapporto dell’Osservatorio civico sulla sicurezza a scuola. Proprio mentre l’attenzione mondiale si concentra sui diritti e sulla piena partecipazione delle persone con disabilità, emerge con chiarezza che le nostre scuole faticano ancora a garantire condizioni adeguate agli studenti che più avrebbero bisogno di ambienti sicuri e accessibili.
Nel giro di un solo anno, gli alunni con disabilità sono aumentati in modo significativo, passando da 321.185 nell’anno scolastico 2023/2024 a 331.124 nel 2024/2025. Un incremento di quasi diecimila studenti che non trova purtroppo corrispondenza in un miglioramento strutturale degli edifici scolastici, spesso non adeguati a rispondere alle loro necessità.
La fotografia è eloquente: solo il 41% delle scuole italiane può essere considerato realmente accessibile. La maggioranza degli istituti presenta ancora barriere architettoniche, ascensori non idonei, servizi igienici non conformi, assenza di percorsi tattili o segnaletica visiva. Si tratta di ostacoli che trasformano la quotidianità scolastica in un percorso a ostacoli e negano l’effettivo esercizio del diritto allo studio.
Accogliamo con attenzione lo stanziamento del Ministero dell’Istruzione e del Merito, che ha destinato 18,6 milioni di euro all’eliminazione delle barriere architettoniche nelle scuole statali e paritarie. È un passo importante, inserito nel più ampio impegno del PNRR per modernizzare e rendere più inclusivi gli ambienti educativi. Tuttavia, non possiamo ignorare che queste risorse, pur significative, non sono sufficienti a colmare un divario che si trascina da anni e che oggi, alla luce dell’aumento costante degli studenti con disabilità, si presenta più urgente che mai.
Per questo il Coordinamento propone di trasformare gli interventi previsti in un piano nazionale di edilizia scolastica realmente inclusiva. L’obiettivo è superare la logica delle opere frammentarie per avviare invece una progettazione fondata sul design universale, che renda gli spazi scolastici fruibili da chiunque senza necessità di adattamenti successivi. Le risorse del PNRR possono diventare un’occasione per creare ambienti flessibili, attrezzati con tecnologie assistive e dotati di percorsi sicuri e accessibili, capaci di sostenere una didattica realmente partecipativa.
Accanto agli interventi strutturali, riteniamo necessario istituire un monitoraggio nazionale costante, che renda trasparente lo stato di accessibilità delle scuole e consenta di intervenire in modo tempestivo dove persistono criticità. L’inclusione non può essere lasciata alla buona volontà dei singoli istituti: deve diventare una responsabilità condivisa e sostenuta da una governance chiara e da risorse certe.
Il Coordinamento invita quindi le istituzioni ad avviare un piano pluriennale dedicato all’accessibilità scolastica, con obiettivi concreti e tempi definiti. In un Paese che conta ogni anno un numero crescente di studenti con disabilità, non intervenire significherebbe accettare consapevolmente che migliaia di giovani vivano la scuola come luogo che esclude invece di accogliere.
In occasione del 3 dicembre, rinnoviamo il nostro impegno perché la scuola italiana diventi davvero un ambiente dove ogni studente, senza eccezioni, possa sentirsi riconosciuto, sostenuto e libero di partecipare pienamente alla vita educativa. Una scuola accessibile è una scuola che rispetta i diritti umani e costruisce il futuro.
Apertura straordinaria dell’Ufficio Anagrafe del Comune di Civitavecchia sabato 06 DICEMBRE 2025. Il terzo open day di quest’anno dedicato alla Carta di Identità Elettronica, dato atto che, a partire dal 3 agosto 2026, per le carte di identità cartacee cesserà la validità sia in Italia che all’estero, qualunque sia la loro scadenza, in attuazione del Regolamento UE che stabilisce requisiti di sicurezza uniformi per tutti i documenti di identità rilasciati dagli Stati membri dell’Unione Europea.
Dalle ore 8:30 alle ore 13:00, i cittadini residenti, liberamente senza alcuna prenotazione, potranno infatti recarsi presso l’ufficio Anagrafe comunale sito in P.le Santarelli snc (loc. Campo dell’Oro) per il rilascio o il rinnovo della Carta di Identità Elettronica (CIE). Nel caso di cittadini minorenni, è obbligatoria la presenza di entrambi i genitori.
Per informazioni chiamare i numeri telefonici: 0766.590505 – 0766.590509.
L’iniziativa, già testata nel corso dell’anno con soddisfacente risultato, vuole, con una giornata straordinaria di apertura al pubblico, resa possibile grazie alla disponibilità del personale dei Servizi Demografici,venire incontro alle richieste e necessità dei cittadini che hanno urgente bisogno di rinnovare il proprio documento di identità, ma che, anche per motivi di lavoro, trovano difficoltà nel farlo durante la settimana.
E’ questo il motivo dell’organizzazione dell’open day proprio per agevolare loro l’accesso al servizio e snellire il procedimento di rilascio, considerato il termine imminente di validità del documento cartaceo.
Le modalità di fruizione del servizio sono quelle di sempre: i cittadini dovranno recarsi presso l’Ufficio Anagrafe muniti di Tessera Sanitaria, di una fototessera recente, della carta di identità cartacea o della cie già scaduta o in scadenza. Il costo è pari ad €22,21 o € 27,37(se duplicato) da pagare in contanti allo sportello.
In servizio ci saranno diverse unità di personale a disposizione dei cittadini così da snellire l’agenda delle prenotazioni, accorciando le liste d’attesa formatesi. Si ringraziano, con l’occasione, i dipendenti tutti dei Servizi Demografici sempre disponibili per questa utile e necessaria iniziativa.
Si consiglia vivamente ai cittadini di aderire a questo evento “Open Day” ad evitare eventuali ritardi o congestioni a ridosso della scadenza del documento cartaceo del 3 agosto 2026.
“Giovan Battista Calapai e Theodora van Mierlo Benedetti”
Con il Patrocinio di Città Metropolitana di Roma Capitale
Venerdì 5 dicembre, alle ore 17:30, Palazzo Valentini (Sala Di Liegro – Via IV Novembre 119/A, Roma) ospiterà la cerimonia di consegna della terza edizione del Premio Internazionale “Giovan Battista Calapai e Theodora van Mierlo Benedetti”.
A-HEAD Project di Angelo Azzurro Onlus presenta ufficialmente i nomi dei tre artistə selezionati quest’anno per un riconoscimento che, sin dalla sua istituzione, sostiene la ricerca artistica contemporanea come veicolo di consapevolezza e riflessione sulla salute mentale. L’iniziativa, ideata e curata da Piero Gagliardi nell’ambito del progetto A-HEAD, conferma la volontà di promuovere uno spazio di incontro tra arte, società e salute mentale.
I PREMIATI
Alessio Barchitta – Vincitore del Premio Giovan Battista Calapai
(1.200 euro + pubblicazione A-HEAD Edizioni)
La sua pratica attraversa pittura, scultura e installazione, analizzando con finezza la memoria dei materiali e la tensione tra fragilità e permanenza. Il Premio Giovan Battista Calapai sarà consegnato da Barbara Salvucci.
Giulia Zabarella – Vincitrice della Menzione Theodora van Mierlo Benedetti
(800 euro + pubblicazione A-HEAD Edizioni)
Artista e performer con una ricerca internazionale, indaga linguaggio, corpo, spazio e processi di traduzione tra visibile e invisibile. La Menzione Theodora van Mierlo Benedetti sarà consegnata da Carla Benedetti Bock e Lorenzo Assirio Benedetti.
Zeroscena (Elisa La Boria e Luka Bagnoli) – Vincitori del Premio Piero Gagliardi
(500 euro + acquisizione di un’opera inedita per la Collezione del MUSMA di Matera)
Il collettivo esplora luoghi di confinamento, ambienti domestici e spazi ibridi, trasformandoli in scenari d’azione che interrogano archivi, oggetti e sistemi complessi. Il Premio Piero Gagliardi sarà consegnato da Luca Centola.
IL PROGETTO E LA GIURIA
Le opere premiate entreranno nella piattaforma di 3500 cm², curata da Lorenzo Benedetti, che diffonde grandi manifesti d’arte contemporanea all’interno di spazi dedicati alla cura e al benessere.
La selezione dei tre artistə è stata affidata a una giuria composta da:
Lorenzo Benedetti, curatore e storico dell’arte; Dora Stiefelmeier e Mario Pieroni di RAM radioartemobile; Gianfranco Grosso, artista; Francesco Nucci, presidente della Fondazione VOLUME!; Davide Sebastian, artista; Simona Spinella, curatrice e storica dell’arte; Teresa Macrì, critica d’arte e scrittrice; Paolo Grassino, artista; Raffaella De Chirico, gallerista. Coordinano la giuria la Dott.ssa Stefania Calapai e la curatrice Roberta Melasecca.
In aggiunta ai premi economici e alle pubblicazioni, i vincitori del Premio Calapai e della Menzione Theodora van Mierlo Benedetti riceveranno un’opera realizzata dall’artista Barbara Salvucci, mentre il Premio Gagliardi prevede un’opera donata dall’artista Luca Centola.
L’APPUNTAMENTO
La cerimonia si terrà venerdì 5 dicembre alle ore 17:30 presso Palazzo Valentini – Sala Di Liegro, Roma.
Durante l’evento il Dott. Alessandro Bellotta Psichiatra e Psicoanalista Junghiano ed i curatori Lorenzo Benedetti e Roberta Melasecca presenteranno i cataloghi delle vincitrici – Camilla Gurgone e Gisella Chaudry – della Prima Edizione del Premio Internazionale Calapai-Benedetti
L’iniziativa, inoltre, sarà sostenuta dalla presenza dell’artista e dj Flavia Lazzarini che offre il proprio contributo a supporto del progetto A-HEAD.
Il progetto A-HEAD nasce nel 2017 per volere della famiglia Calapai per la lotta allo stigma dei disturbi mentali e dalla collaborazione tra l’Associazione Angelo Azzurro ONLUS ed artisti internazionali: infatti con il progetto A-HEAD Angelo Azzurro, curato da Piero Gagliardi dal 2017 fino al 2022, mira a sviluppare un percorso conoscitivo delle malattie mentali attraverso l’arte, sostenendo in maniera attiva l’arte contemporanea e gli artisti che collaborano ai vari laboratori che da anni l’associazione svolge accanto alle attività di psicoterapia più tradizionali.
Data la natura benefica del progetto, con A-HEAD la cultura, nell’accezione più ampia del termine, diviene un motore generatore di sanità, nella misura in cui i ricavati sono devoluti a favore di progetti riabilitativi della Onlus Angelo Azzurro, legati alla creatività, intesa come caratteristica prettamente umana, fondamentale per lo sviluppo di una sana interiorità.
Lo scopo globale del progetto è quello di aiutare i giovani che hanno attraversato un periodo di difficoltà a reintegrarsi a pieno nella società, attraverso lo sviluppo di nuove capacità lavorative e creative.
AccessEmotion, in collaborazione con l’Unità multidisciplinare Iaa-UMFIAA del Dipartimento di prevenzione della asl Roma 4 e l’associazione A.I.C:F. ETS, presenta un nuovo progetto di EAA Educazione assistita con gli animali “Un passo e una zampa per crescere“ a Bracciano dedicato a bambini con disturbo dello spettro autistico.
In occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, che si celebra il 3 dicembre, l’associazione AccessEmotion di Bracciano, in collaborazione con AICF ets e ASL Roma 4 e con il patrocinio gratuito del Comune di Bracciano, presenta un innovativo progetto “Un passo e una zampa per crescere” rivolto a Bambini con disabilità, in particolare con diagnosi di disturbo dello spettro autistico.
L’iniziativa, completamente gratuita per i partecipanti, offrirà sessioni strutturate di Educazione assistita con gli animali (EAA), finalizzate a migliorare le capacità relazionali, comunicative ed emotive dei ragazzi coinvolti.
Le attività avranno inizio il 1 dicembre 2025 presso il Centro Civico di Bracciano (Traversa Paolo Borsellino, 31), con un incontro settimanale condotto da professionisti qualificati nel campo degli Interventi Assistiti con Animali, Gianna Regoli, Stefania De Risio, Francesca Roberto, Giulia Elmi, e i cani Uma e Tea, sotto il coordinamento del’l’Unità multidisciplinare Iaa-UMFIAA del Dipartimento di prevenzione della Asl Roma 4.
Il progetto si inserisce nel più ampio contesto di interventi educativi e riabilitativi destinati a ragazzi con fragilità, rappresentando una significativa opportunità di inclusione sociale, benessere emotivo e partecipazione attiva alla vita del territorio comunale.
In occasione del 3 dicembre, il progetto vuole essere anche un segnale concreto dell’attenzione della città di Bracciano verso le persone con disabilità, promuovendo modelli innovativi di supporto e integrazione attraverso la relazione con gli animali, dimostrando quanto queste esperienze possano favorire la crescita personale e sociale dei partecipanti.
Per maggiori informazioni sui progetti di IAA, è possibile contattare direttamente l’associazione AccessEmotion presso la mail info@accessemotion.it