29 Dicembre, 2025
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PERCHÉ LA MONTAGNA CI RENDE FELICI: LA SCIENZA DIETRO IL PIACERE DELLO SCI. INTERVISTA AD ADELIA LUCATTINI

Di Marialuisa Roscino

C’è un istante preciso, sulla cima di una montagna, in cui il rumore del mondo svanisce. È quel momento in cui l’aria gelida punge i polmoni, il riverbero del sole sulla neve acceca dolcemente e, davanti a noi, il pendio si apre come una promessa di libertà. Chiunque abbia allacciato gli scarponi almeno una volta sa che quella sensazione di euforia non è solo “divertimento”: è una vera e propria metamorfosi interiore.

Ma cosa accade realmente dentro di noi quando lasciamo la valle per la vetta? La sensazione di benessere che ci invade non è un’illusione romantica, ma un fenomeno biologico e psichico profondamente radicato nella nostra natura. Oggi, le neuroscienze sono in grado di mappare la “chimica della felicità” che si sprigiona durante una discesa, rivelando come l’altitudine e l’attività fisica agiscano come un potente reset per il nostro cervello.

Parallelamente, la psicoanalisi ci spiega come il confronto con l’immensità delle cime e il gesto simbolico dello sci ci permettano di riconnetterci con un Sé più autentico. Di questo e molto altro ne parliamo in questa intervista con Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista, Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana e dell’International Psychoanalytical Association.

Lucattini:  “La montagna, con il suo silenzio e la sua vastità, attiva dimensioni profonde della vita psichica: riduce le difese, facilita il contatto con il mondo interno e permette esperienze emotive intense e rigenerative”.

Dott.ssa Lucattini, perché la montagna è la miglior palestra per l’età evolutiva? Quali effetti benefici può offrire in particolare nei bambini e negli adolescenti?

 Lo sci coinvolge simultaneamente corpo e mente, migliorando propriocezione, equilibrio e capacità di modulare i movimenti in base al terreno e alla velocità. La progressione tecnica, il controllo acquisito nelle discese e la possibilità di esplorare luoghi raggiungibili solo con gli sci rafforzano autostima e senso di competenza. In psicoanalisi, questo processo si collega alla funzione dell’Io osservante, ovvero alla capacità del soggetto di percepire se stesso mentre agisce.

La montagna, con il suo silenzio e la sua vastità, attiva dimensioni profonde della vita psichica: riduce le difese, facilita il contatto con il mondo interno e permette esperienze emotive intense e rigenerative. Freud descriveva questo stato come esperienza oceanica, un ampliamento dei confini dell’Io e un senso di appartenenza più ampio. Gli sport in montagna sono stati recentemente associati a una significativa riduzione dello stress e a un miglioramento della regolazione emotiva, come indicato dallo studio su Frontiers of Public Health (2025) sulle attività outdoor in ambienti naturali.

Quali insegnamenti specifici trasmette lo sci dal punto di vista psicologico e psicoanalitico?

 Lo sci allena la concentrazione, la presenza mentale e la capacità di valutare progressivamente la difficoltà. Ogni discesa si configura come un micro-laboratorio emotivo in cui si affrontano paura, attivazione fisiologica e controllo. Lo sci mobilita le funzioni mentali superiori, stimola il pensare e le impressioni sensoriali attraverso neve, vento, velocità, vibrazioni e freddo che possono essere trasformate in pensieri mentre si prendono decisioni operative (arrivare a valle).

Inoltre, la relazione tra solitudine e presenza dell’altro richiama il concetto dell’essere soli avendo qualcuno nel cuore, fondamentale per l’autonomia emotiva. In questa dinamica, l’atleta sperimenta ciò che la psicoanalisi definisce “continuità dell’essere”, ovvero la capacità di mantenere il proprio nucleo identitario anche in condizioni di sfida in movimento, consolidando sicurezza interna e fiducia nelle proprie potenzialità.

Secondo una ricerca su Narrative Review (2025) sugli sport di montagna, le discipline alpine migliorano attenzione sostenuta, regolazione emotiva e pianificazione, funzioni intellettive ed emotive essenziali anche nelle relazioni e nell’applicazione scolastica e lavorativa.

Perché è importante avvicinare i bambini alla disciplina dello sci sin da piccoli?

Per i bambini, lo sci fonde gioco, avventura e apprendimento corporeo. La loro naturale plasticità consente l’acquisizione intuitiva degli schemi motori: un vero imprinting fisico ed emotivo che permane nel tempo.

Le esperienze sensoriali primarie (sole, vento, neve, velocità controllata) si fissano  nella memoria implicita, come descritto da Spitz, costituendo la base delle future regolazioni psico-emotive. Sulla neve, la presenza stabile di un adulto — genitore o maestro — consolida la base sicura interiore e in questo processo, il bambino sperimenta una “continuità affettiva” ovvero una condizione in cui l’esperienza corporea si intreccia alla rassicurazione dell’adulto, favorendo la costruzione di un Io saldo e capace di tollerare la frustrazione.

Lo sci educa anche alla resilienza, si cade, ci si rialza, si riprova. Gli sport di montagna, secondo lo studio dell’Università dello Utah su Mental Health Mountain Perspectives (2024/2025), migliorano la capacità di fronteggiare lo stress e di riorganizzare esperienze anche molto intense.

Lo sci può essere considerato un antidoto allo stress? In che modo agisce sulla mente e sul corpo?

 Assolutamente sì. Dal punto di vista corporeo lo sci migliora tono muscolare, elasticità, capacità cardiovascolare, respiratoria e ossigenazione. L’altitudine aumenta i globuli rossi, con effetti benefici che persistono anche dopo il rientro. La montagna favorisce una vera detossificazione sensoriale: silenzio, aria pulita, assenza di stimoli digitali e distacco dalla routine.

Questo permette a bambini e adulti di uscire dal sovraccarico sensoriale quotidiano. Il silenzio, in psicoanalisi, ha una funzione trasformativa, permette l’emergere del pensiero e l’elaborazione emotiva. Lo sci offre una “funzione di contenimento ambientale”, un setting all’aria aperta che sostiene l’apparato psichico consentendogli di metabolizzare tensioni e di ritrovare equilibrio interno.

Uno studio recente su atleti pubblicato su Sports (2025) ha mostrato che gli sport praticati in solitudine regolata e in contesti naturali favoriscono forza e resilienza mentale, maggiore tranquillità interiore e riduzione dello stress sia fisiologico che da prestazione, abbassando l’ansia anticipatoria e aspetti fobici reattivi.

Quale ruolo può avere la scuola nel favorire attività motorie come lo sci e più in generale l’educazione sportiva?

La scuola può essere un luogo fondamentale di educazione corporea e sociale. Le esperienze di molte scuole di organizzare a prezzi sociali, settimane bianche e attività motorie in montagna mostrano quanto l’apprendimento in montagna migliori collaborazione, autonomia e spirito di gruppo.

A questo proposito è bene ricordare l’esperienza del presidente dell’Unicef di Viterbo, prof. Giuseppe Foti, che negli anni ’70-’80 organizzava con studenti e insegnanti settimane bianche in montagna nelle quali gli studenti imparavano a sciare la mattina e studiavano il pomeriggio.

Lo sport in contesto scolastico può diventare uno spazio di esperienza di crescita, un luogo in cui i bambini vivono appartenenza, sostegno reciproco e superamento dei propri limiti. In questo senso, la scuola può svolgere la funzione di “ambiente sufficientemente buono” descritta da Winnicott, un contenitore stabile che sostiene lo sviluppo emotivo mentre il bambino affronta nuove sfide e conquista nuove capacità.

Gli studi più recenti dell’University of Utah Health (2025) sulle attività outdoor confermano che l’esposizione alla natura e allo sport aumentano autostima, coesione sociale e benessere psicologico.

Nei Suoi libri, Lei sottolinea l’importanza della formazione in ottica psicoanalitica di genitori, nonni ed educatori. In che modo questa formazione si collega anche allo sport?

Una formazione psicoanalitica consente agli insegnanti di osservare meglio il funzionamento psico-emotivo dei bambini, riconoscerne difficoltà, ansie, blocchi e loro cause.

Nell’ambito sportivo, questo sguardo permette di sostenere gli alunni nel modulare paura, competizione e percezione delle proprie capacità, riducendo vissuti di inadeguatezza. Sport come lo sci, spesso percepiti come elitari, diventano invece strumenti inclusivi se mediati da un insegnante formato.

Per i bambini con disabilità, la collaborazione tra insegnanti di sostegno e maestri di sci favorisce integrazione, fiducia corporea e autostima. Una ricerca pubblicata su Current Issues in Sport Science (2025) sugli sport di montagna conferma che le attività adattate migliorano funzionamento psicologico e qualità di vita.

Quali consigli si sente di dare ai genitori?

-Creare un clima emotivo sicuro. Un bambino impara meglio quando sente che l’adulto lo sostiene senza giudicarlo;

-Rispettare i tempi dei bambini. Ogni bambino ha un ritmo di apprendimento diverso, non forzarlo significa permettergli di sviluppare un senso di competenza reale;

-Trasformare la paura in curiosità. Aiutare il bambino a “pensare la paura”, invece di evitarla, trasforma le emozioni grezze in fiducia in se stessi;

– La presenza dei genitori deve essere solida ma non invadente, il bambino ha coraggio se sa che un adulto è pronto a sostenerlo senza sostituirsi a lui;

-Valorizzare ogni piccolo progresso. La costruzione dell’autostima passa da conferme realistiche, un piccolo miglioramento tecnico o una paura superata, sciolgono l’ansia da prestazione;

-Usare lo sci per insegnare la costanza. Cadere e rialzarsi, riprovare, correggere, lo sci è una metafora concreta della capacità di affrontare le difficoltà;

-Valorizzare il piacere di vivere natura anche d’inverno. Il contatto con la montagna, il silenzio, il ritmo del corpo sulla neve offrono ai bambini un’esperienza di calma profonda, armonia e libertà;

-Andare in montagna ogni volta che si può poiché rappresenta uno spazio in cui i pensieri si dipanano e  le emozioni si evolvono piacevolmente.

 

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