“Venderò le mie scarpe nuove a un vecchio manichino, per vedere se si muove, se sta fermo o se mi segue nel cammino…” Il verso di una vecchia canzone di Edoardo Bennato mi ha offerto un’immagine utile per interrogarmi su cosa significhi oggi essere di sinistra. In un contesto internazionale segnato da conflitti, le varie posizioni sulle guerre rimane un nodo irrisolto, spesso oscillante tra pacifismo storico e nuove esigenze geopolitiche. Parallelamente, la crescente disaffezione al voto, con una partecipazione ormai minoritaria, solleva interrogativi sulla capacità delle forze politiche di rappresentare la società contemporanea e diventa divisiva nelle analisi.
A ciò si aggiunge il tema della gestione della memoria storica: il caso di una casa editrice che pubblica testi elogiativi del fascismo e del nazismo e che partecipa alla Fiera nazionale della piccola e media editoria “Più libri più liberi”, evidenzia tensioni irrisolte tra sensibilità democratica, libertà editoriale e responsabilità culturale.
Questi temi mostrano come l’attualità sfidi costantemente l’identità della sinistra, costringendola a confrontarsi con la pluralità di visioni presenti al suo interno e con la difficoltà di ritrovarsi in ideali comuni.
Non è una novità: la storia ci insegna che le divisioni all’interno del vasto campo della sinistra non hanno prodotto soltanto sconfitte elettorali, ma anche tragedie che hanno segnato intere generazioni. Nonostante ciò, siamo sempre al limite di una deriva autodistruttiva: esaltare le divisioni anziché i punti di unione, dimenticando che la sterile e sempre controproducente competizione tra chi si ritiene più coerente tra i propri compagni di viaggio finisce per far dimenticare le ragioni dello stare insieme. Così, nel tentativo di imporre la propria egemonia all’interno della propria parte politica, si finisce per consegnare all’avversario la supremazia che si voleva evitare.
C’è un momento nella vita in cui ci si rende conto che quel vecchio manichino ha davvero bisogno di scarpe nuove per rimettersi in cammino e continuare, nello stesso tempo, a difendere e a inseguire gli ideali di uguaglianza, solidarietà e libertà: le basi necessarie per costruire una società più giusta, in cui il Noi conti sempre più dell’Io, perché l’Io si mette sempre di traverso. È l’Io che accende le guerre, che ti sussurra che la politica non serve, che puoi bastare a te stesso, che la cultura è un affare privato. Il Noi, invece, può apparire più lineare ma nella realtà è molto più scomodo e complicato: ti costringe al confronto, ti trascina dentro quel lavoro lento e faticoso che si fa tra la gente, non nei monologhi interiori.
E allora ritornano in mente certe parole: “Ogni cosa ha il suo prezzo” terminava Edoardo Bennato nella sua vecchia canzone “ma nessuno saprà quanto costa la mia libertà”. E capisci che forse è proprio lì, in quel prezzo invisibile, che il vecchio manichino deve imparare a camminare di nuovo.
Lorenzo Avincola


