Nel mondo dell’insegnamento, come in tutte le professioni che richiedono profonda empatia, la serenità non è un lusso, ma una condizione essenziale. Stress, insoddisfazione e stanchezza sono nemici silenziosi: quando prendono il sopravvento, la qualità del lavoro ne risente e, con essa, la capacità di entrare in sintonia con gli studenti. Un insegnante sereno è un insegnante efficace. Solo chi è in equilibrio può davvero ascoltare, comprendere, immedesimarsi e quindi guidare gli studenti nel loro percorso di crescita, non solo culturale, ma anche umana.
Chi sceglie di insegnare lo fa per educare, per trasmettere conoscenza, non per perdersi nella burocrazia sterile che impone ore per riunioni inutili o per stilare relazioni che nessuno leggerà mai.
Non si può chiedere agli insegnanti di lottare ogni giorno per vedere riconosciuti i propri diritti, né di confrontarsi con dirigenti che applicano le norme senza comprenderle, convinti di gestire un’azienda senza minimamente sapere davvero come si faccia.
L’insegnamento ha bisogno di rispetto, non di ostacoli. Ha bisogno di visione, non di ostinazione.
Per fortuna, ogni tanto, la giustizia interviene a rimettere le cose al loro posto, smascherando derive pseudo-manageriali e riportando l’attenzione sulla vera natura del ruolo dirigenziale: una funzione educativa e gestionale al servizio della scuola, non del potere.
Emblematico è il recente caso della sentenza del giudice del lavoro di Taranto del 22 maggio 2025, che ha ancora una volta chiarito un punto controverso del contratto nazionale dei docenti, un passaggio peraltro scritto in modo tutt’altro che limpido. Si tratta del diritto a usufruire dei 3+6 giorni di permesso, che nessun dirigente scolastico può negare arbitrariamente.
Eppure, nella pratica, molti insegnanti si vedono costretti a “auto-organizzarsi”. Per ottenere quei giorni: devono trovare da soli colleghi disposti a sostituirli in classe, spesso gratuitamente, con la promessa di ricambiare il favore. Un sistema informale che somiglia più a una “banca delle ore” che a un riconoscimento contrattuale. Un paradosso, considerando che quei permessi sono previsti e garantiti dal contratto nazionale.
Il Tribunale di Taranto ha invece nuovamente sottolineato l’infondatezza, sia formale che sostanziale, del comportamento di quei dirigenti scolastici che “abusano di un potere che non possiedono” negando ai docenti il diritto di usufruire dei giorni di ferie come permessi personali.
Il Tribunale di Taranto ha ribadito ancora una volta l’assurdità formale e sostanziale di quei dirigenti che “abusano di un potere che non possiedono” confermando che i docenti possono usufruire, nel periodo di attività didattiche, di 9 giorni di permessi (3 direttamente dall’art. 15 e 6 indirettamente dall’art. 13) senza alcuna possibilità che vengano negati dal dirigente e senza necessità di trovare autonomamente chi li sostituisca.
Riccardo Agresti


