5 Dicembre, 2025
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La libertà di amare (parte 1 di 3)

La libertà di amare

Durante la dinastia Tang (618–907) si diffondono le prime versioni orali e scritte di una storia incredibile, divenuta la più nota in Cina e non solo. Una delle storie più affascinanti e durature della mitologia cinese. Meno di un millennio dopo diviene uno dei drammi più celebri del repertorio dell’Opera di Pechino. Sarà ripresa innumerevoli volte, evolvendola e modificandone anche il messaggio sotteso dal confronto tra Bai Suzhen, spirito serpente bianco che assume forma umana per vivere tra gli uomini e sperimentare l’amore, e Fahai, il monaco buddista che rappresenta la legge, la religione e il potere istituzionale.

Questa leggenda è molto più di una storia d’amore: è una riflessione sulla libertà di amare, sul coraggio di sfidare le regole e sulla forza del sentimento autentico. Esplora temi come l’amore proibito, il sacrificio, la lotta tra bene e male ed il discernimento fra ciò che si crede sia bene e ciò che è male.

 

Il Sogno del Serpente Bianco

Tanto tempo fa, o forse in un’epoca eterna, esistevano spiriti antichi, creature nate dalla natura stessa e risvegliate dalla forza della meditazione. Non erano demoni, né ombre malvagie. Erano serpenti, volpi, gru, tigri … esseri che, attraverso la coltivazione spirituale, avevano abbandonato la mera istintualità per raggiungere la coscienza, la magia, il cuore pulsante dell’umanità.

Queste entità non cercavano dominio né distruzione, ma desideravano ardentemente vivere tra gli uomini. Alcune volevano sentire il fremito dell’amore, altre sanare vecchi debiti del karma, altre ancora semplicemente sfiorare il calore di una carezza umana.

Tra loro vi era Bai Suzhen, uno spirito serpente dalla volontà incrollabile, che aveva trascorso secoli immersa nelle arti taoiste e buddhiste per spezzare i limiti della sua forma originaria. Nata dall’acqua e dall’eterno, ma nutrita dal sogno di diventare donna, Bai camminò infine tra gli uomini con passo leggero e cuore intenso.

La sua storia non è solo leggenda: è una sfida alle leggi celesti, alle rigide convenzioni mortali, al confine sottile che separa l’umano dal divino. È il racconto di una trasformazione che interroga il senso stesso dell’essere e ci invita a chiederci: cosa significa davvero essere umani?

 

Cosa accade nel cuore di chi ama?

Dopo secoli trascorsi nell’immobilità del silenzio sacro, Bai Suzhen, il Serpente Bianco, e la sua compagna Xiao Qing, spirito verde e fedele alleata, interruppero la lunga meditazione spirituale. Dal maestoso Monte Emei, dove il taoismo e il buddhismo si fondono come nebbia e vento, le due creature decisero di scendere nella valle degli uomini, spinte da un desiderio antico: capire il cuore umano, vivere il battito delle emozioni che tra gli immortali restano solo sogni lontani.

Sulle rive del Lago dell’Ovest, a Hangzhou, dove l’acqua riflette il cielo come uno specchio incantato, i due serpenti si muovevano circospetti affinché i mortali non li notassero, ma spesso, chi teme i grandi pericoli, non si avvede di quelli minori. I passi di un uomo erano nei loro pressi e, nel panico di quel contatto imprevisto, Bai Suzhen scivolò tra le foglie umide con un guizzo frenetico. Il suo corpo serpeggiante tentò di infilarsi tra radici e sassi, come ombra spinta dal vento, ma nell’impeto, una pietra affilata le lacerò la pelle argentea. Un sibilo acuto le sfuggì involontario, simile al fruscio di foglie ferite: non era solo dolore, era vergogna, era allarme. Si contorse brevemente, il movimento ora goffo e rallentato, mentre una sottile stilla di sangue fluiva dalla ferita brillando come rugiada lunare.

L’uomo era un giovane studioso, Xu Xian, un erborista in cerca di erbe medicinali. Il suo sguardo curioso e la mano che si tendeva alla raccolta, divennero immediatamente strumenti di sopravvivenza e di minaccia: scorti i due serpenti, temendo per la sua vita, si era preparato a colpire per difendersi.

Ma le due creature rimasero immobili, non lo attaccarono, anzi Xiao Qing gli si rivolse con voce sottile e tremante, chiedendo pietà. “Che male possiamo farti?” pianse il serpente verde “Noi non combattiamo gli uomini e la mia compagna è ferita!”.

Nonostante la sua esitazione iniziale, Xu Xian provò una fitta di compassione per la creatura ferita e decise di offrirle aiuto. Si prese cura delle sue ferite delicatamente e con gentilezza, usando una delle erbe raccolte. Con suo grande stupore, vide che il serpente si riprese miracolosamente. Xu Xian rimase interdetto, si fermò, le guardò e le lasciò libere di vivere.

Quel gesto di compassione, semplice e puro, si impresse nel cuore di Bai come un’incisione eterna. Mai, in secoli di esistenza, aveva sentito una vibrazione simile: non paura, non potere, ma pietà. Il suo cuore si aprì, e in lei nacque la volontà di mutare, di scoprire il mondo non più da semplice osservatrice, ma da donna.

Xiao Qing tentò inutilmente di dissuaderla. Il contatto tra il mondo degli spiriti e quello degli umani era vietato da leggi divine. Il pericolo era per entrambi, che fossero stati spiriti o umani. Ma Bai non poteva demordere. Così, attraverso l’arte della metamorfosi, che non cancella l’origine, ma ne esalta la verità, Bai divenne una giovane di bellezza disarmante, la grazia scolpita dalla saggezza, la gentilezza permeata da secoli di silenziosa contemplazione. Ma sotto la pelle di seta e gli occhi profondi, il serpente continuava a vegliare nel profondo, custodendo poteri che l’uomo non può comprendere. Xiao Qing avrebbe potuto lasciare Bai al suo destino, ma una compagna non abbandona la sua amica e, per proteggerla, segue Bai trasformandosi anch’essa in una giovane vestita di verde, il colore che solo le più belle ardiscono indossare.

Ma quale pericolo può correre chi vuole solo sapere che cosa accade nel cuore di chi ama?

 

Il giuramento degli sguardi

Se il primo incontro era stato un soffio del caso, il secondo fu una sinfonia celeste del destino. Non più solo curiosità, ma un richiamo antico, come se l’universo avesse deciso di riscrivere le sue traiettorie per far combaciare due cuori. I due serpenti, ora donne, passeggiavano lungo le rive del Lago dell’Ovest. Nel loro cammino, Xiao Qing restava qualche passo dietro a Bai Suzhen, come il vento che non si fa vedere, ma regge le ali del volo. Nei suoi occhi, uno scintillio attento: non di gelosia, ma di premura. Sapeva che il cuore di uno spirito rischia molto nello sfiorare un sentimento umano.

Era una sera umida di primavera, quando il crepuscolo si fonde con le brume leggere che danzano sull’acqua del lago. Ogni cosa pareva sospesa in una quiete incantata: le luci tremolanti delle lanterne galleggianti, il sussurro dei salici cullati dal vento, e l’eco lontana di un guqin suonato da mani invisibili. Anche Xu Xian passeggiava, assorto nei suoi pensieri, come chi cerca qualcosa che non sa di inseguire. Eppure, quella notte, nell’aria aleggiava un profumo diverso, una nota tenue ma irresistibile, come se il tempo stesso avesse trattenuto il respiro.

Sotto un salice che pareva piangere gioia, apparve lei. Bai Suzhen, eterea e luminosa, con il volto così delicato da sembrare dipinto col primo sospiro della rugiada. I suoi occhi, vasti e silenziosi, custodivano la malinconia di secoli e la dolcezza di una primavera che non finisce mai. I loro sguardi si incrociarono, non come due estranei, ma come due anime che si riconoscevano prima ancora di parlarsi. Un sorriso timido, e il mondo cambiò forma.

Dal primo passo insieme nacque un cammino. Le passeggiate lungo il lago si riempirono di parole leggere, le parole si fecero confidenze, le confidenze divennero gesti, e i gesti carezze sottili come brezze d’aprile. Si innamorarono con la silenziosa intensità di chi non ha bisogno di promettere. Ogni sguardo era già un giuramento.

Il loro amore non fu rumoroso, ma potente. Era un’armonia che risuonava nei petali del loto bianco quando, una volta l’anno, decide di fiorire: raro, puro, destinato. In quel fiorire, Bai Suzhen trovò non solo la grazia dell’amore umano, ma la verità che nemmeno l’immortalità può insegnare.

 

Anche gli spiriti possono essere amati

Nel fluire dei giorni, l’amore fra Bai Suzhen e Xu Xian non si limitò a sorrisi e passeggiate: fu un lento dischiudersi, come il bocciolo che percepisce la carezza del sole e si apre al mondo. Ogni parola scambiata era una rivelazione. Ogni gesto una promessa sussurrata. Xu parlava di radici, di erbe con poteri curativi, del modo in cui la Terra nasconde i suoi segreti nel verde. Bai lo ascoltava con occhi che brillavano di meraviglia, scoprendo negli umani una dolcezza che i testi sacri non avevano mai saputo narrare.

Di notte, Bai tornava in riva al lago, dove l’acqua conosceva il suo vero nome, e interrogava le stelle: “Com’è possibile che un solo cuore possa racchiudere tanta luce?” Era la scoperta della vulnerabilità, quella forma di forza che solo l’amore autentico può generare. Xu, ignaro della natura ultraterrena di Bai, la vedeva come una giovane saggia e misteriosa, capace di comprendere gli affanni degli uomini con un’empatia rara. Le offriva la sua presenza, non come dono, ma come rifugio.

Lei, che per secoli aveva conosciuto solo il silenzio delle montagne e il linguaggio del vento, imparò a sorridere per cose semplici: una tazza di tè condivisa sotto la pioggia, il profumo del riso appena cotto, la voce di Xu che recitava antichi versi per farla ridere. L’amore si diffuse come nebbia dorata e silenziosa. Non aveva bisogno di essere dichiarato, perché già esisteva in ogni sguardo che si posava sull’altro come un petalo sulla pelle.

In quei momenti, Bai si chiedeva se la sua trasformazione fosse avvenuta davvero per cercare la vita umana o per trovare quel giovane che, con un solo gesto di pietà, le aveva svelato che anche gli spiriti possono essere amati. Il legame fra loro divenne più forte delle origini, più vero delle apparenze, più eterno del tempo. Era l’incontro tra la magia e il cuore, tra il destino e il desiderio.

 

Il filo che lega alla verità

Il tempo, che fino a quel momento aveva sussurrato, ora sembrava cantare. A Hangzhou, tra le vie profumate di incenso, Bai Suzhen e Xu Xian si prepararono infine a unire le loro vite. Non era un matrimonio come gli altri: era l’incontro tra la grazia immortale e la tenerezza umana.

La sera prima delle nozze, il cielo sopra Hangzhou era punteggiato da lanterne tremolanti e il Lago dell’Ovest taceva come in attesa di un segreto. Nella quiete della loro stanza, Bai sedeva davanti allo specchio, mentre Xiao Qing sistemava con gesti esperti le pieghe dell’abito nuziale.

Domani sarò sposa” mormorò Bai, lo sguardo perso nel riflesso. “Ma io ho paura che il mondo possa conoscere la mia vera natura e tutto finisca come svaniscono gli incanti”. Xiao Qing le porse un pettine di giada e sorrise appena. “Il mondo guarda con gli occhi, sorella. Ma chi ama, sente con il cuore. Xu Xian ti ha scelto e questo è sufficiente. Digli chi sei. L’amore comprende più della mente.”. Poi le si accovacciò davanti, prendendole le mani con dolcezza. “Se l’amore non è sufficiente, allora nulla potrà mai esserlo e tanto varrà andare via. Ma promettimi che non perderai te stessa per essere accettata, chiunque lui sia. Anche gli spiriti meritano di essere amati nella loro interezza”.

Una brezza leggera attraversò la stanza. Bai si alzò, lasciando cadere il velo come rugiada su foglie d’autunno. “Domani raggiungerò la felicità, ma in questa notte, sono solo un’anima che spera e tu, sorella mia, sei il mio sostegno: il filo che mi lega alla verità.”. Si abbracciarono, lungamente, senza parole, e il cielo, per un istante, parve più vicino alla terra.

 

Fu un riconoscersi in eterno

La città si adornò come per l’arrivo della primavera: fiori di pesco pendevano dai balconi, lanterne cremisi danzavano nell’aria, e i passanti sorridevano senza sapere di essere testimoni di qualcosa più grande di loro. Bai avanzava lenta, vestita di seta avorio, con una luce che pareva germogliare dal suo stesso passo. Xiao Qing le camminava accanto in silenzio, come ombra d’amore silenziosa che non chiede nulla. Sapeva che la felicità è fragile e che chi ama deve essere difeso. Era lei a chiudere gli occhi per non piangere, a tenere stretta una radice di peonia essiccata, portafortuna degli spiriti, segno di benedizione per gli immortali. Era lei a pronunciare nel cuore le parole che Bai non osava dire: “Che l’amore ti protegga, anche quando il mondo non lo farà!

Sotto un padiglione che guardava il Lago dell’Ovest, i due amanti si scambiarono promesse che non avevano bisogno di essere dette: erano già scolpite nei giorni trascorsi insieme, nei sorrisi furtivi, nella fiducia nata come rugiada. Offrirono il tè agli spiriti degli antenati e si inchinarono l’uno all’altra con rispetto profondo. I loro sguardi si incrociarono e non fu solo un sì, fu un riconoscersi in eterno.

per leggere la seconda parte

 

Riccardo Agresti

 

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