Nella cornice naturale di rara bellezza del “Parco Naturale Regionale di Bracciano Martignano”, sulle spettacolari rive meridionali del magnifico lago vulcanico, esiste una splendida perla, non nota a tutti, raggiungibile facilmente in auto da Roma: il “MUSAM – Museo Storico Aeronautica Militare” di Vigna di Valle, una eccellenza italiana che, a breve, potrà essere raggiuta anche con la motonave “Sabazia” del “Consorzio Lago di Bracciano” che collega le cittadine lacustri. Il Museo, pregevole contenitore culturale per il territorio e per il Paese, sorto nel più antico insediamento aeronautico in Italia, è tra i più grandi e interessanti musei aeronautici al mondo. Oltre ai numerosi velivoli storici integri e i motori, molti tutt’ora funzionanti, che descrivono gli oltre 100 anni di aviazione, conserva apparecchiature fotografiche, apparati radioelettrici, armi, equipaggiamenti di bordo individuali e collettivi e numerosi oggetti e cimeli legati all’aeronautica: un patrimonio storico di eccezionale valore, tutto rigorosamente originale, che fa immergere il visitatore nella storia dell’aeronautica, declinabile negli innumerevoli ambiti della cultura.
Segno premonitore che Vigna di Valle fosse destinata ad essere luogo deputato al volo fu quando, incredibilmente, nel lago di Bracciano cadde il pallone aerostatico che il colonnello André-Jacques Garnerin aveva fatto volare su Parigi, la sera del 16 dicembre 1804, per l’incoronazione di Napoleone Bonaparte a imperatore dei francesi. Il pallone, dopo più di ventidue ore di volo, giunse sino alle porte di Roma per poi, trascinato dal vento, finire per cadere nel lago di Bracciano. Paolo VI, primo papa ad avere volato con mezzi dell’aeronautica, nel 1978 donò all’Aeronautica Militare, in segno di gratitudine e apprezzamento, un pallone aerostatico presente negli archivi vaticani, considerato proprio il Pallone di Garnerin. Oggi si trova esposto proprio all’ingresso del Museo. È questo il più antico oggetto volante, realizzato dall’uomo, conservato al mondo.
Dove ora è il museo, nel 1906 sorse il primo “Cantiere Sperimentale Aeronautico d’Italia” per la realizzazione e progettazione dei dirigibili. Nel 1908 vi venne assemblato e sperimentato il primo dirigibile militare italiano, il “N.1”, che partì da quello che è oggi il “piazzale Bandiera” dell’aeroporto.
Nel primo padiglione del Museo, l’hangar Troster, un’aviorimessa di costruzione austriaca ottenuta come risarcimento dei danni di guerra a seguito della Prima Guerra Mondiale, è ospitato il barchino idroplano di Gaetano Arturo Crocco e Ottavio Ricaldoni. Utilizzato per testare il motore che avrebbe poi equipaggiato il primo dirigibile militare, il barchino si avvaleva di una tecnologia sviluppata da Enrico Forlanini: i foil che, come ali degli aeroplani, posizionati sotto lo scafo, con la velocità fanno alzare l’imbarcazione sopra il livello dell’acqua, riducendo drasticamente l’attrito. La tecnologia dei foil è ancor oggi utilizzata in molte imbarcazioni di velocità, incluse quelle della Coppa America.
In questo primo hangar sono conservati esemplari di velivoli dai primordi, fra cui il Blériot, un aereo del tipo di quelli che parteciparono alla guerra Italo Turca del 1911-1912, guerra in cui per la prima volta al mondo fu impiegato il mezzo aereo e nel corso della quale avvenne il primo bombardamento dall’aria da parte del tenente Giulio Gavotti. Nel corso di una missione di ricognizione, il tenente sganciò una bomba Cipelli sulle truppe nemiche, dando inizio ad un nuovo tipo di combattimento. Imponente nelle sue dimensioni si può anche ammirare il grande aereo da bombardamento Caproni, utilizzato in tutto il corso della I Guerra Mondiale dalla nostra aviazione.
Sempre nell’hangar Troster, è visibile lo SPAD VII dell’Asso dell’aviazione, il capitano Fulco Ruffo di Calabria. Per essere definiti “Assi” occorreva avere abbattuto almeno 5 aerei nemici e, se a Ruffo di Calabria ne furono accreditati 20, il principale asso italiano fu Francesco Baracca con 34 abbattimenti, ucciso in una missione di volo a bassa quota il 19 giugno 1918 da un colpo di fucile di un cecchino austriaco. Lo stemma di Baracca, il famoso “cavallino rampante”, fu poi utilizzato da Enzo Ferrari, su concessione della madre di Francesco, per le sue monoposto da velocità. Di Baracca il museo conserva numerosi cimeli originali.
Altro ricordo importante è lo SVA dell’87a Squadriglia “La Serenissima”. Appartenuto al maggiore Giordano Bruno Granzarolo, questo velivolo è uno di quelli che parteciparono al leggendario “Volo su Vienna” di Gabriele d’Annunzio per lanciare volantini sulla città che invitavano gli austriaci alla resa. A questa vicenda è pure legata l’intitolazione dell’aeroporto di Vigna di Valle al capitano Luigi Bourlot quando nel 1922, finita definitivamente l’epoca dei dirigibili, il sito aeronautico fu riconvertito in idroscalo. Bourlot doveva essere il pilota del biposto che aveva come osservatore aereo proprio il poeta, ma pochi giorni prima dell’impresa perse la vita in un incidente di volo e fu sostituito da un altro pilota, Natale Palli. In suo ricordo le autorità aeronautiche decisero di intitolargli proprio il sito di Vigna di Valle. Da sottolineare che la conservazione che ha permesso a questi aerei storici di giungere sino ai nostri giorni si deve, in gran parte, ad una norma che consentiva, al termine della guerra, ai piloti di poterli acquistare o avere come indennizzo per i servizi resi alla Patria. Nel corso degli anni furono poi ceduti o acquistati dall’Aeronautica Militare.
Nel secondo padiglione, l’hangar Velo, sono visibili alcuni dei magnifici esemplari di “idrocorsa” che parteciparono al concorso “Coupe d’Aviation Maritime Jacques Schneider”, competizione nata nel 1913 per rilanciare l’industria aeronautica per idrovolanti a cui, nel corso degli anni, fino al 1933 parteciparono le nazioni più evolute nel settore aeronautico. La coppa fu vinta per 3 volte dall’Italia, nel 1920, 1921 e 1926. Fa bella mostra di sé il Macchi-Castoldi M.C. 72, realizzato per partecipare all’edizione della coppa del 1933, alla quale si rinunciò per motivi tecnici, ma che, il 23 ottobre 1934, pilotato dal capitano Francesco Agello, conquistò, sul lago di Garda, il primato mondiale di velocità con 709,202 km/h, record ancora oggi imbattuto per gli aerei di quella classe (idrovolanti con motore alternativo). Quel brillante colore “Rosso Corsa” che spicca nella livrea di questi formidabili idrocorsa era stato assegnato all’Italia per partecipare alla “Coppa Schneider” (ogni nazione aveva un suo colore) e da allora è diventato il colore delle livree di ogni macchina italiana impegnata in gare motoristiche di velocità (Ferrari, Ducati, Alfa Romeo …).
Nell’hangar Velo sono, inoltre, ricordate le due epiche trasvolate effettuate in formazione da Italo Balbo: la “Crociera aerea transatlantica Italia-Brasile”, realizzata a cavallo fra il 1930 e il 1931 con 12 idrovolanti Savoia Marchetti S.55A, e la “Crociera del Nord Atlantico”, realizzata nel 1933 con 25 idrovolanti SIAI-Marchetti S55X, che diedero enorme fama alla giovane Regia Aeronautica; crociere che aprirono la strada all’utilizzo di aerei per raggiungere le Americhe, fino ad allora esclusivo appannaggio del trasporto marittimo.
Interessante, nel Velo, è il prototipo numero due di un progetto tutto italiano: è il Campini Caproni CC.2 del 1939 che, pur non essendo un vero jet come quelli progettati e realizzati in Germania nel medesimo periodo, è pur sempre un esempio di propulsione a reazione che utilizzava un motore alternativo azionate un compressore assiale, con in coda un vaporizzatore ed un bruciatore. Il progetto rimase, per le sue evidenti limitatezze, soltanto a livello sperimentale e non ebbe alcun seguito.
Nel terzo padiglione museale, l’hangar Badoni, costruito negli 1930, dove inizialmente, dagli anni 40 del secolo scorso fino al 1960 venivano ricoverati i grandi aerei idrovolanti Cant.Z 506 di stanza a Vigna di Valle, sono oggi conservati esemplari di aerei della Regia Aeronautica, utilizzati nella Guerra in Spagna e durante la II Guerra Mondiale.
Proseguendo nella visita, ci si inoltra nella storia più recente dell’Aeronautica Militare, incontrando gli aerei che, dal Dopoguerra ad oggi, hanno fatto parte dei Reparti dell’Aeronautica Militare. Spiccano, nei padiglioni Skema e nel recentissimo Hangar 100 (realizzato in occasione dei cento anni dalla costituzione dell’Aeronautica come Forza Armata autonoma), aerei che hanno fatto la storia più recente, a partire dai DH100 Vampire, poi con l’F104, per finire ai Tornado ed agli Eurofighter. Una menzione particolare meritano gli aerei acrobatici delle Frecce Tricolori: i Fiat G91 e gli MB339 (utilizzati attualmente).
Non manca l’accenno alla sicurezza e al futuro, con le missioni spaziali, come le tute degli astronauti Roberto Vittori e Luca Parmitano.
L’inaugurazione del museo avvenne il 24 maggio 1977, alla presenza del Presidente della Repubblica Italiana, Giovanni Leone, e dell’ispiratore, generale Giuseppe Pesce. Il complesso è stato completamente ristrutturato nel 2023, riorganizzando una nuova ala e realizzando anche uno spazio ipogeo, nell’ottica del rispetto dell’ambiente, con la prospettiva di collaborare con università e ricerca ed aprire gli spazi alla cultura, all’arte, alla didattica, allo sport per mantenere vivo lo spazio museale con i suoi 16000 m2 coperti, gli splenditi spazi aperti sul lago e le aree didattiche e di relax.
È possibile fruire di visite guidate generali e tematiche, anche tramite apposite app che permettono, con informazioni in 4 lingue, di ben comprendere i dettagli dei cimeli conservati.
Il Museo dispone anche del “Centro Documentazione Umberto Nobile”, che conserva la biblioteca e gli archivi personali del Generale Umberto Nobile e di altri illustri personaggi della storia aeronautica italiana. Questo centro conserva importanti testimonianze relative alle spedizioni polari e dispone di una biblioteca di oltre 6000 volumi, oltre ad una raccolta di disegni, documenti e fotografie di interesse aeronautico. L’accesso avviene solo su prenotazione previa autorizzazione del museo.
Un sentito ringraziamento va al Comando Aeroporto Vigna d Valle.
Riccardo Agresti


