Torre Truglia e le sentinelle del tempo e del mare
Sulla punta estrema del promontorio di Sperlonga, dove il mare abbraccia la roccia e il vento racconta storie antiche, sorge la Torre Truglia, simbolo fiero e silenzioso di un passato tumultuoso. La sua prima pietra, secondo gli studi archeologici, risale all’epoca romano-imperiale, probabilmente come faro o torre di segnalazione legata alla villa dell’imperatore Tiberio.
Nel XIV secolo, il sito ospitava una vedetta fortificata, trasformata poi, nel 1532, in una torre di avvistamento vera e propria. Ma la sua esistenza fu presto messa alla prova: nel 1534, il corsaro ottomano Khair Ad-Dìn Barbarossa devastò la costa laziale, distruggendo la torre.
Ricostruita nel 1611, la torre fu nuovamente abbattuta nel 1623 da una nuova incursione turca, che lasciò Sperlonga in cenere e dolore. Ma come l’araba fenice, la Torre Truglia risorse ancora: nel XVIII secolo fu ricostruita e divenne vedetta costiera, poi sede della Guardia di Finanza dal 1870 al 1969, proteggendo il litorale fino all’alba della modernità.
Oggi, la torre ospita il Centro Educazione Ambientale del Parco Riviera di Ulisse, e la sua terrazza panoramica è aperta al pubblico, regalando vedute mozzafiato sul mare e sul borgo bianco di Sperlonga.
Torre Truglia non era sola. Faceva parte di una rete di torri costiere che punteggiavano la costa tirrenica, progettate per avvistare e segnalare l’arrivo dei pirati. Queste torri comunicavano tra loro con segnali di fumo di giorno e fuochi di notte, creando un sistema difensivo che univa terra e mare in un unico respiro.
Nel territorio di Sperlonga, altre due torri completavano questo disegno strategico: Torre Capovento (costruita su uno sperone roccioso a picco sul mare, servì anche come dogana fino al XIX secolo, ma oggi ne restano solo i ruderi, testimoni silenziosi di un passato glorioso) e la Torre del Nibbio (nascosta tra le case del borgo, è parte integrante del castello baronale e si affaccia sulla piazzetta centrale, come un occhio antico che ancora osserva).
La Torre Truglia è più di pietra e calce: è memoria scolpita nel vento, è eco di battaglie e rinascite, è luogo dove il tempo si ferma e il mare parla. Oggi, tra le sue mura, non si odono più i tamburi della guerra, ma il canto delle onde e il sussurro della storia. Chi sale sulla sua terrazza, guarda lontano: non solo verso l’orizzonte, ma dentro sé stesso. Ogni tramonto su quella torre è un abbraccio di luce, dove il passato si dissolve nel presente, e la bellezza diventa eternità.
La Panchina Gigante di Sperlonga: dove il cielo incontra il mare
C’è un luogo, sospeso tra cielo e mare, dove il tempo si ferma per lasciar spazio alla meraviglia. Lungo il sentiero dell’antica Via Flacca, che un tempo collegava le ville romane tra Fondi e Gaeta, oggi si erge una panchina gigante blu, come il Mar Tirreno che le fa da specchio. È la numero 265 del circuito internazionale Big Bench Community Project, inaugurata il 15 ottobre 2022, e già diventata una delle mete più amate dai visitatori.
La panchina si trova sulla collina che domina l’area archeologica della Villa di Tiberio, nei pressi del Museo Archeologico Nazionale di Sperlonga. Per raggiungerla, si parte dall’ingresso del museo e si imbocca il percorso A, segnalato da cartelli che guidano lungo il Promontorio villa Tiberio e costa Torre Capovento – Punta Cetarola.
Il sentiero, immerso nella macchia mediterranea, regala scorci spettacolari: spiagge di Levante e Bazzano, il Golfo del Circeo, le isole Pontine, Ischia e, nelle giornate limpide, persino il profilo del Vesuvio. Salendo sugli appositi gradini, ci si può “arrampicare” sulla panchina e lasciar penzolare le gambe, come facevamo da bambini, quando il mondo sembrava più grande e i sogni più vicini.
Accanto alla panchina, un armadietto di legno custodisce libri per il book-crossing, e un pannello con un buco a forma di cuore invita a immortalare il momento. È un luogo che non solo offre bellezza, ma raccoglie messaggi scritti dai visitatori, pensieri lasciati come bottiglie nel mare, testimonianze di emozioni vissute in un angolo di paradiso.
La panchina gigante di Sperlonga non è solo un’installazione: è un invito a guardare il mondo da un’altra prospettiva, a riscoprire la meraviglia, a rallentare il passo. Sedersi lì è come abbracciare l’orizzonte, lasciando che il vento racconti storie di imperatori, di viaggiatori, di sogni e quando il sole cala dietro il Circeo, la panchina blu diventa un faro di quiete, dove ogni sguardo si trasforma in poesia, e ogni respiro è un inno alla bellezza.
Sapori di Sperlonga: dove il mare incontra il mito
Tra le onde che accarezzano la costa laziale e i vicoli bianchi di Sperlonga, vive una tradizione gastronomica che profuma di mare e leggenda. La Zuppa di pesce alla sperlongana, piatto antico e autentico, nasce dal gesto semplice e geniale dei pescatori: cucinare il pescato del giorno direttamente sulla spiaggia, usando acqua di mare per insaporire. Un trucco arcaico, quasi dimenticato altrove, ma ancora vivo nella memoria locale, che dona al piatto un sapore profondo e salmastro, come un abbraccio del Tirreno. I protagonisti sono i pesci “poveri” ma ricchi di gusto: tracine, scorfani, gronchi, insieme a molluschi e crostacei locali come cozze, vongole, sconcigli, seppioline e polipetti. Ogni cucchiaiata è un viaggio nel tempo, un racconto di fatica e ingegno, da gustare lentamente con pane tostato e cuore aperto.
Altro piatto che racconta l’anima di Sperlonga sono i Bombolotti al ragù di seppie. Pasta corta, simile ai rigatoni, ma più larga e generosa, accoglie un ragù bianco di seppie finemente tritate e cotte a lungo, con cipolla, vino bianco, alloro, prezzemolo fresco e, talvolta, un tocco di peperoncino. È una sinfonia marina che unisce la delicatezza del mollusco alla robustezza della cucina casalinga laziale. Un piatto che sa di casa, di terrazze affacciate sul mare e di domeniche lente.
Se Sperlonga ha il mare negli occhi e la pietra nel cuore, i suoi dolci ne custodiscono l’anima più tenera. Nati dalla semplicità contadina e dai profumi della Riviera di Ulisse, i dolci sperlongani sono piccole opere di poesia gastronomica, capaci di evocare feste, tramonti e racconti tramandati tra generazioni. Tipico è la Panicella di Sperlonga, un dolce pasquale dalla forma semplice ma dal sapore profondo con un impasto di pane arricchito con liquore, semi di anice e vanillina. Profuma di primavera e di riti antichi. Veniva preparato dalle famiglie per celebrare la rinascita, spesso decorato con uova sode colorate.
I piatti di Sperlonga sono memorie impastate, profumi che raccontano, gesti che resistono al tempo. Ogni morso è un ritorno alle feste di paese, alle cucine delle nonne, ai tramonti sul mare con il cuore pieno e le mani zuccherate. E quando il sole cala dietro la Torre Truglia diventano il sigillo dolce di una giornata perfetta.
Tra i prodotti più preziosi della terra pontina, spicca il Sedano bianco di Sperlonga IGP4. Coltivato su terreni sabbiosi e salmastri tra Fondi e Sperlonga, questo ortaggio si distingue per la sua croccantezza, delicatezza e sapore aromatico. La raccolta avviene da febbraio a giugno, e la sua produzione è limitata, rendendolo una vera eccellenza. Secondo la leggenda, il sedano bianco era considerato afrodisiaco: la ninfa Calipso, nella mitica Odissea, lo avrebbe servito a Ulisse per trattenerlo con sé. Un ortaggio che non è solo ingrediente, ma simbolo di seduzione e memoria, capace di trasformarsi in sorbetti, gelati, frittate e piatti gourmet.
Sperlonga non è solo un borgo, è un canto di mare e terra, dove ogni piatto è una carezza salata, ogni ingrediente una storia da raccontare. La zuppa che nasce sulla spiaggia, la pasta che profuma di seppie, il sedano che seduce come un mito antico: tutto qui è memoria che nutre. E quando il sole cala dietro il Circeo, tra i profumi della Riviera di Ulisse, la cucina di Sperlonga diventa un inno alla bellezza, dove il gusto si fa poesia, e ogni boccone è un ritorno a casa.
Sperlonga: dove la pietra racconta e il silenzio canta
Nel cuore bianco e luminoso di Sperlonga, tra vicoli che si arrampicano come pensieri e terrazze che si aprono come sogni sul mare, si celano tre custodi del tempo. Non sono solo edifici: sono memorie scolpite, preghiere sospese, frammenti di eternità.
La Chiesa di Santa Maria di Spelonca Edificata nel XII secolo, è la più antica del borgo. Oggi accoglie eventi culturali, ma un tempo era il fulcro spirituale tra Gaeta, Fondi e Terracina. Al suo interno, due navate con loggiati femminili raccontano la devozione di un’epoca. Nella Cappella del Presepe, una statua lignea di San Leone Magno (scuola napoletana, XVIII sec.) veglia sul borgo. Gli affreschi medievali, riemersi grazie a restauri recenti, sussurrano storie di fede e resistenza
La Chiesa di San Rocco Una cappella del XV secolo, discreta e sempre aperta. Sorge lungo la salita dal mare al centro storico, come un invito alla quiete. Nei suoi toni rosati e nel profumo di fiori freschi, si respira pace e raccoglimento. È il punto di partenza della processione serale del 16 agosto, che porta la statua del Santo fino al mare, tra fuochi e preghiere
Palazzo Sabella, tra le pietre antiche del borgo, è un palazzo signorile che conserva un segreto storico: nel 1379 ospitò l’antipapa Clemente VII, in fuga da Anagni dopo la disfatta di Marino. La sua facciata, rifatta nel XVI secolo, cela le tensioni dello Scisma d’Occidente. È uno dei palazzi più arcaici di Sperlonga, testimone silenzioso di intrighi e rifugi
In questi luoghi, la pietra si fa voce, il silenzio si fa canto, la storia si fa pelle.
Visitare Santa Maria, San Rocco e Palazzo Sabella è come sfogliare un libro scritto dal vento e dal sale, dove ogni affresco è una carezza, ogni statua un pensiero, ogni pietra un battito.
Riccardo Agresti


