5 Dicembre, 2025
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Erasmus: conoscere l’Europa per capire l’Italia

Prima di decidere il proprio posto nel mondo bisognerebbe conoscere la realtà al di fuori di sé, del proprio paese. Un’esperienza Erasmus permette di tagliare provvisoriamente i legami con la monotonia della vita: quei volti noti, quei locali conosciuti e quei simboli tanto amati che sarebbe impossibile separarsene permanentemente. Ma il fascino di osservare paesaggi che mai si erano visti prima e di conversare con persone differenti da quelle abituali, è un’emozione impareggiabile. Per molti ragazzi italiani l’Erasmus non si limita ad essere un viaggio di studio, un’opportunità di lavoro o un’occasione per migliorare le proprie capacità linguistiche. Permette momentaneamente di lasciare un Paese bellissimo ma altrettanto macchinoso. Uno Stato che non ha la capacità di trattenere i propri talenti e di attrarne di nuovi, restio ad accettare un progresso che tante altre nazioni hanno abbracciato. La bassa crescita salariale, l’elevato cuneo fiscale, la mentalità conservatrice sono solo alcune delle tante motivazioni per le quali le nuove generazioni scelgono di andare a vivere all’estero. Perché il nostro è un Paese che invecchia più velocemente degli altri: anagraficamente e strutturalmente, e i progetti Erasmus non fanno che evidenziare queste criticità. In Europa, in paesi come l’Irlanda è offerta maggiore fiducia ai giovani che così possono godere di una migliore stabilità economica e psicologica, fattori che collaborano alla crescita della persona. In Italia, di contro, le opportunità che offrono i percorsi universitari non sono sufficienti, e in ambito lavorativo le assunzioni non avvengono in maniera meritocratica. È evidente quanto sia necessario un cambiamento. I giovani in realtà partono con la speranza di trovare al loro rientro un’Italia diversa, intenzionata a investire maggiormente in loro e determinata ad offrire prospettive di carriera migliori. Partire può essere una scelta, ma tornare o rimanere non dovrebbe essere un atto di coraggio.

Denis Andrei Mihut

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