Quando trentuno anni fa veniva pubblicata la prima copia de L’agone io non c’ero ancora. Cinque anni fa, a soli 16 anni, mi sentii una privilegiata a veder pubblicato il mio primo articolo e iniziare un percorso timido, per quanto costante, di collaborazione con la testata, grata al suo editore e al direttore di allora per quella crescita che mi ha portato a diventare non solo adulta, ma anche giornalista. Incredula, oggi, di questo giornale, vengo chiamata a esserne il direttore e ciò che più avverto forte è il senso di responsabilità; memore degli insegnamenti ricevuti, dell’esperienza fatta sul territorio, dell’osservazione attenta e del rispetto per la linea editoriale, proverò a essere un ponte tra tradizione e rinnovamento, nutrendo le pagine di questa testata con le sfumature del nostro bel territorio, osservato con gli occhi di chi sa ancora sognare. Sarò attenta alle politiche locali così come alle manifestazioni folkloristiche, alle tematiche ambientali e sociali di più spiccata attualità, alla salute, allo sport e alla cultura. Mi imporrò e chiederò a tutti i redattori di conservare moderazione e rispetto per le libertà di ognuno, cercherò di stimolare la curiosità di chi scrive e di chi legge; vorrei saper riempire queste pagine di critica costruttiva, emotività sincera, empatia con chi gioisce e con chi soffre, con chi è diffidente e con chi spera, conservare ironia nella giusta misura e attenzione per i cittadini e le loro esigenze, che un territorio così invidiabile come il nostro dovrebbe garantire. Non userò mai l’ “io” ma sempre il “noi”, desiderosa di abbattere la linea di demarcazione tra la redazione e i lettori, dei quali cercherò di essere gli occhi e il cuore. Sfumando me stessa non mi perderò nel dilemma dialettico se firmarmi “direttore” o “direttrice”, riponendo nell’essenzialità dei compiti il più alto dispiego delle mie energie. Mi faccio carico della complessità dell’incarico, forte della stima di chi me lo ha conferito, della serietà dei collaboratori e del sorriso sornione e amorevole di un direttore che per primo ha creduto in me e che da qualche parte, lassù, mi dice “ce la faremo”.
E dunque, cominciamo.
Ludovica Di Pietrantonio