Fino a domani 18 maggio, i romeni si troveranno davanti ad un bivio storico: scegliere tra un matematico prestato alla politica e un attivista che ha trasformato la protesta di piazza in forza parlamentare. Un ballottaggio che racconta molto più di una semplice competizione elettorale: è lo specchio delle aspirazioni e delle paure che attraversano la Romania contemporanea.
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Nicușor Dan: la logica del riformatore, nato a Făgăraș nel 1969, ha sempre affrontato la complessità con la calma di chi sa risolvere un problema partendo dagli assiomi. A 18 anni conquistava due medaglie d’oro alle Olimpiadi Internazionali di Matematica, con punteggio massimo: un preludio ad una carriera accademica brillante, culminata con un dottorato in Francia, all’Université Paris 13. Ma l’aritmetica delle equazioni non gli bastava: tornato in patria, si è messo al servizio della società, fondando la “Scuola Normale Superioare” di Bucarest e diventando una voce critica contro la corruzione e l’urbanizzazione selvaggia della capitale.
Nel 2016 ha fondato l’Unione Salvate la Romania (USR), una formazione nata dal basso, con l’ambizione di restituire trasparenza e moralità alla politica. Ma il percorso non è stato lineare: nel 2017 si è dimesso da leader del partito, in dissenso con l’orientamento progressista su temi etici. Durante il dibattito sul referendum per la definizione costituzionale della famiglia, scelse una via di mediazione: “È una questione di onore”, dichiarò allora. “Ho promesso che nell’USR ci sarebbe stato spazio sia per i conservatori che per i progressisti.” Una posizione che gli valse critiche da entrambe le parti, ma che rivelava la sua volontà di preservare un equilibrio in un paese polarizzato.
Tuttavia, Dan – sposato e parte di una famiglia tradizionale – non poteva tradire se stesso e i suoi valori per appoggiare idee che, a suo avviso, la società rumena non era e non è ancora pronta ad accogliere per semplice capriccio di chi vuole distrarre gli elettori dai veri problemi del paese. Cristiano ortodosso praticante, ha sempre distinto la fede personale dall’arena pubblica: “Non si deve fare uso della figura di Dio o della Chiesa nella battaglia politica”, ha più volte ribadito. Le sue priorità? Istruzione, sanità, giustizia sociale, lotta alla corruzione. Ed è proprio su queste battaglie che ha costruito la sua ascesa, culminata con l’elezione a sindaco generale di Bucarest nel 2020, sostenuto da un elettorato moderato.
Ora, nel 2025, si ritrova finalista alle presidenziali, forte di un consenso trasversale, ma minacciato dall’avanzata di George Simion, il suo oppositore politico.
George Simion: il tribuno del popolo è nato a Focșani nel 1986 e rappresenta la Romania della memoria e dell’identità. Laureato in economia aziendale a Bucarest, con un master in storia a Iași sui crimini del comunismo. Ha iniziato il suo percorso come attivista civico e per anni è stato il volto delle manifestazioni contro progetti minerari controversi e promotore dell’unificazione con la Moldavia: un sogno che intreccia orgoglio nazionale e nostalgia storica.
Nel 2019 ha fondato l’Alleanza per l’Unione dei Romeni (AUR), un partito che ha rapidamente scalato le urne grazie a un messaggio semplice e diretto: patria, fede, famiglia. Critico verso l’establishment e alcune politiche europee, Simion si è sempre dichiarato favorevole alla permanenza della Romania nell’UE e nella NATO, pur reclamando maggiore rispetto per le aspirazioni del popolo rumeno e meno condizionamenti da Bruxelles.
Con uno stile comunicativo diretto, spesso provocatorio, ha saputo conquistare l’elettorato giovanile, e non, in patria e nella diaspora, sfruttando i social media – TikTok su tutti – per costruire una comunità identitaria che si riconosce nella sua narrazione di una “Romania tradita” da “riconquistare”. E, per molti versi, le politiche della coalizione di governo (PSD-PNL-UDMR) non hanno fatto altro che alimentare il suo messaggio, adottando misure spesso contrarie alla volontà popolare.
Due percorsi e un destino politico che li unisce nel ballottaggio di domani, domenica 18 maggio 2025, uno scontro tra due candidati che, tutto sommato, rappresentano visioni e aspirazioni non così distanti tra gli elettori che li sostengono.
Con piccole differenze: da una parte Nicușor Dan, riformatore, che punta su istituzioni trasparenti, investimenti in educazione e giustizia sociale; dall’altra George Simion, il tribuno del popolo, che invoca una Romania più rispettata e ascoltata dai partner europei. Entrambi, però, radicati nei valori della famiglia tradizionale e della fede cristiana ortodossa, pronti a sfidarsi per costruire un nuovo rapporto con le élite internazionali e con i paesi dell’Unione Europea.
La sfida si gioca soprattutto sul terreno simbolico: il matematico e l’attivista, la logica e l’emozione, l’equilibrio e la rivolta contro politiche che si vogliono imposte da chi vede il popolo rumeno non meritevole come un partner da trattare alla pari.
La Romania, ancora una volta, si trova sospesa tra due anime. E la domanda che aleggia, nel silenzio teso della vigilia è semplice: chi sceglierà il popolo rumeno per farsi rappresentare?
da Bucarest Florentina Miniosu
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