Il legame tra Manziana e il mondo del cinema è antico, profondo e sorprendentemente attuale. Il piccolo centro alle porte di Roma, circondato da boschi rigogliosi e paesaggi suggestivi, ha saputo conquistare l’attenzione di registi e produttori fin dagli anni ’50, diventando una vera e propria location cinematografica a cielo aperto.
Manziana ha ospitato numerose pellicole, in particolare durante la grande stagione del western all’italiana, tra le quali spicca senza dubbio Django (1966), il celebre film diretto da Sergio Corbucci. Alcune scene furono girate nella suggestiva area della Caldara, che con le sue sorgenti sulfuree e il terreno brullo, offriva uno scenario perfetto per le tensioni drammatiche e le ambientazioni cupe del film. Durante un’intervista rilasciata in occasione della presentazione del remake Django Unchained di Quentin Tarantino, Nori Corbucci, vedova del regista, ha ricordato con affetto quei giorni sul set manzianese:“Gli scenari per i western erano ideali e, soprattutto, a due passi da Roma. La mattina ci alzavamo all’alba e dalla capitale partivamo per Manziana, la troupe ci aspettava lì. Quel periodo è stato meraviglioso.”E ancora, ha sottolineato lo spirito accogliente della comunità:“L’accoglienza della gente era fantastica, mi stupivo sempre dell’entusiasmo: regista e troupe erano trattati come il re e la sua corte. C’era chi portava il pane fatto in casa, chi la frutta, cibo caldo, i prodotti del posto, ti invitavano a prendere un caffè. Nelle pause andavamo a caccia di trattorie per mangiare insieme come una grande famiglia. Eravamo amici di tutti, degli attori, del direttore della fotografia. Le comparse erano persone della strada e gli attori venivano da una gavetta vera.”
Infatti, a rendere ancora più speciale questo legame con la cinematografia, è stata la partecipazione attiva della comunità locale. Negli anni, intere generazioni di manzianesi hanno fatto da comparse, prestato cavalli, carrozze, attrezzi di scena, vivendo il cinema non come qualcosa di distante, ma come una presenza viva, concreta, quotidiana.
E poi non furono solo i western a scegliere Manziana. La varietà paesaggistica ha permesso alla zona di prestarsi a generi molto diversi: basti pensare al celebre”Il Marchese del Grillo” (1981) di Mario Monicelli, con Alberto Sordi, che ha utilizzato il Casale delle Pietrische come una delle sue location, aggiungendo un tocco di autenticità storica alle scene girate. Oppure “Pinocchio” (2002) di Roberto Benigni che ha visto la costruzione della tomba della Fata Turchina all’interno del bosco di Manziana, dimostrando ancora una volta la versatilità del territorio nel rappresentare mondi fiabeschi e surreali. O ancora, il recente film “La seconda via”, che ha trasformato la Solfatara in una gelida tundra per raccontare il drammatico rientro degli alpini dalla campagna di Russia.
Un territorio camaleontico che ha saputo adattarsi alle esigenze di ogni produzione, senza mai perdere la propria identità.
Oggi, questa lunga storia si prepara ad accogliere un nuovo entusiasmante capitolo. Con l’arrivo della primavera, il territorio manzianese è di nuovo al centro dell’interesse di importanti produzioni cinematografiche internazionali. Un’occasione straordinaria, non solo per rafforzare l’identità culturale del paese, ma anche per valorizzare le sue bellezze naturali e storiche, contribuendo a promuovere il turismo e l’economia locale.
Il cinema, a Manziana, non è mai stato solo spettacolo: è memoria, è comunità, è occasione di crescita. E oggi, come ieri, continua a scrivere una storia che merita di essere raccontata.