(Nota del redattore: Pier Paolo Pasolini (1922-1975), poeta, scrittore, regista, attore e drammaturgo fu tra i maggiori intellettuali italiani del ‘900. Egli aveva già piena consapevolezza, negli anni Sessanta, dell’arrivo di una precarietà crescente che ravvedeva nell’assenza di un ruolo del poeta, ormai privato della tranquillità necessaria allo scrivere e nella povertà in crescendo. Ecco come esprimeva il suo spaesamento di fronte alla decadenza che lui vedeva avanzare).
Se torna il sole, se discende la sera
Se torna il sole, se discende la sera,
se la notte ha un sapore di notti future,
se un pomeriggio di pioggia sembra tornare
da tempi troppo amati e mai avuti del tutto,
io non sono più felice,
né di goderne né di soffrirne:
non sento più, davanti a me, tutta la vita.
Per essere poeti, bisogna avere molto tempo:
ore e ore di solitudine sono il solo modo
perché si formi qualcosa,
che è forza, abbandono,
vizio, libertà, per dare stile al caos.
Io tempo ormai ne ho poco:
per colpa della morte
che viene avanti, al tramonto della gioventù.
Ma per colpa anche di questo nostro mondo umano,
che ai poveri toglie il pane,
ai poeti la pace.
Pier Paolo Pasolini


