12 Dicembre, 2024
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L’organismo congressuale forense sul divieto di pubblicazione dell’ordinanza custodiale, in difesa della presunzione di innocenza

“Il divieto di pubblicazione del testo, integrale o per estratto, delle ordinanze di custodia cautelare, introdotto con l’emendamento “Costa” alla Legge di delegazione, non soltanto costituisce norma di civiltà volta a impedire che l’ipotesi accusatoria – fondata su elementi di prova, spesso intercettazioni, selezionati in assenza di contraddittorio con la difesa  – sia data in pasto all’opinione pubblica come se fosse una verità accertata, ma pone fine alla sistematica elusione delle disposizioni del Dlgs n° 188/2021 e rappresenta un ulteriore passo verso l’integrale recepimento, con aberrante ritardo di oltre sette anni, della direttiva UE 2016/343, adottata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio Europeo il 9 marzo 2016 sul rafforzamento della presunzione di innocenza”. E’ quanto afferma in una nota l’Organismo Congressuale Forense.

“E’ paradossale che da più parti si sostenga che la pubblicazione del testo integrale delle ordinanze custodiali garantirebbe il controllo dell’opinione pubblica sui provvedimenti restrittivi della libertà personale”, spiegano dall’OCF, “La pubblicità della amministrazione della giustizia è un valore fondante della nostra democrazia, ma la stessa non è di certo garantita dalla trasposizione del processo dalle aule di giustizia al circuito mediatico, né dalla idea malsana che questioni giuridiche debbano essere sottoposte alle semplificazioni e spettacolarizzazioni che governano il processo mediatico. In definitiva, ciò che costituisce la patologia, ossia la celebrazione dei processi su circuiti mediatici prima ancora che nelle aule di giustizia, viene da più parti incredibilmente esaltato quale strumento idoneo a garantire i diritti dell’indagato. L’esperienza degli ultimi decenni ci consegna una realtà contraria, ossia la distruzione della reputazione di cittadini che successivamente, a quel punto troppo tardi, sono riconosciuti innocenti. Il tutto, spesso, avviene anche attraverso la pubblicazione integrale di intercettazioni e prove contenute nelle ordinanze custodiali, poi venute meno a seguito di contraddittorio tra accusa e difesa. Il tentativo di alcuni esponenti della magistratura di attribuire all’avvocatura la divulgazione delle ordinanze custodiali agli organi di stampa è inammissibile, inconferente oltre a essere smentito dall’esperienza quotidiana di articoli di stampa confezionati in concomitanza con l’esecuzione delle misure adottate e, quindi, ben prima che gli indagati e i loro difensori siano entrati in possesso di copia dei provvedimenti cautelari. Ciò ha l’ingiusto effetto di delegittimare la funzione difensiva e distogliere l’opinione pubblica dal decennale binomio tra gli organi inquirenti e la stampa, senza peraltro che tale argomento abbia minimamente la portata di giustificare la contrarietà alla modifica approvata dalla Camera dei Deputati”.

Secondo l’Organismo Congressuale Forense “va, poi, ribadito che la innovazione legislativa non vieta la divulgazione di notizie e la libertà di stampa, valore fondamentale di un ordinamento che sia liberale, ma elimina semplicemente quella che già era una eccezione rispetto al preesistente divieto di pubblicare integralmente atti di indagine. L’Organismo Congressuale Forense riafferma la necessità di dare piena attuazione al principio di rango costituzionale e sovranazionale della presunzione di innocenza”.

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