25 Aprile, 2024
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Alieno a chi? – Generazione lago

Intervista al botanico Stefano Valente, botanico, interprete della natura, specializzato in didattica della scienza, Università di Tor Vergata. E’ uno degli esperti del progetto “Alieno a chi?” del “Contratto di lago” del Parco Bracciano Martignano.

Alieni. Come “E.T.”, l’Extra-Terrestre, dimenticato sulla Terra da un’astronave di botanici di un altro pianeta. Come gli esemplari di quella razza ostile da trasportare sulla Terra in “Alien”. Come gli ibridi creati in laboratorio in “Avatar”. E invece no. Alieni come quegli organismi – piante, animali, funghi – trasferiti da un continente all’altro e capaci di sopravvivere e riprodursi. Anche dentro e intorno ai laghi di Bracciano e Martignano.

Chi sono gli alieni?
“‘Alieno’ è un temine che usiamo per spiegare l’estraneità di una specie in un ambiente diverso da quello originario, cioè del suo areale. Già Plinio indicava queste specie come ‘esotiche’. L’areale è lo spazio geografico in cui la specie svolge le sue interazioni con l’ambiente in maniera stabile (in relazione a fattori biotici e abiotici). Generalmente gli areali possiedono limiti legati a barriere geografiche o climatiche e al variare di queste naturalmente una specie può espandere o ridurre il suo areale. Le piante posseggono straordinari sistemi di dispersione come spore, frutti, semi, propaguli che possono essere trasportati da diversi vettori e in vari modi. Uno tra i più efficaci è sicuramente l’Uomo, che è in grado superare ostacoli geografici come gli oceani. Se quindi è l’Uomo a trasportare la pianta o una sua diaspora in un ambiente lontano dal suo areale originario in maniera intenzionale o accidentale, la specie diventa, per quella località, aliena”.

 Che cosa può succedere in questo caso?
“La differenza sostanziale tra specie native e aliene è che queste ultime, per definizione, non si sono evolute insieme alla comunità di specie animali e vegetali che fanno parte dell’ecosistema in cui sono state introdotte. Perciò la loro presenza può causare seri stravolgimenti in seno a queste comunità, in particolare se la specie è invasiva, aggettivo che si riferisce alla sua velocità di diffusione. Ovviamente non tutte le specie aliene, una volta introdotte, diventano invasive e causano problemi”.

 Un caso pacifico?
“L’Azolla filiculoides, una specie aliena ritenuta naturalizzata in gran parte delle regioni italiane. E’ una piccola felce acquatica galleggiante nativa delle aree subtropicali e temperato-calde del continente americano. Introdotta in Europa nel 1880, si è rapidamente diffusa a quasi tutto il territorio europeo, soprattutto attraverso il commercio di specie per acquari, ma anche trasportata dall’avifauna acquatica. La specie ha un suo potenziale economico perché è usata come fertilizzante e fitodepuratore nel trattamento delle acque reflue”.

Un caso pericoloso?
“L’Ailanthus altissima o Albero del Paradiso, nativa della Cina e del Vietnam del Nord. E’ una specie pioniera, arborea, che predilige aree con scarsa o nulla copertura vegetale, a rapida crescita, che può raggiungere 20-30 metri di altezza. Ailanthus altissima è un potente agente di biodeterioramento, i danni più gravi sono a carico di monumenti e siti archeologici, centri ed edifici storici che l’esotica colonizza. Può promuovere la presenza di alcuni insetti nocivi per le colture agrarie, causare allergie da polline e dermatiti da contatto. Può causare gravi alterazioni delle comunità vegetali con un grave impoverimento della flora nativa e alterazioni delle dinamiche della vegetazione, con impatti negativi sulla capacità di ripresa delle formazioni vegetali”.

 Un caso pericolosissimo?
“Le zone umide rappresentano uno degli habitat più minacciati dalle invasioni biologiche. Una specie relativamente nuova per il lago di Bracciano è la Ludwigia peploide, originaria del Sud e del Centro America. E’ una pianta acquatica anfibia, presenta cioè sia una forma acquatica sia una forma terrestre. Fu introdotta in Europa all’inizio del XIX secolo per le qualità ornamentali dei suoi bei grandi fiori gialli utilizzati per la decorazione di acquari e bacini d’acqua. La Ludwigia peploide è in grado di alterare in modo significativo gli ecosistemi in cui si insedia sia dal punto di vista ecologico sia strutturale. Grazie alla sua rapida crescita Ludwigia peploide è altamente competitiva e può coprire completamente uno specchio d’acqua calmo formando una fitta distesa erbacea quasi impenetrabile in superficie e in profondità. Dove è stata introdotta è diventata spesso dominante, soppiantando le piante native che sono chimicamente indebolite dalle sostanze allelopatiche che rilascia. Densi popolamenti provocano deossigenazione dell’acqua e riduzione del pH oltre che determinare danni a dighe e infrastrutture, incremento della proliferazione delle zanzare e aumento dei rischi di allagamento”.

Che fare?
“La prevenzione rappresenta certamente l’arma più efficace. E’ quindi di vitale importanza l’adozione di appropriate misure di monitoraggio allo scopo di registrare precocemente la comparsa di eventuali entità aliene. Inoltre la maggioranza delle piante più dannose viene ancora attivamente commercializzata, coltivata, diffusa e addirittura pubblicizzata in alcuni cataloghi di vivai. Il presupposto per una corretta gestione delle invasioni è la conoscenza delle specie presenti e l’individuazione di quelle che esercitano un impatto negativo. Un’iniziativa che prevede un’attiva collaborazione tra i cittadini, la comunità scientifica e le istituzioni e che si propone di coinvolgere direttamente i cittadini nello studio, nella gestione e nella conservazione della biodiversità è CSMON-LIFE (Citizen Science MONitoring), il primo progetto italiano di Citizen Science sulla biodiversità”.

a cura di Fernanda Pessolano / Ti con Zero

 

 

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