29 Marzo, 2024
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Il sogno a occhi aperti è un gemellaggio fra Bracciano e l’Egitto

Il Museo dell’Opera del Duomo di Bracciano ospiterà lo studio di una delle più grandi collezioni di manufatti preistorici egiziani attualmente presenti in Italia, in grado di dare nuova luce sull’Egitto prima dei faraoni. Questo grazie al progetto multidisciplinare “Prehistoric Egypt in Museum Collections”, finalizzato allo studio della collezione archeologica proveniente dagli scavi condotti agli inizi del Novecento nei siti predinastici (IV millennio a.C.) di Eliopoli, Hammamiya e Gebelein, nell’ambito della missione archeologica italiana, diretta da Ernesto Schiaparelli, primo direttore del Museo Egizio di Torino. Il progetto è coordinato dall’archeologo braccianese Giulio Lucarini che, dopo una lunga esperienza di ricerca all’università di Cambridge, è attualmente ricercatore dell’Istituto di scienze del patrimonio culturale del CNR e docente di preistoria e protostoria dell’università degli studi di Napoli “L’Orientale”. È stato lo stesso Giulio Lucarini a richiedere alla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Torino che la custodia temporanea della collezione venisse affidata al Museo dell’Opera del Duomo di Bracciano per il periodo necessario al suo studio.
Che tipo di lavoro verrà condotto sui reperti presenti a Bracciano?
«Nell’ambito del progetto saranno svolte analisi tecnologiche e funzionali che ci permetteranno di comprendere meglio come questi manufatti venivano realizzati e utilizzati. Queste indagini saranno condotte dal CNR ISPC, in collaborazione con il Museo Egizio di Torino, il CSIC (Spagna), l’università della Calabria e l’università di Tubinga (Germania)».
Esattamente quali tipologie di reperti verranno analizzate?
«Si tratta di strumenti in pietra scheggiata di raffinata manifattura come coltelli, punte di freccia, accette, elementi di falcetto… Sono poi presenti pietre da macina e tavolozze da cosmesi. Questi manufatti sono importantissimi perché, attraverso le indagini che condurremo, permetteranno di gettare nuova luce sulle attività quotidiane delle comunità che li hanno realizzati».
C’è la possibilità che, una volta terminato lo studio, i reperti vengano esposti a Bracciano?
«Al momento non ci sono programmi precisi in tal senso, ma – inutile nasconderlo – il mio sogno è quello di vedere almeno una parte dei reperti esposti a Bracciano, prima che questi facciano ritorno a Torino. Nel 2024 il Museo Egizio compirà 200 anni. Quale migliore occasione per un “gemellaggio” e una mostra sull’Egitto preistorico a Bracciano?».
Sarà possibile organizzare visite per le scuole?
«Il coinvolgimento del pubblico è una delle finalità cardine del progetto PrEMuC. Visite alla collezione e attività di storytelling permetteranno al pubblico, soprattutto a quello più giovane, di approfondire gli aspetti relativi agli sviluppi dell’Egitto preistorico, fondamentali per una migliore comprensione delle origini della civiltà faraonica».
Quanto dureranno i lavori e quando inizieranno precisamente?
«La convenzione appena stilata tra Museo dell’Opera del Duomo di Bracciano, SABAP-TO, CNR ISPC e Museo Egizio di Torino ha una durata triennale. In questo periodo contiamo di finalizzare i lavori che inizieranno a brevissimo. Sono stati infatti programmati tirocini didattici con l’università di Napoli “L’Orientale” e l’università Cattolica di Milano. Il primo gruppo di studenti che mi affiancherà nello studio della collezione arriverà tra poche settimane».
Quali sono le emozioni che suscita questo tipo di lavoro? Come ci si sente a essere il trait d’union di tanti luoghi prestigiosi, tra cui la sua terra di origine?
«È un onore coordinare questo progetto. Queste ricerche permetteranno di comprendere meglio una fase importantissima e poco conosciuta della storia egiziana, daranno ulteriore lustro al nostro Museo dell’Opera del Duomo e – lo confesso con una certa emozione – per la prima volta, permetteranno di veder insieme i miei due grandi amori, Bracciano e l’Egitto: sono certo che, da queste premesse, possa nascere qualcosa di meraviglioso».
Cinzia Orlandi

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