13 Ottobre, 2024
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“A Bergamo i medici di base sono ancora senza protezioni”. La lettera di una vedova

Alessandra Lombardo, che ha perso il marito ad aprile, scrive al dirigente della sanità bergamasca spiegando che “per tutto ottobre non hanno ricevuto i dispositivi di protezione” 

Gli errori “imputabili a una gestione a dir poco colpevole e scandalosa della Regione Lombardia” che hanno ucciso suo marito, medico di base, ad aprile, continuano a far ammalare, in alcuni casi con esito fatale, chi cura per primo i cittadini. Alessandra Lombardo, vedova di Gianbattista Perego, “medico di assistenza primaria a Treviolo (Bergamo) e aggiungo, non per vanto ma per stima che avevo nei suoi confronti e nella sua massima dedizione professionale, dermatologo, omeopata, agopuntore e profondo studioso”, scrive a Massimo Giupponi, direttore generale della Ats di Bergamo, una lettera pubblicata sulla pagina Facebook di Noi Denunceremo, da dove ogni giorno si leva il ‘coro’ dolente di chi ha perso un affetto per il Covid.

Gianbattista, morto senza protezioni

Gianbattista, è la testimonianza della donna, insegnante, “è deceduto il 23-04-2020, dopo 37 giorni di calvario, 150° medico di una triste lista di coloro che fino all’ultimo respiro hanno prestato assistenza, conforto e cura ai propri pazienti, pur nella totale mancanza di dispositivi di protezione adeguati. Ats di Bergamo, agli inizi del mese di marzo 2020, aveva dato in dotazione ad ogni medico di base del territorio, pochissime mascherine chirurgiche e una confezione di guanti monouso, non garantendo minimamente la sostituzione giornaliera dei Dpi indispensabili per effettuare in totale sicurezza, le visite ambulatoriali e domiciliari ai pazienti più bisognosi e gravi, nonostante le rassicurazioni di Regione Lombardia circa la fornitura dei Dpi stessi (prime indicazioni di Regione Lombardia giunte in Ats il 23-02-2020 registro ufficiale ATS.I.0020724 del 24-02-2020 ore 9.22). Ricordo la disperata ricerca di trovare Dpi idonei tramite amici e pazienti, lo smarrimento generale unito alla paura personale di un reale contagio, che si è rivelato per lui fatale”.

“A ottobre di  nuovo gli stessi errori”

“Purtroppo a distanza di mesi – constata – sono a conoscenza diretta di alcuni disservizi che permangono ancora sul territorio, sicuramente imputabili ad una gestione a dir poco scandalosa e colpevole della Regione Lombardia e pertanto mi rivolgo a lei, come Direttore Generale preposto alla gestione e alla responsabilità del funzionamento dell’apparato sanitario provinciale, insieme ai Direttori Sanitari. Mi risulta che ai medici di base, per l’intero mese di ottobre, non sono stati distribuiti Dpi e che solo nelle ultime 2 settimane, sono stati dati camici, mascherine chirurgiche, poche mascherine ffp2 ma non tute intere, non copricapo, nessuna mascherina ffp3 e nessun occhiale. Inoltre agli stessi è stata distribuita una fornitura irrisoria di vaccini anti-influenzali, anche senza aghi, insufficiente a garantire la richiesta di pazienti fragili e anziani”.

“Tamponi per tutti, non solo per le famiglie colpite come la mia”

La vedova porta anche l’esperienza della figlia che “circa un mese fa, ha aspettato invano una telefonata dal servizio preposto per poter effettuare un tampone, richiesto tempestivamente dal medico di base, tanto da essere costretta a chiamare dopo 12 giorni di attesa, la segreteria della Direzione Generale per avere chiarimenti, non essendo disponibile alcuna risposta chiamando il numero di telefono adibito al sevizio suddetto. Grazie alla disponibilità della sua segretaria, è stata sottoposta ad un tampone domiciliare, per altro non da me richiesto, che è risultato per fortuna negativo”.

“Dato che non sono avvezza a scorciatoie gratuite o favoritismi – spiega –  pur ringraziando infinitamente l’efficienza della sua segreteria, credo che i servizi e i relativi numeri di telefono dovrebbero sempre essere garantiti nelle fasce orarie stabilite, a tutti i cittadini e non solo a chi come la mia famiglia, è stata colpita così tragicamente. Non oso pensare che la celerità di un tampone, per di più a domicilio, sia dovuta alla mia situazione personale”.

La lettera si chiude con una speranza e una richiesta: “Spero lei possa trovare le giuste strategie di mediazione anche e soprattutto con coloro che hanno potere politico decisionale e determinante per il futuro della sanità lombarda, tanto decantata rispetto alle altre regioni italiane, ma ora specchio di un’incompetenza gestionale e di chiacchiere infruttuose che riflettono un sistema malato.  Avrei piacere d’incontrarla personalmente”.

(Agi)

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