19 Aprile, 2024
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Il ritorno dei giovani alle campagne fa l’agricoltura più green. E il sud è in prima fila

Secondo Coldiretti è in atto uno storico ritorno alla terra con oltre 56 mila under 35 anni alla guida di imprese agricole. Ma occorrono sempre più terreni disponibili

 

Braccia, e menti, restituite all’agricoltura. Dopo decenni di fuga dalle campagne, l’Italia segna una netta inversione di tendenza. Secondo una analisi di Coldiretti su dati Infocamere, infatti, è in atto uno storico ritorno alla terra con oltre 56 mila giovani sotto ai 35 anni alla guida di imprese agricole. Un primato non solo a livello italiano ma anche comunitario, con un aumento del +12% negli ultimi cinque anni, e che vede ai primi posti le regioni del Sud: la Sicilia con 6673 imprese agricole condotte da giovani, la Campania con 6.255 aziende attive e la Puglia con 5306. Ed è grazie anche e soprattutto a questa presenza se quella italiana si conferma anche l’agricoltura più green d’Europa con 299 specialità Dop/Igp/Stg riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, la leadership nel biologico con 72mila operatori, 40 mila aziende agricole impegnare nel custodire semi o piante a rischio di estinzione e il primato della sicurezza alimentare mondiale.

Le rilevazioni alla base dello studio si riferiscono al terzo trimestre 2019 e sono parte di un incoraggiante dato complessivo di oltre 548 mila aziende guidate da under 35 in tutti i comparti produttivi, dal commercio alla manifattura ai servizi. In questo contesto il settore agricolo vanta più del 10% dei giovani imprenditori e una ritrovata vitalità che lo ha trasformato e reso attuale: le aziende agricole “giovani” sono più grandi del 54% rispetto alla media, hanno un fatturato più elevato del 75% e il 50% di occupati per azienda in più.

Inoltre, sette su dieci operano in attività innovative e complesse come la trasformazione aziendale dei prodotti, la vendita diretta, le fattorie didattiche, gli agriasilo, il biologico.

E ancora attività ricreative e turismo sostenibile, recupero di specie animali e vegetali rare, pet therapy, agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, sistemazione di parchi, giardini, strade, agribenessere, cura del paesaggio e produzione di energie rinnovabili.

L’altra novità presentata dall’indagine è che il mestiere di agricoltore non è più, nella realtà e nell’immaginario collettivo, un lavoro disagevole e ripetitivo che si riceve in eredità come una condanna insieme alla terra. Accanto ai “figli d’arte” ci sono tanti neo imprenditori agricoli che arrivano da altri settori ed esperienze e hanno deciso di lasciare la città e scommettere sulla campagna portando in dote  la loro professionalità: la metà dei giovani imprenditori agricoli è laureata e il 57% ha fatto innovazione. E tra loro è alto quel tasso di FIL (felicità  interna lorda) che in Buthan preferiscono al conteggio del PIL. Il 74% è orgoglioso del lavoro che svolge e il 78% è più contento di prima. E le donne? Ci sono e non per fare le mogli: un’azienda su tre è “rosa”; la presenza femminile infatti, con il 32% sfiora un terzo del totale ed è in crescita costante dal 2015.

Anche grazie a tutto questo l’agricoltura è diventata sexy e invece di essere valutata come ultima spiaggia da chi non ha altri sbocchi è vista come un settore capace di offrire e creare opportunità di lavoro e di crescita professionale.

Sempre secondo lo studio Coldiretti/Ixé otto italiani su dieci  sarebbero contenti se il proprio figlio trovasse lavoro nell’agricoltura. E non a caso negli ultimi anni le scuole superiori di agraria hanno avuto un boom di iscritti. Secondo il ministero dell’Istruzione l’aumento nel quinquennio 2012-2018 è stato del 36%.

Per dare spazio e futuro a questa tendenza che, dopo gli ormai remoti anni del boom economico riporta l’attenzione al settore primario, occorrono però terreni disponibili. E non è così ovvio. Ogni anno le foreste nel vecchio Continente conquistano una superficie di 9500 chilometri quadrati, l’equivalente di 1 milione e duecentomila campi di calcio. E l’Italia, che all’inizio del secolo scorso era quasi spoglia, è uno dei Paesi che ha visto e vede crescere di più (1 milione di ettari in 30 anni, 800 metri quadrati al minuto) la propria superficie forestale che oggi copre il 36 per cento del totale. Basta osservare una qualsiasi vecchia foto degli Appennini negli Anni ’50 per vedere campi, terrazzamenti e coltivazioni là dove oggi ci sono fitte foreste. Una buona notizia per la coltre dell’ozono ma anche un problema perché la presenza umana è una garanzia contro frane, degrado del terreno e diffusione di piante infestanti.

Si moltiplicano così anche le iniziative pubbliche e private e i siti dedicati per mettere in contatto gli aspiranti agricoltori con chi la terra l’ha ma non la usa più, come la La Banca nazionale delle terre agricole che raccoglie e mette on line l’inventario completo dei terreni agricoli che si rendono disponibili per i più svariati motivi, raccogliendo, organizzando e dando pubblicità alle informazioni necessarie sulle loro caratteristiche e sulle modalità e condizioni di cessione e di acquisto.

(La Stampa)

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