28 Marzo, 2024
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Il Dpcm? A Roma è carta straccia. Così i minimarket beffano Conte

Nei quartieri della movida romana gli assembramenti continuano nonostante le restrizioni introdotte dal nuovo Dpcm. I minimarket vendono alcolici fino a tarda notte in barba alle regole: “Qui si può comprare birra a qualsiasi ora”

 

Sabato sera, Trastevere. Nel quartiere della movida romana per antonomasia regna un’atmosfera surreale. In tv si parla ancora di giri di vite e coprifuoco.

 

I proprietari dei locali sono obbligati ad abbassare la serranda non un minuto dopo la mezzanotte, ma già dalle 22 scatta il divieto di vendere alcolici da asporto.

Eppure in tanti continuano a sorseggiare birre e superalcolici agli angoli delle strade o davanti agli esercizi di vicinato. Un gruppo di adolescenti ci viene incontro a passo svelto. “Dove state andando?”. “A prendere qualcosa da bere, lì dal bengalese”, risponde uno di loro indicando un minimarket con la saracinesca semi-abbassata. Nonostante sia passata la mezzanotte, il proprietario sta continuando a smerciare bevande alcoliche ai clienti, quasi tutti giovanissimi. Il meccanismo è semplice. L’uomo si piazza davanti alla serranda abbassata e fa scivolare uno ad uno gli acquirenti all’interno del negozio. Ma le tecniche sono varie. Un suo collega, qualche isolato più avanti, preleva i contanti all’esterno dell’attività e poi riemerge con alcune bottiglie. Le infila subito sotto la giacca di una ragazza che si allontana furtivamente.

“È il posto migliore dove comprare alcolici, li vendono a qualsiasi ora del giorno e della notte, almeno così possiamo stare un po’ brilli”, ci dice un ragazzino. Qualcun altro protesta: “Non capisco perché pub e locali chiudano a mezzanotte, tanto l’alcol ce lo procuriamo lo stesso nei minimarket e per giunta senza scontrino, almeno gli altri pagano le tasse”. Anche noi riusciamo facilmente ad acquistare qualcosa da bere. È ormai l’una di notte e l’esercente straniero al quale ci rivolgiamo è ancora in piena attività. “Due birre?”. “Ok, ma metti nella busta e vai lontano, non qua per favore”. Lo scorso venerdì sera la Polizia Locale ha sanzionato una decina di bazar proprio perché i titolari sono stati sorpresi a vendere bevande alcoliche fuori dall’orario consentito.

Ma le multe non bastano a scoraggiarli. E infatti il giorno successivo le vendite irregolari sono andate avanti come se nulla fosse. Solo nella serata di sabato sono state più di venti le contestazioni elevate per la vendita di bevande alcoliche fuori dall’orario previsto, soprattutto da parte dei minimarket , e per il consumo di alcolici nelle strade in barba alle nuove regole. È una goccia nell’oceano. “Sono anni che questo genere di attività sfugge al controllo dell’amministrazione capitolina”, si sfoga ai nostri microfoni un esercente del rione Monti. Sugli effetti del giro di vite è abbastanza scettico: “Non mi pare sia cambiato granchè con il nuovo Dpcm, multe o chiusure non li spaventavano prima, perchè dovrebberlo farlo proprio adesso?”. Non è il solo.

“Non sono affatto stupita, anche in questo caso vale la logica dei due pesi e due misure”, ragiona Roberta Pepi, ristoratrice del centro storico e segretario nazionale di MIO Italia (Movimento Imprese Ospitalità). “I nostri locali – incalza – sono sicuri, facciamo rispettare ai clienti l’obbligo di mascherina, l’igiene delle mani e il distanziamento sociale, per loro invece non esistono regole, il rischio è che il dpcm serva a penalizzare soltanto chi rispetta la legge”. “La movida sfrenata non si contrasta con la chiusura anticipata dei pubblici esercizi, le norme ci sono già, basterebbe solo che venissero fatti maggiori controlli”, attacca anche Claudio Pica, presidente della Fiepet-Confesercenti di Roma e Lazio.

L’associazione stima che il nuovo Dpcm possa generare fino a 300 milioni di euro di mancati incassi fino al 31 dicembre e la perdita di 70mila posti di lavoro per le imprese del settore. “Sono quattro anni che portiamo all’attenzione delle istituzioni questa problematica: i minimarket ci fanno concorrenza sleale, vendono alcolici con l’Iva al 4 per cento, anziché al 22 – dice al Giornale.it – e anche se ricevono sanzioni riescono ad evaderle perché cambiano in continuazione ragione sociale”. “La nostra proposta – conclude – è quella di imporre misure più severe: dopo la prima multa non pagata devono chiudere il locale”.

(Il Giornale)

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