29 Marzo, 2024
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Roma, Covid e prostituzione: una notte sulla Colombo. “I clienti non hanno paura”

Tanto gel, poche mascherine. E il rischio del contagio, per le ragazze, aumenta nell’abitacolo dell’auto, dopo l’aggancio.

Non solo per la prossimità fisica. Quasi sempre è il cliente, con la sua capacità economica, a dettare le regole del rapporto.

“C’è – raccontano gli operatori delle unità di strada impegnati nella riduzione del danno e nel contrasto alla tratta delle schiave del sesso – chi comunque chiede prestazioni non protette”. Dopo la fine del lockdown, l’offerta, lungo le strade di Roma, è tornata quella di sempre.

È la domanda ad essersi abbassata. I giovanissimi e gli over 65, consapevoli dei rischi legati alla pandemia, restano a casa. Ad avventurarsi lungo i viali del sesso a pagamento sono i clienti abituali. Come il 40enne sorpreso dagli agenti del commissariato Colombo, diretti dal vice questore Isea Ambroselli, a consumare un rapporto in una piazzola all’altezza di via Pincherle.

Pochi minuti prima Crina, una 25enne romena, da quattro anni in Italia, era stata identificata alla fermata del 170. Scattano le multe: 400 euro per il cliente e, come previsto dal regolamento comunale di polizia urbana, 250 euro per la ragazza, con l’ordine di allontanamento del questore. Chi viene individuato nello stesso luogo nelle 48 ore successive, incappa in un’ulteriore multa da 200 euro. Gli agenti controllano la Colombo, viale Marconi, largo Bortolotti dove esercitano le trans. Solo la scorsa settimana hanno controllato 20 prostitute, sei sono state multate. “Io cerco di proteggermi – dice Crina – ma ho due figli di otto e nove anni da mantenere in Romania. Il padre è sparito”.

Una vicenda simile a quella di Andrea, 25 anni anche lei: a mezzanotte se ne sta seduta, stretta in un paio di leggins neri, sotto la pensilina dell’Atac in via Cristoforo Colombo, all’angolo con via Aristide Leonori in attesa che qualcuno si fermi. Stavolta è la polizia. Gli agenti la riconoscono dalle scarpe con la zeppa e il tacco alto 15 centimetri. Andrea oggi non ha la mascherina con sé e incassa una multa da 400 euro.

“Non ho paura del virus – dice la 25enne in un italiano impeccabile, alludendo alla vasta gamma di malattie sessualmente trasmissibili alle quali è esposta – qualche cliente però dice di si e mette la mascherina durante il rapporto”. Si tratta di un’esigua minoranza.

“Faccio questo lavoro da tre anni – sospira – quando sono arrivata in Italia ho lavorato due anni in una pizzeria al taglio, a Bologna. Guadagnavo 800 euro al mese, troppo poco”.

Andrea è bella e fragile. “Un giorno una mia amica mi ha parlato di questo lavoro, ho voluto provare. Vengo da un piccolo paese nel nord della Romania – racconta – mio padre fa il contadino. Io ho fatto il liceo, avrei voluto studiare Economia all’università, ma non avevo soldi. Ho un figlio di cinque anni a casa, voglio che abbia tutto quello che è mancato a me”.

Compreso il diritto allo studio. “Adesso mi piacerebbe iscrivermi all’università qui a Roma – ragiona – magari ci riesco”. Le auto sfrecciano sull’asfalto bagnato. Andrea recupera le scarpe da ginnastica che ha nascosto dietro la recinzione del parco in via Leonori, alle sue spalle. Prima di allontanarsi ricorda i mesi difficili del confinamento: “Ho speso tutti i soldi che avevo risparmiato – rileva – prima guadagnavo anche 3mila euro al mese e riuscivo a mandare a casa 500 euro. Ne pago altrettanti d’affitto, con il resto ci vivo”.

Le ragazze romene che esercitano in quel quadrante non sono completamente schiave, a differenza delle nigeriane: riescono a tenere per loro il 40 per cento dei guadagni.

“Dopo l’estate il lavoro è diminuito – ripete Andrea – oggi ho fatto solo un cliente”. Trenta euro per una prestazione da 15 minuti. Nessuna chiacchiera preliminare: il timore del contagio abbatte i tempi di interazione.

E sei i residenti di viale Marconi ringraziano gli agenti del commissariato Colombo “per quanto ci stiate mettendo il cuore nel restituirci la fruibilità del quartiere”, Ambroselli ricorda che “la stretta che stiamo imprimendo sul fenomeno mira a restituire decoro e tranquillità ai cittadini, ma è anche una mano tesa alle ragazze che hanno bisogno del nostro aiuto”.

(La Repubblica)

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