29 Marzo, 2024
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Servono “misure restrittive”, l’appello inascoltato degli esperti per la zona rossa ad Alzano e Nembro

Il verbale che balla.

O anche, la richiesta inascoltata. Forse, nel film della strage bergamasca di Covid-19, lo ricorderemo così. Perché se la richiesta del Comitato tecnico scientifico di istituire la zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro fosse stata presa in considerazione da chi di dovere, Roma, le cose, e la conta dei morti, sarebbero andate diversamente.

È il 3 marzo. L’epidemia di coronovirus è già esplosa in Lombardia con tutta la sua violenza. Il Cts si riunisce e in un verbale dà conto di quanto accade in quella riunione, con tanto di dettagli e contatti tra le istituzioni che compongono la catena di comando nella gestione dell’emergenza Covid.
Si legge. “Nel tardo pomeriggio sono giunti all’Istituto Superiore di Sanità i dati relativi ai Comuni di Alzano Lombardo e Nembro. Al proposito è stato sentito per via telefonica l’assessore Gallera e il direttore generale Cajazzo che confermano i dati relativi all’aumento. I due comuni si trovano in stretta prossimità di Bergamo e hanno una popolazione rispettivamente di 13.639 e 11.522 abitanti. Ciascuno dei due paesi ha fatto registrare attualmente oltre 20 casi, con molte probabilità ascrivibili a un’unica catena di trasmissione. Ne risulta pertanto che l’R0 (cioè l’indice di contagio, ndr) è sicuramente superiore a 1, il che costituisce un indicatore di alto rischio di ulteriore diffusione del contagio. In merito il Comitato propone di adottare le opportune misure restrittive già adottate nei Comuni della zona rossa al fine di limitare la diffusione dell’infezione nelle aree contigue. Questo criterio oggettivo potrà, in futuro, essere applicato in contesti analoghi”.

Insomma, nero su bianco il Cts chiede al governo rigide misure, ad hoc, per una delle zone più martoriate d’Italia dal virus che colpisce i polmoni.

Quella Valle Seriana bergamasca che del Covid diventerà l’epicentro e una specie di lazzaretto.

Ma l’appello non viene raccolto dall’esecutivo nazionale, che poi, come rivendicato piu volte dal premier Conte, opta per una soluzione diversa.

Cinturare l’intera Lombardia. Con una zona arancione che poi diventerà, insieme al resto d’Italia, rossa. Come ricostruito da “Repubblica” nell’inchiesta Longform “L’Ora zero”, il 5 marzo in provincia di Bergamo arrivano 370 componenti delle forze dell’ordine tra poliziotti, carabinieri e finanzieri per l’eventuale chiusura, che sembrava ormai cosa fatta, di Nembro e Alzano. Chiusura che però non scatterà mai. L’invio delle forze dell’ordine era stato stabilito in seguito ai confronti tra Regione, Iss, comitato tecnico scientifico e governo.

Il comitato delle vittime: “Desecretate tutti gli atti”

“Noi pretendiamo che vengano desecretati tutti i documenti ed i verbali a decorrere dal 22 gennaio e sino al 3 marzo”, si legge in una nota il Comitato delle vittime, “perché solo attraverso l’analisi degli elementi che emergeranno indefettibilmente dai verbali del Cts di quei giorni, la gente, quella gente apostrofata come “quelli lì che continuano ad uscire”, potrà darsi una spiegazione dell’immagine sacrificio di vite umane”. Il Comitato aggiunge: “Solo attraverso quei verbali potrà emergere quale e a chi attribuire la responsabilità delle omissioni che hanno portato a una strage annunciata e riteniamo, consapevole da chi detiene il potere. Solo con la desecretazione di tutti questi documenti il governo potrà dare prova della volontà di fare chiarezza sui fatti occorsi e dimostrerà di avere rispetto delle persone”.

Secondo il presidente dell’Ordine dei Medici di Bergamo, Guido Marinoni, “era necessario chiudere Nembro e Alzano, andava bene farlo anche a marzo, si sarebbero salvate molte vite”. “Già il 6 aprile noi scrivemmo una lettera alla Regione – dice il medico – in cui sottolineavano che era stato un grave errore. In quei giorni ad Alzano e Nembro e Albino, il mio paese, c’era già la percezione che lì stesse succedendo tutto e fuori ancora poco. Poi si è scoperto che in quella zona era in azione il ceppo più virulento, se si fosse chiuso si sarebbe evitato di esportare quel tipo di infezione e di andamento epidemiologico. Quantificare cosa non sarebbe successo è difficile anche sulla stessa realtà bergamascA. Teniamo conto che a Bergamo c’è il 20 per cento di positività, in Valle Seriana il 40%. Se si fosse chiuso avremmo potuto evitare tanti morti in questa zona così colpita”.

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(La Repubblica)

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