10 Dicembre, 2025
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Dl elezioni, pasticcio al Senato. Tutto da rifare: domani ci sarà un nuovo voto di fiducia

Tutto da rifare. Il voto di fiducia al Senato sul dl elezioni è stato annullato a causa della mancanza del numero legale dei presenti in Aula.

Lo si apprende dai gruppi parlamentari di maggioranza e opposizione che hanno già allertato i loro senatori. Oggi erano presenti in Aula 149 parlamentari, ma l’asticella del numero legale sembra essere quella di 150 presenze. E su questo la presidenza di Palazzo Madama ha fatto le verifiche riscontrando un errore nel computo dei congedi. Un errore definito tecnico che comporterà una nuova votazione domani mattina alle 9.30. Un precedente simile risale ad una seduta del 1989.

Le opposizioni, sin dal momento successivo al voto, hanno lamentato dubbi sulla presenza del numero legale nel voto di fiducia, con cui il Senato ha licenziato in via definitiva il decreto elezioni con 145 sì e 2 voti contrari, quelli dei senatori Emma Bonino e Matteo Richetti. I presenti sono risultati 149, i votanti 147. Ma dopo alcune verifiche, è risultato un errore sul numero legale, che non era pari a 149 bensì a 150. Dunque, la votazione è nulla, e deve essere rieffettuata.

L’Aula del Senato si era espressa con 145 i voti favorevoli, due contrari. Presenti in aula in 149, votanti 147.

L’opposizione non ha partecipato al voto ma prima in aula era scoppiata la bagarre con la maggioranza salva per soli due voti. Una mattinata di proteste e polemiche a Palazzo Madama, dove gli esponenti dei partiti di centrodestra e di centrosinistra erano impegnati nella discussione del decreto elezioni. Un provvedimento (già approvato dalla Camera) sul quale, al termine della discussione generale, il governo intendeva porre la fiducia, come già vociferato da giorni. Ma il sottosegretario dell’Interno, Achille Variati, al termine del suo intervento – in cui ha ribadito che ci sarà “a brevisismo la decisione sull’election day – non ha posto la questione di fiducia.

Cosa c’è nel Dl.

Le disposizioni sono volte a posticipare i termini ordinari per lo svolgimento delle elezioni 2020, ed estendere l’applicazione del principio dell’accorpamento delle consultazioni ai fini dello svolgimento del referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari. Ed infine, ridurre il numero minimo di sottoscrizioni richieste per la presentazione di liste e candidature nelle elezioni comunali o regionali (salva diversa determinazione della regione interessata) dell’anno 2020. Si voterà sia la domenica che il lunedì.

Una disattenzione, quasi un’ingenuità, di cui ha immediatamente approfittato il senatore della Lega Roberto Calderoli, esperto di regolamenti parlamentari e dunque pronto a cogliere al volo l’occasione offerta da Variati. Avendo notato l’assenza di molti senatori dei partiti di maggioranza, usciti dall’Aula durante la discussione del decreto, Calderoli ha proposto all’Aula di non procedere all’esame dei singoli articoli del provvedimento, ma di proseguire direttamente con il voto finale. In questa maniera si sarebbe negata al governo la possibilità di porre la questione di fiducia.

La presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha quindi proceduto con la votazione nominale per alzata di mano e, in prima istanza, la proposta del leghista è stata approvata. Immediate le proteste della maggioranza, che ha cercato di correre ai ripari chiedendo una nuova votazione. Cori da stadio e insulti tra esponenti dei partiti di centrodestra e centrosinistra al grido di “onestà, onestà”.

L’intervento di Casellati ha placato le proteste e si è proceduto con la seconda votazione, questa volta elettronica. Un voto che ha rischiato di far cadere la maggioranza, al punto che i senatori che erano usciti dall’Aula sono rientrati di corsa. La proposta di Calderoli è stata a questo punto respinta, ma per soli due voti (104 contro 102).

Dopo il risultato, le proteste dell’opposizione si sono fatte più insistenti. “Chiedo alla presidente Casellati di verificare, tramite le telecamere, le presenza dei senatori in Aula”, ha invocato la vicecapogruppo di Forza Italia a Palazzo Madama, Licia Ronzulli.

Le immagini delle telecamere

Un appello raccolto da Casellati: “Siccome uno dei miei compiti è quello di garantire la buona amministrazione di questo Senato e cioè un Senato che non deve avere né ombre né sospetti, sospendo la seduta in vista della verifica della chiusura delle porte nelle tribune”, ha detto la presidente. La seduta è stata sospesa per oltre un’ora e dopo la verifica Casellati ha annunciato: “Nessun senatore è entrato in Aula dopo la chiusura delle porte per la seconda votazione”.

(La Repubblica)

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Il voto sulla fiducia al Senato è nullo: mancava il numero legale. Tutto da rifare. L’Aula è già convocata per la mattina alle 9,30. Nell’ultimo giorno utile prima della decadenza del decreto Elezioni per mancata conversione in legge, il voto sulla fiducia posta dal governo deve essere ripetuto. E se tutto non dovesse filare liscio, il decreto che fissa l’election day a settembre, accorpando elezioni comunali, regionali e suppletive al referendum sul taglio degli eletti, diventerebbe carta straccia.

Al termine di una giornata convulsa, con il governo che al Senato si salva per soli due voti, arriva come un fulmine a ciel sereno la notizia che il numero legale nel voto di fiducia non c’era e, quindi, il voto non è valido. Già subito dopo l’esito della votazione le opposizioni, che non hanno partecipato alla fiducia, disertando l’Aula, hanno sollevato dubbi sulla validità del voto stesso.

Un incidente che non avveniva dall’89

Poi, in serata, dopo una accurata verifica, la notizia diventa ufficiale: il numero legale non era a 149, come erroneamente valutato, ma 150. L’errore sarebbe dovuto, spiegano fonti di palazzo Madama, a un errato calcolo dei senatori in congedo. Un incidente che, viene spiegato, non si verificava “da una trentina d’anni”, sembra che l’ultimo precedente risalga a “una seduta dell’Aula di palazzo Madama del 1989”.

Come ormai accade sempre più di frequente, l’Aula di uno dei due rami del Parlamento si trasforma in una ‘bolgia’, con proteste, cori e accuse reciproche tra maggioranza e opposizioni. Oggi è toccato all’Assemblea del Senato fare da palcoscenico allo scontro. A far deflagrare la situazione è la proposta di Roberto Calderoli che, da fine conoscitore dei regolamenti e dotato di ‘buon fiuto’ su possibili incidenti in Aula, approfitta di un ‘vuoto temporale’ e di un emiciclo non certo affollato e avanza la proposta di votare per alzata di mano sulla richiesta di non procedere all’esame degli articoli del decreto, così da cestinare di fatto il provvedimento. Si procede al voto e nella confusione più totale – nella maggioranza effettivamente si teme il trabocchetto – la presidente Casellati dichiara che “la proposta è accolta”. Scoppia la bagarre.

La maggioranza protesta e chiede la controprova del voto elettronico. Il che prevede che possano partecipare al voto solo i senatori presenti alla precedente votazione. Quindi Casellati chiede di chiudere le porte dell’Aula. L’esito del voto viene ribaltato: governo e maggioranza si salvano per soli due voti (inizialmente erano tre, ma dopo la verifica una senatrice M5s ammette di aver votato pur non potendo). Il centrodestra non ci sta e chiede la verifica video di quanto accaduto, sostenendo che alcuni senatori della maggioranza che erano fuori sono entrati a votare. Casellati, che non vuole “sospetti ne’ ombre”, affida ai Questori il compito di stabilire i fatti.

Troppe assenze in Aula

La verifica dà ragione alla maggioranza per due voti, ma nelle opposizioni resta il dubbio su quello che definiscono un “voto controverso”. Quanto accaduto oggi al Senato lascia strascichi nella maggioranza, dove alcuni senatori dem lamentano le “troppe assenze in Aula”. E c’è anche chi, tra le file dei giallorossi, osserva che “con questo clima con le opposizioni non si va avanti, rischiamo l’incidente al Senato”, visti i numeri ristretti.

Per Italia viva non c’e’ alcun dubbio:

il governo è salvo grazie ai loro voti. “Al Senato c’e’ stato un voto importante, la maggioranza ha tenuto per poco. Iv e’ stata decisiva per la tenuta del governo ma ovviamente questo ci preoccupa per il futuro”, afferma Maria Elena Boschi, convinta che “sicuramente dovremo trovare un modo diverso per gestire i lavori parlamentari, perché non si può rischiare ogni volta”. E Matteo Renzi rivendica: “In questo periodo il nostro mestiere è salvare il governo. Oggi al Senato hanno voluto fare la prova di forza e i numeri non c’erano. Dobbiamo chiedere al governo di stare piu’ attento alle procedure parlamentari ed essere piu’ concreto”.

(Agi)

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