26 Aprile, 2024
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Coronavirus, la mappa del contagio: Piemonte, Lombardia, Liguria e Trentino sono ancora nella Fase 1

Corriere della Sera 02/05/2020 – Le tre regioni e la provincia autonoma sono a rischio: i dati non ancora stabili. Lo studio della Fondazione Gimbe: «Ma in queste zone si concentra l’80% della popolazione che dal 4 maggio tornerà al lavoro»

In almeno tre regioni (più una provincia) i dati sulla diffusione del coronavirus dicono che è ancora in corso la fase 1; e che quindi, dopo il 4 maggio e con la riapertura di numerose attività, potrebbero ripiombare in una situazione altamente rischiosa. Lo sottolinea uno studio della Fondazione Gimbe, che da quando è scoppiata l’epidemia si è dedicata a un attento lavoro di analisi dei «numeri» sanitari. «Dei 4,5 milioni di persone che torneranno al lavoro — sottolinea il report di Gimbe — la maggior parte si concentra dove l’epidemia è meno sotto controllo». Le zone a rischio sono Piemonte, Lombardia, Liguria e la provincia autonoma di Trento.

Dati non stabili
Lo studio ha preso in esame l’andamento del coronavirus nella settimana tra il 22 e il 29 aprile. In particolare ne è merso che i casi totali in Italia sono cresciuti dell’8,7% e i decessi del 10,4% . Di segno opposto sono i ricoverati con sintomi (-19,3) e in terapia intensiva (addirittura -24,7%). Come interpretare queste cifre alla vigilia del primo passo verso la normalità? «A 4 giorni dall’avvio della fase 2 — afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe — il nostro monitoraggio indipendente documenta un ulteriore alleggerimento del carico degli ospedali e in particolare delle terapie intensive. Tuttavia, sul fronte di contagi e decessi, nonostante il progressivo rallentamento, il numero dei nuovi casi non ha raggiunto quella prolungata stabilizzazione propedeutica alla ripartenza secondo le raccomandazioni della Commissione Europea».

Italia a più velocità
La statistica fa emergere un’Italia a più velocità e dove la ripresa di attività economiche e contatti sociali potrebbe non rispecchiare il principio della massima prudenza raccomandato proprio dalla Ue: l’80% dei nuovi casi si concentra infatti in cinque regioni del nord che saranno prevedibilmente le stesse in cui la fase 2 metterà in movimento più persone. Lo studio di Gimbe ha di conseguenza lavorato su due indicatori: il numero di casi totali ogni 100.000 abitanti e l’incremento percentuale dei casi nell’ultima settimana.

Occhio al Nord (più le Marche)
La mappa che ne consegue mostra che quattro aree (Piemonte, Liguria, Lombardia e Trentino) non posso dirsi fuori dalla fase 12. In particolare gli incrementi di casi in Liguria (+14%) e Piemonte (+13,7) sono al di sopra della media nazionale (+8,7). Ad esclusione del Friuli Venezia Giulia tutte le altre regioni del Nord sono «suscettibili di aumenti». Sicilia e Lazio navigano in acque relativamente tranquille mentre in un quadrante verde, lontano da situazioni di rischio si collocano tutte le altre regioni del centro e del sud ad eccezione delle Marche. In definitiva, ne esce un quadro in cui al Nord ci sono troppi rischi e al Sud troppi limiti.

Aperture sul filo del rasoio
«Con questo quadro epidemiologico – puntualizza Cartabellotta – se dal 4 maggio alcune aree dovranno sottostare a restrizioni eccessive che favoriscono autonome fughe in avanti, come dimostra il caso Calabria, per altre la riapertura avverrà sul filo del rasoio perché dei 4,5 milioni di persone che torneranno al lavoro la maggior parte si concentra proprio nelle Regioni dove l’epidemia è meno sotto controllo. E, soprattutto, occorre essere consapevoli che l’eventuale risalita della curva dei contagi sarà visibile non prima di 2 settimane». «Come ogni decisione politica — conclude — il decreto sulla fase 2 rappresenta un inevitabile compromesso tra evidenze scientifiche ed interessi di altra natura. Con queste posizioni, modulare regole diverse secondo l’epidemiologia del contagio tra le varie Regioni avrebbe inevitabilmente fatto saltare il banco».

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