29 Marzo, 2024
spot_imgspot_img

Cinema da Camera 5. BURIED del 2010 di Rodrigo Cortès  

di Marco Feole

 

E’ possibile fare un film di ben 95 minuti, con un unico protagonista, chiuso in una bara tutto il tempo, e riuscire a tenere lo spettatore incollato senza farlo annoiare mai? Si! Tutto questo è Buried, film spagnolo di Rodrigo Cortès con Ryan Reynolds.

Siamo in Iraq, precisamente dove non si sa, ma questo lo scopriremo poi. Un uomo si risveglia all’interno di una bara di legno grezzo con mani legate e bavaglio alla bocca. Insieme a lui diversi oggetti, tra i quali un telefono cellulare, unico mezzo di comunicazione con l’esterno. Chi lo ha sepolto lì, vuole proprio questo, prima che finisca l’aria, il malcapitato deve comunicare con governo e ambasciata per convincerli a pagare un riscatto per la sua libertà.

Un thriller psicologico e claustrofobico che gioca tutto sulla violenza cerebrale. Fatto da stress martellante di un cellulare che a volte non prende, di call center incompetenti, assenza d’aria e quel senso di impotenza davanti all’imminente morte.

Un esordio alla regia di Cortès che personalmente non poteva scegliersi sceneggiatura peggiore per difficoltà, e lui nel corso del racconto non fa nulla per continuare almeno a rendersi la vita più semplice. Un film che vede un unico protagonista in scena praticamente quasi per tutto il tempo, tranne nel finale per pochi secondi. Una regia curata e attenta, per portare allo spettatore diversi momenti e sensazioni. Prima ansiosa, poi rilassante e poi di nuovo un’asfissia senza mai perdere la misura dello spazio. Quello spazio cosi ristretto e unico che Cortès riesce man mano che il tempo passa quasi a rendere ogni volta diverso.

Quelli che criticano il Cinema e sono sempre alla ricerca del plausibile totale si faranno un milione di domande, su quanto sia grande quella bara, su quanto possa durare quella batteria, ecc..

Personalmente lasciamo a loro quell’incapacità di capire e interpretare oltre quello che c’è davanti ad uno schermo, noi ci teniamo un’ora e mezza piena di sceneggiatura e invenzioni registiche visive, pronte a tenere alta la tensione di un film che prova anche a raccontare forse l’ennesima storia di un prigioniero senza colpa. Capo espiatorio di peccati non suoi.

Ultimi articoli