29 Marzo, 2024
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I 30 giorni del dolore

“Hai sentito di Genova ?” Era il 14 Agosto, l’Italia intera, un po’ assopita nell’attesa del Ferragosto è stata destata da una immane tragedia: alle 11.36  cede una campata del viadotto sul torrente Polcevera, il “ponte Morandi” si spezza, auto e camion precipitano giù. Alla fine, in un crescendo lugubre che dura per diversi giorni, le vittime saranno 43, tra macerie e lamiere. Il crollo di oltre 200 metri ha ucciso molti conducenti dei mezzi in transito e travolto gli operatori dell’Amiu, l’azienda comunale della nettezza urbana, che stavano lavorando in un’isola ecologica.

La prima reazione è stata di desolazione, rabbia, impotenza, paura, quella normale, quella dei genovesi, dei liguri, degli italiani.

La seconda reazione è stata desolante, quella del rimpallo delle responsabilità, della campagna elettorale permanente, della speculazione sulle lapidi ancora da incidere.

Ad un mese da questa tragedia immane il crollo del Ponte Morandi è un simbolo, il simbolo di una politica  “del giorno dopo”, che si trova nuda davanti alla propria non conoscenza dei problemi: quando un parlamentare scrive 2 interpellanze (nella 525° e 618° seduta della XVII legislatura) ed un ministro non risponde, quando un comico in un comizio pubblico dichiarava che la Gronda andava fermata con l’esercito. E’ l’emblema di un’Italia in cui per cambiare le norme tecniche occorrono 3 anni di lavoro tecnico e 4 di burocrazia,  in cui la manutenzione  è oggetto di valutazione economica: bisogna vedere se le risorse ci sono; questo è quello che fa più male, che in un paese che siede al tavolo del G7 l’estate la metà della popolazione abbia problemi di approvvigionamento idrico, in autunno ogni anno assistiamo impotenti a tragedie per dissesti idrogeologici e se d’inverno nevica la Capitale finisce sui giornali di mezzo mondo come modello d’inefficienza e per l’incuria di molti e gli interessi di pochi, a volte si muore anche.

Dopo un mese davanti ai pm sono arrivati questa mattina i primi due imputati: Salvatore Bonaccorso e Antonio Brencich, entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

Il presidente Sergio Mattarella oggi ha rilasciato una dichiarazione sulla Stampa e Secolo XIX che riportiamo e sottoscriviamo “Genova non attende auguri o rassicurazioni ma la concretezza delle scelte e dei comportamenti. La città è stata colpita da una tragedia inaccettabile, ricostruire è un dovere. Ritrovare la normalità, una speranza che va resa concreta. Bisogna farlo in tempi rapidi, con assoluta trasparenza, con il massimo di competenza”.

“Una città colpita duramente, negli affetti, nella memoria, nella funzionalità, nella sua stessa essenza di metropoli dinamica e moderna, aperta al mondo e al futuro, stata capace di non cadere nella disperazione. Quella stessa solidarietà, alta, responsabile, coraggiosa, disinteressata, che ha caratterizzato i genovesi e i soccorritori”, afferma, è “la chiave di volta per superare la condizione che si creata. Serve un impegno collettivo, nazionale e locale, pubblico e privato”, aggiunge, “ricostruire è un dovere. Ritrovare la normalità, una speranza che va resa concreta. Bisogna farlo in tempi rapidi, con assoluta trasparenza, con il massimo di competenza. Con unità di intenti e visione lungimirante. Partendo dal ricordo delle vittime, dai bisogni primari di quei cittadini che hanno perso tutto. E accompagnando via via la ripartenza con provvedimenti che sostengano l’impegno dei cittadini, delle imprese, del mondo del commercio e dell’economia”.

 

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