Riceviamo e pubblichiamo
In occasione della giornata dedicata ai morti, domenica 2 novembre alle 11, il Comune di Bracciano dedica il concerto “Frammenti di sacro” del Labirinto vocale Ensemble in ottetto davanti alla chiesa del cimitero e presenta il percorso sonoro alla memoria dei cittadini. La partecipazione è libera.
Quando un medico gli chiese, più per alleggerire la tensione che non per soddisfare la propria curiosità, quante donne avesse avuto, lui rispose come se non aspettasse altro che quella domanda: “Due”. E – accanto a lui c’era Maria Pia, la moglie, 60 anni di matrimonio più altri cinque di fidanzamento – elencò: “Mia moglie e la macchina fotografica”.
Socrate Pontanari è l’archivio fotografico di Bracciano. Sarebbe più corretto scrivere era, perché è morto lo scorso 7 febbraio, aveva quasi 83 anni. Ma gli archivi non muoiono, il loro compito è sopravvivere al tempo e ai tempi, alle restaurazioni e alle rivoluzioni, il loro ruolo è tramandare, tradurre, trasportarci in altre epoche se non in altre ere, dunque ricordare, insomma, far rivivere, così hanno il dono della memoria. E l’archivio fotografico di Socrate – con un nome così bello, e ormai quasi unico, perché usare il cognome? -, interamente copiato e catalogato e computerizzato da lui stesso proprio con il preciso intento di conservare, sembra destinato all’eternità.
Braccianese, nato in guerra, terza media, poi l’università della strada e subito il lavoro. Un inizio in salita: orfano di padre, la madre chiamata a sostenere tre figli, un bar alla stazione, i muri acquistati dal padre giusto fino all’ultima rata del mutuo, poi avanti a stenti e speranze, a sofferenze e sogni, sempre con semplicità e dignità. L’incontro, decisivo, con Maria Pia, un amore – come ammette lei – non a prima vista, ma nato dal corteggiamento, consolidato dalla conoscenza, cementato dai figli, due, Pierluigi e Claudia, e moltiplicatosi nella vita quotidiana. Anche nel lavoro. Prima il bar, battezzato La Fiorita, perché lì dentro fiorivano amicizie e amori, idee e progetti, alleanze e complicità. Trent’anni. Poi il negozio di musica. Altri trent’anni. Lo chiamò Music Market, sempre lì vicino alla stazione ferroviaria: dischi, strumenti, impianti, noleggiava perfino i juke-box, due poltrone in cui acquirenti o semplici ascoltatori si sdraiavano e con le cuffie s’immergevano in ritmi e melodie. L’unico negozio del genere, e non solo a Bracciano. “Abbiamo portato la musica a Bracciano”, rivendica, con orgoglio, Maria Pia. Tanto che il negozio divenne centro culturale e anche sociale, punto di riferimento e luogo di incontri, quasi incredibili, da Mu’ammar Gheddafi, allora militare nella caserma di Bracciano, al colonnello Edmondo Bernacca, quello delle previsioni del tempo, da Little Tony a Gianni Morandi e ai Ladri di biciclette, ci sarebbe da scriverne un libro.
La musica era nella pelle di Socrate. Suo padre Salvatore suonava la chitarra. E siccome non gli bastava, era lui stesso a spiegarlo, suonava anche il mandolino e inventò una chitarra a sette corde. E siccome neanche questo gli bastava, faceva valere la sua dote di ventriloquo, creando scherzi fino a far litigare le persone involontariamente coinvolte. Invece Socrate non sapeva suonare, ma sapeva ascoltare, conosceva fino ad amare la musica classica, passava dal blues al rock, seguiva le tendenze o addirittura anticipava richieste e desideri. Era lui a procurare, ogni anno, decine di flauti per gli studenti della scuola media. Era, lui stesso, se così si può dire, un pifferaio magico.
Intanto, sempre, la fotografia. Una curiosità diventata passione, una passione mai trasformata in professione, perché Socrate fotografava per tutto ma non per soldi, gli bastava far felici le persone, gli bastava riconoscere una sua foto in una bottega, in una mostra, in un libro. Anzi, come lo rimproverava affettuosamente Maria Pia, “con tutti i soldi che hai buttato via con la fotografia…”, con quei puntini di sospensione che lei lasciava per pietà e che lui non specificava altrimenti avrebbe solo complicato la propria posizione. Una passione invadente, travolgente, una passione vera, autentica, una passione appassionata, appassionante, una passione da amatore, da amante.
Socrate fotografava da cronista e ritrattista, fotografava natura e paesaggi, fotografava il Carnevale e la Passione, le infiorate e le tavolate, i pescatori e i butteri, i vecchietti e i corridori. Fu tra i fondatori dell’Associazione Fotocineamatori di Bracciano. Si caricava delle sue Nikon (ma fotografava anche con le macchinette instamatic e alla fine anche con i telefonini), le affidava anche a Maria Pia, convincendola a diventare sua assistente. Nel suo archivio c’è, di Bracciano, la storia e la geografia, gli abitanti e i protagonisti, gli sguardi e i gesti. In bianco e nero, tanto, ma anche a colori. Un’eredità, oggi, enorme, preziosa, imprescindibile. Di tutto si potrebbe allestire almeno una mostra. Su Bracciano, e per Bracciano, girò anche due documentari.
Sulla lapide della tomba, nel cimitero di Bracciano, Socrate è ritratto con la macchina fotografica. L’ultimo suo atto di umiltà. Perché l’onore dello scatto lo aveva lasciato a un altro. A Pierluigi, suo figlio. Un passaggio del testimone, come in una staffetta. Ma questo è il senso della vita, no?
La storia di Socrate Pontanari continuerà nel cimitero di Bracciano grazie a un percorso sonoro, “Bracciano sottosopra. Memorie e storie dal cimitero”, che si ascolta con i QR Code all’interno del cimitero e nel sito web del Comune di Bracciano comunedibracciano.it / Il museo e la sua comunità. Fare insieme / Bracciano sottosopra – Memorie e storie dal cimitero.
Il progetto, realizzato dal Museo civico in collaborazione con l’associazione Ti con Zero che ha curato testi e allestimento, è stato finanziato dal Comune di Bracciano.
E il percorso sonoro sarà ripresentato domenica 2 novembre, alla chiesa del cimitero, alle 11, con un concerto. La partecipazione è libera.
Marco Pastonesi



