La Generazione Z, cresciuta a pane e smartphone, rischia di abbandonare una delle più antiche e preziose conquiste dell’umanità: la scrittura a mano. Lo rivela uno studio recente che ha acceso i riflettori su un fenomeno preoccupante: circa il 40% dei giovani nati tra il 1997 e il 2012 incontrerebbe oggi difficoltà a impugnare correttamente una penna e a scrivere manualmente in modo fluido.
Secondo gli esperti, la scrittura manuale non è solo una questione estetica o di romanticismo: è un’abilità radicata da più di 5.000 anni che attiva aree specifiche del cervello, stimolando la memoria, la concentrazione e persino la capacità di elaborare pensieri complessi. A differenza della digitazione rapida su tastiere e smartphone, infatti, tracciare lettere e parole a mano implica un processo motorio e cognitivo più profondo e articolato.
A confermare questa tendenza è anche l’Università di Stavanger, che sottolinea come la Gen Z prediliga la comunicazione veloce e sintetica, spesso a scapito della profondità di espressione. Il rischio? Perdere la capacità di argomentare con chiarezza, di riflettere con calma e di creare connessioni emotive più autentiche.
“Non si tratta di demonizzare la tecnologia — spiega uno dei ricercatori — ma di trovare un equilibrio. La scrittura a mano è un patrimonio culturale che non possiamo permetterci di sacrificare del tutto. La sua scomparsa potrebbe avere effetti sullo sviluppo cognitivo e sulla capacità di relazionarci con gli altri.”
Eppure, basterebbe poco per invertire questa rotta: riscoprire il piacere di prendere appunti su un quaderno, scrivere lettere, tenere un diario. In Italia, alcune scuole hanno già introdotto laboratori di calligrafia, sottolineando come la scrittura manuale possa diventare un vero e proprio strumento di educazione alla lentezza e alla consapevolezza. In un mondo sempre più veloce e digitale, forse è proprio la lentezza a mano a rappresentare la chiave per ritrovare il contatto con noi stessi e con gli altri.
Paola Forte