16 Giugno, 2025
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Un anno da catechista: la gioia e la grazia di camminare con i bambini verso Cristo

Essere catechista è una chiamata, non un ruolo. È un servizio gratuito, volontario, silenzioso, che si nutre di dedizione e amore. Non si limita a quell’ora settimanale in parrocchia, ma riempie le domeniche, le feste, le serate di preparazione per lezioni, recite di Natale e Via Crucis. È uno studio continuo della Parola di Dio, che si trasforma in storie, giochi, colori, laboratori… per far innamorare i bambini dell’amore infinito di Cristo.
Io ho avuto la fortuna di vivere questa esperienza nel gruppo di terzo anno. Sono arrivata nel cammino già avviato, ma ho potuto vederne i frutti nel momento più toccante: il ritiro prima e la Prima Comunione dopo. Partecipare insieme a loro e al sacerdote al ritiro in convento, accompagnarli nel momento della confessione, tenerli per mano, ascoltare le loro paure, rassicurarli e ricevere i loro abbracci… è stato qualcosa di indescrivibile.
Negli occhi dei bambini ho letto fame di verità, sete di amore autentico. Sono anime pure, che ci ricordano perché Gesù ha detto che il Regno dei Cieli è di chi torna a Dio con il cuore di un bambino. Loro vivono di una luce che illumina ogni cosa e mi hanno insegnato la forza della fede, la voce della coscienza, la leggerezza del perdono e l’amore incondizionato.
Ma i bambini sono anche le creature più fragili e preziose. Per questo essere catechisti richiede una preparazione profonda, umile e costante. È un compito che tocca l’anima e deve essere vissuto con la consapevolezza che, come ha detto Gesù, chi fa del male a uno di questi piccoli sarà duramente giudicato.
In questo anno ho la consapevolezza di aver ricevuto molto più di quanto io abbia dato e porterò per sempre nel cuore questa esperienza come uno dei doni più veri e belli ricevuti nella mia vita.
Vedere i bambini nel giorno della Prima Comunione, vestiti a festa, autentici e sereni, accompagnati da genitori, nonne commosse, nonni, zie, zii, cugini e amici, mi ha riempito di una gioia e di una gratitudine che non avrei mai sospettato. Ho percepito nei loro occhi una fede autentica, un rispetto profondo per ciò che stavano per ricevere: il Corpo di Cristo.
I bambini si sono avvicinati all’altare con una consapevolezza e una riverenza che spesso noi adulti dimentichiamo. Loro hanno compreso che quel piccolo pezzo di pane è Gesù vivo, presente, che si dona. E in quel momento mi è stato chiaro: loro ci insegnano cosa significa davvero credere.
In questo cammino ho avuto anche la possibilità preziosa di osservare da vicino il sacerdote nel suo servizio. Vederlo a contatto con i suoi parrocchiani più fragili, ma anche più autentici, senza filtri nel dire ciò che sentono o pensano, mi ha fatto comprendere la complessità del suo ruolo. Un sacerdote è uno strumento di Dio, è un docente di teologia cristiana, è uno psicologo che accoglie le debolezze, consola e sostiene. Ma resta anche un uomo, con le sue fragilità, le sue fatiche interiori, le sue paure. E riconoscerne l’umanità, senza perdere di vista la sacralità della sua missione, mi ha profondamente toccata.
In questo anno mi ha insegnato, con l’esempio silenzioso e concreto, cosa significa donarsi senza aspettarsi nulla in cambio, ascoltare anche quando si è stanchi, accogliere anche quando si è affaticati, perdonare anche quando si viene fraintesi o giudicati. Questo mi ha fatto comprendere ancora più a fondo la bellezza e la difficoltà del suo ministero.
Ma in questo cammino ho imparato molto anche dai genitori, che con fiducia hanno affidato ciò che hanno di più prezioso – i loro figli – a noi catechiste, perché potessimo accompagnarli nella scoperta della fede in Dio. Ho visto nei loro occhi la consapevolezza che questo percorso non si può delegare del tutto, ma va vissuto insieme, passo dopo passo, partecipando con gioia alle messe, alle celebrazioni e a tutte le iniziative della comunità. La loro presenza attiva è stata per me un segno concreto di amore e responsabilità.
Concludo questo anno di catechesi con il cuore colmo di gratitudine. È stato un cammino fatto di fatica, impegno, emozioni intense, ma soprattutto di grazia. Ho ricevuto molto più di quanto ho dato. Ho visto la luce di Cristo riflettersi negli occhi dei bambini, nei gesti silenziosi dei genitori, nella dedizione del sacerdote. Porterò con me ogni parola, ogni sorriso, ogni abbraccio, come dono prezioso che mi ha resa una persona più consapevole e più vicina a Dio.
Perché tutto ciò che è fatto per amore, resta.
Florentina Miniosu

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