18 Maggio, 2025
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Ieri era la giornata internazionale delle vittime della Seconda guerra mondiale (ma non se n’è ricordato nessuno)

Con la risoluzione 64/257 del 21 marzo 2010 l’Assemblea dell’Onu ha invitato tutti gli Stati membri, le organizzazioni del Sistema delle Nazioni Unite, le organizzazioni non governative e gli individui a osservare annualmente l’8 maggio e il 9 maggio (uno o entrambi i giorni) in modo appropriato per rendere omaggio a tutte le vittime della Seconda guerra mondiale. La denominazione internazionale è “Time of Remembrance and Reconciliation for Those Who Lost Their Lives during the Second World War”.

Tra il 7 e il 9 maggio infatti, la Germania pose fine alla Seconda guerra mondiale in Europa firmando, prima provvisoriamente e poi definitivamente, la resa incondizionata agli Alleati: Francia, Regno Unito e Stati Uniti d’America e all’Armata Rossa sovietica.

 L’obiettivo delle Nazioni Unite è quello di commemorare le vittime della Seconda guerra mondiale, cioè determinate dai regimi nazifascisti e anche quello di celebrare la fondazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, istituita per garantire la pace e la soluzione dei contrasti internazionali con mezzi pacifici.

La Seconda guerra Mondiale fu una carneficina che conta, in totale, quasi 70 milioni di morti (68 milioni per le statistiche) .

In Italia, nel rapporto Morti e dispersi per cause belliche negli anni 1940-45, il conto ufficiale delle perdite fatto da Roma dall’ Istituto Centrale Statistica nel 1957 riferisce il numero esatto di morti. I morti militari sono stati 291.376, di cui 204.346 prima dell’armistizio (66.686 morti in battaglia o per ferite, 111.579 dispersi certificati morti e 26.081 morti per cause non belliche) e 87.030 dopo l’armistizio (42.916 morti in battaglia o per ferite, 19.840 dispersi certificati morti e 24.274 morti per cause non belliche). I morti per branca di servizio: Esercito: 201.405; Marina: 22.043; Aeronautica: 9096; forze coloniali: 354; cappellani: 91; milizia: 10.066; forze paramilitari: 3252; non indicati: 45078.

Morti per teatro di operazioni: in Italia: 74.725 (di cui 37.573 dopo l’armistizio); in Francia: 2060 (1039 dopo l’armistizio); in Germania: 25.430 (24.020 dopo l’armistizio); Grecia, Albania e Jugoslavia: 49.459 (10.090 dopo l’armistizio); Unione Sovietica: 82.079 (3522 dopo l’armistizio); Africa: 22.431 (1565 dopo l’armistizio); mare: 28.438 (5526 dopo l’armistizio); altro: 6844 (3695 dopo l’armistizio).

I prigionieri morti sono inclusi nella lista sopra. I morti civili sono stati 153.147 (123.119 dopo l’armistizio), inclusi 61.432 in attacchi aerei (42.613 dopo l’armistizio).

Nelle perdite vanno aggiunti 15.000 soldati africani coscritti. Sono incluse le 64.000 vittime delle repressioni e genocidi nazisti (tra cui 30.000 prigionieri). I morti militari dopo l’armistizio includono 5927 schierati con gli Alleati, 17.166 partigiani e 13.000 della Repubblica Sociale Italiana.

Studi aggiornati al 2010, archiviato il 2 agosto 2020 in Internet Archive,  dell’Ufficio dell’Albo d’Oro del Ministero della Difesa, hanno fornito dati più precisi sulle perdite tra le forze armate, le formazioni militari e paramilitari, che risultano essere di 319.207, così suddivise: Esercito: 246.432; Marina: 31.347; Aeronautica: 13.210; formazioni partigiane: 15.197; forze armate della RSI: 13.021.

Il tributo di sangue più ingente per la liberazione dell’Europa dal nazifascismo lo ha fornito la Russia sovietica, con circa 25 miloni di morti  (8 milioni tra i civili e 17 milioni tra i militari).

Ieri in Russia è stato celebrato, come ogni anno, il 9 maggio, come  la vittoria della “Grande guerra patriottica” (così viene definita a Mosca) contro il nazifascismo. E’ più che comprensibile che un Paese, che ha dato un tale contributo di sangue, renda omaggio ai milioni di morti che hanno contribuito in modo decisivo, alla liberazione dall’oppressione criminale del nazifascismo.

Non è comprensibile il motivo per il quale la giornata Onu delle vittime della Seconda guerra mondiale sia stata sostanzialmente ignorata nel nostro Paese e nell’Europa “occidentale”.

La Storia non dovrebbe essere dimenticata. E’ fatta anche di cifre, di uomini e donne che hanno sacrificato la loro vita per la Libertà, o comunque per un ideale cui credevano, giusto o sbagliato che fosse. E’ stata una tragedia globale. A prescindere dal momento politico contingente, la Storia, per fortuna, ci parla sempre e continuerà a farlo. Nonostante tutto.

Fabio Marricchi

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