14 Maggio, 2024
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A proposito dell’ultimo rapporto del Censis, il cinquantaseiesimo

Trarre le dovute conseguenze. Prima che sia troppo tardi

Le idee, queste sconosciute, leggendo i giornali sembra che il problema principale della nostra classe politica, quella che governa e quella all’opposizione, sia quello di avere delle idee. I primi provvedimenti del governo e anche i secondi per la verità, sono stati sciatti e privi di una visione del futuro che si vuole dare a questa nazione.

Il decreto sui “rave party”, l’innalzamento del tetto al contante, lo scoraggiare l’uso della moneta elettronica e la paventata eliminazione del bonus cultura per i diciottenni sono le questioni che hanno fatto più discutere. Probabilmente tali provvedimenti verranno riesaminati anche alla luce delle reazioni generali o lasciati così come sono, denotano però il cattivo uso che i nostri governanti fanno dei vari rapporti forniti costantemente dagli istituti di rilevazione che fotografano periodicamente la Società Italiana.

Sembra infatti che l’ultimo rapporto del Censis, il cinquantaseiesimo, non sia stato letto affatto, sia nella parte che descrive la percezione collettiva che gli italiani hanno di se stessi e sia in quella che descrive la condizione economico sociale. Basterebbe solo leggere la parte iniziale del rapporto nel quale si citano gli effetti deleteri delle “quattro crisi sovrapposte dell’ultimo triennio: la pandemia perdurante, la guerra cruenta in Ucraina, l’alta inflazione, la morsa energetica”. In tali condizioni la percezione dell’87% degli italiani è che il divario di retribuzione tra dipendenti e manager sia eccessivo e il 69% di essi considera insopportabile “l’ostentazione di spese stratosferiche per ristoranti, hotel, locali notturni”.

Nelle percentuali intermedie tra questi due valori il tono non cambia, vengono stigmatizzati i facili e immeritati guadagni e tutto quello che riguarda l’ostentazione dei super-ricchi. A questi dati si accompagna la percentuale di italiani in povertà assoluta, il 9,4% ovvero più di cinque milioni e mezzo di individui, la cui distribuzione sul territorio è facilmente intuibile, il 44,1% di questi risiede nel sud e nelle isole. Anche i dati sull’istruzione non sono confortanti così come quelli per la sanità. Negli ultimi cinque anni sono “scomparsi” dalle scuole di ogni ordine e grado più di quattrocentomila ragazzi, mentre nelle università le immatricolazioni sono diminuite, nell’ultimo anno, del 2,8%.

Nel 2010 per la sanità veniva utilizzato il 6,6% del prodotto interno lordo mentre nel 2024  sarà il 6.2%. Come si vede la percezione negativa degli italiani appare giustificata anche dai numeri e non solo dalle sensazioni. Questi documenti, se solo venissero letti, potrebbero essere fonte di ispirazione per il governo e per le opposizioni. La domanda di maggiore equità e di redistribuzione della ricchezza è sempre più forte, basta leggere le serie storiche dei rapporti del Censis e trarre le dovute conseguenze prima che sia troppo tardi.

Salvatore Scaglione

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