29 Marzo, 2024
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Medici Veterinari: “60% malattie infettive emergenti sono zoonosi”

“Il 2021 è un nuovo inizio non perché segna, come da auspicio universale, il progressivo superamento della pandemia da SARS CoV-2, ma perché chiama la società umana globale e i singoli individui ad un reset di identità, di ruolo, di scopo e di priorità. Siamo tutti chiamati a fare ordine”. Lo ha detto, presentando il documento “Quattro parole per quattro anni” al Consiglio Nazionale della Federazione Nazionale degli Ordini Veterinari Italiani, il Presidente FNOVI, Gaetano Penocchio.

“La FNOVI non si sottrae a questo impegno e incoraggia l’avvio di una riflessione generale sulla professione “ai tempi del Covid”, suggerendo un metodo: l’osservazione della Veterinaria attraverso la lente chiara della funzione ordinistica, per un rinnovato slancio identitario, di ruolo, di scopo e priorità. La nostra Legge di riferimento – ha proseguito – è la Legge 11 gennaio 2018, n. 3, che reca disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e che il 2 febbraio 2021 compie tre anni dalla sua entrata in vigore. Questa Legge contiene una sorta di formula di giuramento che le cariche direttive ordinistiche pronunciano idealmente davanti allo Stato e agli iscritti e che inizia proprio con una dichiarazione di identità: “Gli Ordini e le relative Federazioni nazionali sono enti pubblici non economici e agiscono quali organi sussidiari dello Stato al fine di tutelare gli interessi pubblici, garantiti dall’ordinamento, connessi all’esercizio professionale”.
L’eletto deve spogliarsi del proprio particolare e vestire i panni dell’interesse pubblico generale. Devono fare altrettanto, in quanto membri del medesimo corpo ordinistico, i singoli iscritti.
Qual è l’interesse generale? È l’interesse dello Stato e del Paese ad avvalersi di una professione medico-veterinaria esercitata “al fine di garantire la tutela della salute individuale e collettiva””.

“Il nostro ruolo di Ordini e di Medici Veterinari è questo. Non possiamo quindi esimerci da una riflessione sulle forme in cui l’abbiamo esercitato durante la pandemia e su come dovremo continuare ad esercitarlo in futuro; dobbiamo riflettere su come abbiamo inciso sulla “salute individuale e collettiva”, scavando a fondo il principio “one health” oltre lo slogan di comodo.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità – ha aggiunto – ci avverte che il 60% delle malattie infettive emergenti sono zoonosi, che il 75% dei nuovi patogeni umani ha una origine animale, che le zoonosi emergenti sono “una crescente minaccia di salute pubblica” soprattutto nel Mediterraneo orientale. Cioè a un passo da noi.
La natura “essenziale” e “indifferibile” delle attività veterinarie ha visto lo Stato assegnare alla nostra professione, con grande coerenza giuridica, la posizione che le appartiene. Tuttavia, occorre una presa d’atto più consapevole e trasformativa di questa “essenzialità”, duratura post-emergenza e post Dpcm. Affermare che siamo una professione “essenziale” non può esaurirsi in un compiaciuto auto- apprezzamento, non è nemmeno una gentil concessione e certamente non corrisponde ad status di diritto. Essere “essenziali” è una responsabilità permanente e attiva di fronte al Paese”.

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