28 Marzo, 2024
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Economie popolari: in prima linea nella pandemia

La crisi ha mostrato come le economie popolari, spesso considerate esperienze periferiche o marginali, siano in realtà la forma di riproduzione sociale predominante nella maggior parte delle città e dei territori dell’America Latina.

Problematizzare la categoria di informalità e le risposte dello Stato e del mercato, permette interrogare le potenzialità delle trame produttive e riproduttive delle economie popolari.

Uno studio del gruppo di ricerca latinoamericano di CLACSO analizza gli effetti della pandemia sulle economie popolari

Negli ultimi mesi l’America Latina si è convertita nella regione più colpita dalla pandemia, che ha portato con sé un aumento senza precedenti dei livelli di disuguaglianza e ingiustizia sociale, già allarmanti, e una intensificazione della crisi della riproduzione sociale che la regione attraversa da tempo. Con la pandemia, le violenze strutturali legate alle linee della razza, del genere e della classe si intrecciano sia con i differenti modi di gestione della crisi sanitaria da parte dei governi a livello locale e nazionale, sia con le eterogenee dinamiche di autorganizzazione, cooperazione e lotta proprie di ogni territorio, emerse durante i cicli di lotte, rivolte, mobilitazioni e resistenze che nei mesi precedenti alla precipitazione della crisi pandemica hanno attraversato la regione.

Più che attribuire alla pandemia l’origine dell’attuale crisi, ci interessa piuttosto approfondire un’altra lettura della fase: dalla nostra prospettiva, gli effetti della pandemia rivelano l’intensificarsi delle contraddizioni di una società che ha trasformato in normalità il fatto che gran parte della popolazione si trovi a lavorare in contesti assolutamente precari e praticamente senza diritti, mentre il saccheggio dei servizi pubblici e dei territori continua senza sosta, evidenziato dalle drammatiche condizioni dei sistemi sanitari di fronte alla pandemia. Le misure di isolamento hanno avuto ripercussioni significative sulle condizioni di lavoro e di riproduzione della vita, colpendo in modo particolare i lavoratori e le lavoratrici delle economie popolari.

 

In America Latina stiamo assistendo a una una crisi dalle molteplici dimensioni: drammatico e devastante è l’impatto dell’aumento della disoccupazione e dei tassi di impoverimento, che vediamo dispiegarsi su scala globale.

 

In questo contesto stiamo assistendo nel dibattito pubblico a una riaffermazione della categoria di “informalità” come chiave di lettura delle trame sociali popolari, categoria che torna ad avere un ruolo preponderante nella definizione di tutte quelle eterogenee forme di lavoro che riguardano oltre metà della popolazione della regione che non risolve la propria riproduzione all’interno di una relazione salariale; in questo contesto, è avvenuta una riproposizione della centralità del ruolo dello Stato e in particolare delle politiche di formalizzazione del lavoro, piuttosto che della logica imprenditoriale di massa come risposta ai bisogni e alle necessità di questi settori.

Fin dal 2016, con il Gruppo di Ricerca “Economie Popolari: mappature teoriche e pratiche”, come gruppo di ricercatrici e ricercatori che in diversi paesi e territori dell’America Latina siamo impegnati in attività di ricerca e militanza con organizzazioni popolari e femministe, abbiamo insistito sulla necessità di problematizzare la categoria stessa di informalità e di comprendere le trame delle economie popolari come parte fondamentale della riproduzione sociale nei territori, riconoscendo il valore, le infrastrutture e l’eccedente che producono, sebbene in condizioni di sfruttamento e di limiti imposti dal contesto specifico territoriale ma anche nazionale e transnazionale.

Con “economie popolari” intendiamo le eterogenee formazioni economiche, sociali, politiche e culturali che permettono la riproduzione della vita al di fuori della relazione salariale, le cui trame sono espressione delle dinamiche di produzione del comune e si articolano con differenti forme di conflittualità sociale legate alle lotte femministe, migranti, antirazziste e popolari. Le relazioni di interdipendenza, reciprocità e competizione, le forme di cooperazione e la costruzione di strategie politiche che emergono dal tessuto delle economie popolari costituiscono una vera e propria spazialità intersezionale di economie fisiche, affettive, di identità differenti, produttive e collettive e per questo capaci di produttività politica; queste reti si iscrivono in un processo ampio dove memorie e pratiche organizzative ancestrali ri-emergono e si ri-attualizzano ricostruendo connessioni temporali di lungo corso.

 

Nel rapporto “Economie popolari nella pandemia: cartografia provvisoria in tempi di crisi e isolamento sociale” abbiamo mostrato come nel contesto attuale le economie popolari siano al tempo stesso le principali superfici di iscrizione della crisi e le esperienze decisive per poter dispiegare risposte collettive a fronte degli effetti devastanti della pandemia.

 

Gastón Bejas

 

In questo senso, la nostra proposta di approfondimento ed analisi delle economie popolari si struttura su tre assi di ricerca: in primo luogo, con l’obiettivo di rilevare i differenti contesti, abbiamo costruito una mappatura delle politiche pubbliche di prevenzione e contrasto alla pandemia nella regione, focalizzando l’attenzione sull’impatto delle misure nei diversi paesi. Il secondo asse riguarda le contese e le strategie che si costruiscono ed elaborano nei territori, analizzando le molteplici e multiscalari spazialità delle economie popolari dalla dimensione domestica a quella di quartiere e territoriale fino alla dimensione spaziale e politica transnazionale. Abbiamo quindi centrato l’attenzione sulle pratiche autogestite, sulle reti organizzative, sui modi di vita, i processi di femminilizzazione del lavoro e della povertà, le resistenze ai molteplici modi di sfruttamento e al comando attraverso le gerarchie di genere. Infine, il terzo asse di ricerca riguarda la riconfigurazione del conflitto sociale a fronte del neoliberismo finanziario ed estrattivo e alle sue articolazioni con l’avanzata reazionaria, autoritaria e conservatrice nella regione.

Le dinamiche di accumulazione del capitale nella crisi operano attraverso linee di genere, razza e classe che emergono dall’analisi delle economie popolari proprio rispetto ai modi di sfruttamento del valore prodotto dalla potenza cooperativa autogestita e popolare. Al di là di ogni nazionalismo metodologico, le nostre prospettive di analisi attraversano frontiere, territori e discipline con il proposito di mettere in rilievo in relazione a differenti scale geografiche e temporalità, i conflitti e i processi politici in corso nella regione.

 

La crisi mostra come le economie popolari, spesso definite come periferiche o marginali, sono in realtà la forma predominante della riproduzione sociale nella maggior parte delle grandi aree popolari delle città e dei territori della regione.

 

Inoltre, in piena pandemia, questa scala si è estesa in modo accelerato, a fronte dell’aumento della disoccupazione, della spoliazione di infrastrutture e di servizi pubblici che la crisi sanitaria sta mostrando in modo drammatico. Nonostante in vari paesi vi siano state e in alcuni siano ancora in corso, politiche pubbliche basate sul trasferimento di sussidi monetari speciali per lavoratori e lavoratrici informali, nella maggior parte dei casi sono arrivati tardi o, nei casi in cui sono state approvate, si avvalgono di fondi insufficienti per mitigare la perdita delle entrate economiche dovute alla quarantena e alla crisi. Con tassi di lavoro informale che oscillano tra il 40% e l’ 80% a livello continentale, il sovraffollamento e la precarietà nell’accesso alla casa nelle metropoli latinoamericane, l’obbligo di “restare a casa” è diventato in modo drammatico insostenibile. Per gestire e rendere effettiva la quarantena, la militarizzazione è stata una delle misure adottate in paesi come Ecuador, Perù, Colombia, Cile e El Salvador. In termini generali, questo ha significato coprifuoco e intensificazione del controllo repressivo, abusi delle forze di sicurezza e proliferazione di vari altri tipi di violenze. In questo contesto, ricorrente è stata la criminalizzazione di lavoratori ambulanti e mercati popolari da parte dello Stato con l’accusa di essere vettori di contagio.

La questione migrante emerge come centrale in molti territori. A fronte delle difficoltà nel risolvere le necessità basiche di sopravvivenza, molti lavoratori e lavoratrici migranti delle economie popolari hanno fatto di tutto per poter tornare nei propri paesi di origine, dove potevano contare su reti di sostegno e solidarietà più estese e con la possibilità di accesso alla terra, come avvenuto in Bolivia, Venezuela, Ecuador e Guatemala. Intanto in tutta la regione si è intensificato la conflittualità dei lavoratori e delle lavoratrici delle piattaforme, la maggior parte di loro migranti, uno dei pochi settori a continuare a lavorare in piena pandemia senza ricevere alcuna forma di protezione né sanitaria né economica da parte delle piattaforme multinazionali.

 

Gastón Bejas

 

La capacità dinamica e creativa di queste economie è emersa in piena crisi: in diversi paesi, a partire dall’Argentina, oltre a rafforzare e ampliare le mense popolari e a organizzare le attività di cura a livello comunitario, una serie di organizzazioni, cooperative, esperienze di autogestione e imprese recuperate e autogestite dai propri lavoratori e lavoratrici hanno reinventato la produzione per sostenere la crisi, producendo mascherine, guanti, sapone e altri prodotti sanitari, per contribuire all’emergenza sanitaria e alimentare, in molti casi donando la produzione agli ospedali e alla comunità nei momenti di maggiore emergenza. Come in Argentina, anche in Venezuela, che sta attraversando una durissima crisi per l’assenza di benzina e di beni di prima necessità a causa del blocco statunitense e dell’esaurimento del modello economico basato sulla rendita petrolifera, coesistono articolazioni tra movimenti sociali, organizzazioni popolari e politiche pubbliche statali.

In Colombia, Guatemala, Messico ed Ecuador le reti indigene, comunitarie e popolari sono fondamentali per lo scambio di prodotti, si sono rafforzate in piena pandemia come risposta alla crisi , con la proliferazione di spazi e pratiche che permettono la circolazione dei prodotti agricoli, modi di scambio basati sul baratto e la distribuzione senza intermediari, per sostenere la vita e le necessità delle comunità. A livello regionale, si sono dispiegate molteplici forme di violenza che si sono intensificate con la pandemia e la quarantena, violenza di genere, violenze poliziesche, narcos e paramilitari che colpiscono duramente molti territori della regione, mostrando la continuità e l’intensificazione delle logiche di estrazione del valore e del controllo del territorio attraverso la violenza, legale o illegale, militare o paramilitare.

 

Infine, un aspetto significativo che abbiamo rilevato riguarda lo spostamento e l’intensificazione delle attività di lavoro nell’ambito domestico, sia attraverso il telelavoro che rispetto alla attività tanto di cura come educative dentro lo spazio della casa, dove si intrecciano attività di lavoro e attività riproduttive in modo nuovo e particolarmente significativo.

 

Lo spazio domestico è cosi collassato: da una parte l’aumento di violenze di genere, dall’altro si è arrivati alla saturazione spazio-temporale legata alle attività di lavoro e di cura, anche a causa dell’accesso limitato alla connessione internet e per l’accumulazione del debito privato. Le violenze contro donne, lesbiche, trans e travesti così come i femminicidi e trandfemminicidi sono aumentati tanto da rendere insostenibile la situazione per le lavoratrici dei servizi pubblici e comunitari di assisstenza nei casi di violenza.

In chiusura, riteniamo importante sottolineare come le economie popolari, centrali per l’organizzazione della riproduzione sociale, emergano al centro della conflittualità sociale nella pandemia. A partire da queste lotte e trame sociali, emerge la spoliazione sistematica dei servizi pubblici e dei territori, l’assenza di servizi, le nuove forme di sfruttamento e indebitamento, l’ingiusta remunerazione dei lavori essenziali e di cura che queste reti svolgono ogni giorno.

Al tempo stesso, le economie popolari si sono dimostrate fondamentali ed essenziali nella pandemia, in quanto strategie collettive di resistenza, di garanzia della riproduzione sociale, come economie in prima linea nella pandemia. In questo contesto conteso e conflittuale, resta aperta una sfida fondamentale che riguarda la capacità di questi processi sociali di costituirsi come reti di antagonismo rispetto ai modi di sfruttamento e di saccheggio del capitale nei territori, nei termini di una intensificazione del conflitto sociale e di una contesa rispetto alla distribuzione e redistribuzione della ricchezza, o piuttosto la loro riduzione a una complementarierà sussidiaria rispetto alle politiche sociali portate avanti dai differenti governi nella regione.

 

Scarica il rapporto Economías populares en la pandemia in pdf

Articolo pubblicato in spagnolo su Notas Periodismo Popular. Traduzione in italiano di Alioscia Castronovo. 

*Gli autori dell’articolo sono parte del gruppo di ricerca CLACSO “Economías populares: mapeo teórico y práctico”

Immagine di copertina ed immagini nell’articolo: Gastón Bejas

(Dinamopress)

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