23 Aprile, 2024
spot_imgspot_img

“Le mafie puntano ai soldi del Recovery. Alcune aree del Paese non riconoscono l’usura…

 …sono assuefatte a clan e non denunciano più”

Gli effetti dell’altro virus sono lenti, molto meno immediati rispetto a quelli del Covid-19. Ma non per questo si tratta di effetti meno letali. L’altro virus, infatti, sono le mafie che hanno approfittato della crisi economica provocata dall’emergenza sanitaria per infiltrarsi nel tessuto sano dell’economia. Il peso che l’usura e l’estorsione hanno avuto sulle imprese in Italia ai tempi del coronavirus, però, non è ancora chiaro: occorrerà attendere qualche tempo per averne un’idea. A constatarlo è il prefetto Annapaola Porzio, a capo dell’ufficio del Commissario straordinario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, nella Relazione annuale 2020 presentata oggi. “La fotografia di quello che è accaduto dallo scorso mese di marzo, ci impone di richiamare l’attenzione di tutti sull’espansione del cosiddetto welfare mafioso di prossimità, ovvero quel sostegno attivo alle famiglie degli esercenti attività commerciali e imprenditoriali in difficoltà o in crisi di liquidità”, si legge nel dossier. Tutto ciò in cambio di “future connivenze“, e con la non remota possibilità di infiltrarsi ulteriormente nel tessuto economico. “Penso, in particolare, a ciò che sarà fatto in esecuzione del Recovery Plan e delle altre misure pubbliche di sostegno”, ha detto Porzio, che oggi è all’ultimo giorno al vertice dell’ufficio antiracket e antiusura del Viminale.

 “Meno celebrazioni e più azioni: società civile denuncia sempre meno”

Le mafie, come ha scritto più volte ilfattoquotidiano.it, puntano quindi ai miliardi di euro in arrivo dall’Europa. Il prefetto ha ricordato che in questi anni “molti sono stati i commercianti – da ultimi gli imprenditori di Foggia, di Bagheria, di Napoli -­ che si sono ribellati al pizzo e alle intimidazioni, che hanno alzato la testa e non hanno avuto dubbi ‘puntando’ sulla forza e sulla credibilità delle Istituzioni, denunciando e rivolgendosi, subito dopo, al Fondo. Tuttavia, ci sono aree del nostro Paese dove questi fenomeni, ben presenti e radicati, non sono riconosciuti come tali dalla popolazione”. Una situazione che peggiora ogni anno, camuffata dalla ripetitiva retorica degli eventi antimafia: “Non è più tempo solo di memoria celebrativa e commemorativa: ci sono troppi settori della società civile che, non denunciando sono, nei fatti, contigui ed assuefatti ai quotidiani comportamenti di sopraffazione, di corruzione e di intimidazione“. La denuncia del prefetto è netta: “Appare chiaro come da parte delle persone si sia affievolita la consapevolezza che la denuncia di fatti delittuosi è un dovere del cittadino ed anche l’unica via attraverso la quale riprendersi la propria vita”. Secondo i dati messi a confronto nella relazione, riguardo al fenomeno dell’usura, le istanze presentate al Fondo antiracket e antiusura nel 2020 sono finora 183 rispetto alle 353 dell’intero 2019 e le 568 in tutto del 2018. Una trentina in Campania e Veneto, circa 20 in Puglia e 15 in Lombardia, seguita dalla Toscana. Sul fronte delle estorsioni, nel 2020 le istanze sono state 208 rispetto alle 340 dell’intero 2019 e le 375 di tutto il 2018.

“Mafia meno violenta ma più pervasiva e ricca”

Per quale motivo dunque le denunce sono diminuite? “C’è stata nel tempo una mutazione di contesto”, si legge nel dossier. “Negli anni ’80 e ’90 la criminalità organizzata ha usato modalità molto violente per affermare le proprie pretese, persone sono state uccise perché vi si erano opposte e come reazione la società civile, siciliana prima tra tutte, ha reagito. Tra tanti timori sono nate le prime associazioni antiracket, i movimenti antimafia, una nuova e moderna normativa antimafia e le due leggi fondanti del contrasto al racket e all’usura, la n.108/1996 e la n.44/1999, ossia due reati sentinella della presenza dei consorzi mafiosi sul territorio. Il trascorrere del tempo ha determinato un cambiamento del modus operandi della criminalità organizzata, apparentemente meno violenta ma più pervasiva soprattutto nei confronti delle imprese, acquisendo le quali, grazie alla propria cospicua disponibilità di risorse finanziarie, può dilagare nell’economia legale”, è la ricostruzione di Porzio. Sul calo delle istanze è intervenuta nel corso della conferenza stampa di presentazione del rapporto anche la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese: “Evidentemente c’è qualcosa che non funziona, probabilmente c’è stata una maggiore assuefazione e anche perché bisogna accelerare le procedure” per chi fa domanda di accedere alle risorse destinate alle vittime di usura. “Se i tempi sono così lunghi ci sono demotivazioni. Su questo dobbiamo incidere e cercare di fare il massimo”.

“Piccole e medie imprese sono più esposte”

La criminalità, dunque, ha cambiato pelle e si è fatta trovare pronta durante il lockdown, quando serviva meno violenza e più capacità di persuasione. “Le piccole e medie imprese, i lavoratori autonomi e i liberi professionisti con partita Iva, proprio a causa della sospensione prima e del rallentamento poi, delle loro attività, costituiscono il comparto economico che soffre maggiormente delle difficoltà in atto e, quindi, più esposte a intimidazioni, usura ed estorsione”, continua il dossier. A tutto questo va aggiunto “lo stato dei nostri conti pubblici, che risulta certamente peggiorato rispetto a quanto originariamente previsto nel Documento di Economia e Finanza dell’aprile scorso. Inoltre, i dati Istat, con riferimento al secondo semestre del 2020, rilevano flessioni ulteriori del Pil, che contribuiranno ad impoverire i ceti produttivi del nostro Paese“. E non va sottovalutato anche il blocco temporaneo delle attività giudiziarie che ne ha accresciuto l’arretrato e “comporterà inevitabilmente, anch’esso, un rallentamento anche delle istruttorie relative alle concessioni dei benefici economici alle vittime, fondate sulle inchieste della magistratura e sui loro esiti processuali”.

“Per i clan impennata reputazionale”

Porzio sottolinea poi la possibilità avuta dai clan di poter dispensare la smisurata liquidità di cui dispongono alle persone in difficoltà con immediatezza. E senza, al momento, chiedere contropartita. Un messaggio che “ha determinato un’impennata del livello reputazionale delle conventicole criminali foriera di gravi conseguenze per il futuro”. Dopo aver arginato l’ala militare delle associazioni mafiose, “occorre sempre più concentrarci sulle convergenze di interessi tra queste ultime e le opacità del sistema economico e creditizio. Le stesse lucrano sui fondi pubblici o non garantiscono a molti settori imprenditoriali, artigianali e commerciali quell’aiuto economico di cui questi hanno grande bisogno, soprattutto, in questo momento così difficile”. Il prefetto ricorda che il potere di erogazione economica, spesso condotto con modalità “oblique” e poco chiare, rischia di “drogare” importanti circuiti economico-finanziari, di “provocare effetti perversi sui cicli produttivi, ed incidere negativamente sui sani processi di sviluppo economico e sui livelli di coesione sociale, impoverendo, in tal modo, gli imprenditori e i commercianti onesti”.

(Il Fatto Quotidiano)

Ultimi articoli