23 Aprile, 2024
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È scontro sull’aborto, i vescovi all’attacco

Il ministro Speranza: per avere la pillola Ru486 sufficiente il day hospital. Meloni: pratica irresponsabile

Non servirà più il ricovero per abortire con la pillola Ru486, si potrà fare in day hospital in tutte le regioni italiane. E’ la risposta del ministro della Salute Roberto Speranza all’obbligo deciso due mesi fa dalla presidente della regione Umbria Donatella Tesei e all’ennesima divisione che il mondo cattolico voleva cavalcare sull’aborto. La decisione del ministro è contenuta nelle nuove linee guida che sostituiscono le precedenti del 2010 e estendono anche il limite per la somministrazione del farmaco da sette a nove settimane.

«Siamo pronti ad adeguarci ad una chiara ed univoca linea del Ministero», ha assicurato Donatella Tesei. Dopo la sua delibera il ministro Speranza aveva chiesto un parere al Consiglio Superiore di Sanità (Css) mentre le donne scendevano in piazza per protestare.

«Le evidenze scientifiche sono molto chiare – spiega Speranza – il Consiglio Superiore di Sanità e le società scientifiche hanno espresso un parere favorevole univoco. Queste nuove linee guida sono un passo avanti importante».
Secondo gli esperti del Css l’aborto farmacologico potrà essere praticato fino a 63 giorni di gestazione superando la limitazione di 7 settimane in vigore finora.

Potrà essere somministrato sia in consultorio che in ambulatorio e la donna dopo mezz’ora potrà tornare a casa. Ora si attende una piccola verifica da parte dell’Aifa, l’Agenzia Italiana del Farmaco.

Il Pd, il Movimento 5 Stelle e LeU

parlano di «passo avanti di civiltà» e chiedono a «tutte le Regioni di adeguare le loro decisioni».

Critiche arrivano dal quotidiano della Cei, l’Avvenire:

«E’ sconcertante si parli di libertà, così le donne sono me no tutelate».

La presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni,

giudica «irresponsabile trasformare l’aborto farmacologico in una pratica casalinga ’’fai da te’», mentre per il senatore della Lega Simone Pillon, «il ministro sta mettendo a rischio la salute delle donne per ragioni ideologiche».

(La Stampa)

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