Una città sempre più buia. Dove le insegne dei negozi e le luci delle vetrine si stanno spegnendo giorno dopo giorno: senza più turismo, senza più voglia e soldi per fare shopping. Il dato della Confesercenti romana è un pugno nello stomaco: dalla fine del lockdown già 3000 le attività commerciali, esclusi bar e ristoranti, che hanno tirato giù la saracinesca per sempre. Quasi il 4 per cento delle 80.000 attività che vendono abbigliamento, scarpe, intimo e articoli per la casa. ” Il che vuol dire migliaia e migliaia di famiglie senza più redditto ” , spiega Valter Giammaria che dell’associazione è il presidente.
“E se continua così, il rischio è che a ottobre possa esserci un’ecatombe. Prevediamo 26 mila negozi chiusi. Uno su tre.
Per l’economia di Roma, un disastro”. Non sono servite le svendite anticipate di giugno e luglio con ribassi partiti già al 50 per cento. E nemmeno i saldi posticipati di un mese con sconti fino al 70 per cento sono riusciti a portare un po’ di ossigeno nelle casse di chi sta dietro un banco e passa tutta la giornata tra camerini prova, scaffali e magazzini ancora pieni.
Mancano i turisti, certo. Bastava dare uno sguardo ieri alla fila dei taxi vuoti in via Tomacelli. La strada che porta dritti a via Condotti, via Frattina, piazza di Spagna, fino a qualche mese fa l’itinerario imperdibile per gli amanti del lusso, la moda, le griffe. A mezzogiorno, in attesa di un cliente ce ne stavano 12. “Con il Covid il lavoro è diminuito del 75 per cento”, raccontava un tassista.
Ma non sono solo i cinesi, i russi, gli americani a mancare all’appello.
“Sulla mancanza degli stranieri non ci possiamo fare niente, solo quando ci sarà il vaccino si potranno rivedere in massa – continua il presidente di Confesercenti – A dare la mazzata finale al commercio è lo smartworking. Se si pensa che ci sono 400 mila dipendenti che lavorano a casa, si fa presto a fare il conto: nelle casse dei negozianti mancano incassi per 130 milioni al mese. Del resto, la gente sta tutto il giorno davanti al pc e non ha più tempo, voglia e motivi per andare a comprare un paio di scarpe nuove, un abito alla moda, andare dal parrucchiere “.
Il centro storico è il più penalizzato. Fanno impressione i 15 negozi col cartello affisso, “vendesi”, ” affittasi”, ” chiusura totale” in via Frattina. Ma anche in altre zone commerciali della città la situazione non è migliore. ” Ieri sono andato a fare un giro in viale Marconi, poi in via Tuscolana – spiega Giammaria – e di locali sprangati ce ne erano tantissimi. Senza contare i negozi delle vie limitrofe che già prima del lockdown erano in sofferenza e dopo il 18 maggio non hanno più rialzato la serranda”. Come aiutare chi vive di commercio? ” Bisogna fare del centro, che sta morendo, una zona franca – dice Giammaria – una zona tutelata dove si possano pagare meno contribuiti per i dipendenti e meno tasse. E calmierare gli affitti, che negli ultimi anni sono diventati la spada di Damocle. Canoni impossibili per qualsiasi attività sana”.
“Bisogna fare del centro una zona franca, con sconto sui contributi”
(La Repubblica)