26 Aprile, 2024
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Camorra a Roma, nuovo colpo al clan di Michele Senese: “Comanda tutto lui”. Arrestato anche il fratello della senatrice Cirinnà

Una facciata legale dietro alla quale si nascondevano tutte le attività classiche delle associazioni mafiose.

La squadra mobile e il nucleo speciale di polizia valutaria della Finanza, coordinati dalla Dda, hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a 16 persone, mentre per 6 i domiciliari e per altri 6 l’obbligo di dimora. Si tratta dell’ennesimo colpo al clan Senese, il cui capo, Michele, è ritenuto dagli inquirenti una delle figure centrali della mala capitolina. Tanto che nelle intercettazioni, uno degli arrestati dice di lui: “Cioè, qui stiamo parlando de chi è il capo de Roma! No il capo di Roma, il capo, il boss della camorra romana!!! Comanda tutto lui!!”. E di sicuro continuava a farlo anche dal carcere grazie all’aiuto del figlio Vincenzo e della moglie Raffaella Gaglione, come sottolinea il gip Annalisa Marzano che scrive: “Le investigazioni hanno permesso di svelare che perfino il regime carcerario appare inidoneo a recidere i contatti di Senese con il territorio su cui esplica il proprio dominio criminale. Tale evidenza impone il ricorso al regime cautelare della custodia in carcere ritenendo ogni altra misura certamente inadeguata allo scopo”.

Senese è anche detto “O pazz'”, ma il magistrato esclude “radicalmente che l’equilibrio psicofisico di Michele Senese sia inficiato da patologie psichiatriche,

strumento cavalcato da Senese in trascorse vicende giudiziarie, smentite proprio dal tenore di numerosi dialoghi intercettati nel corso delle indagini che hanno invece dimostrato lucidità, freddezza e piena coscienza e consapevolezza delle sue opere”.

Gli inquirenti hanno sequestrato 15 milioni di euro, tra società e ristoranti: sono queste le attività lecite grazie alla quali il clan cercava di ripulire il denaro. Un patrimonio che, non hanno dubbi gli inquirenti, era provento di reato. Dal traffico di stupefacenti all’usura: lo stesso gip sottolinea come, “il sistema illecito compiutamente sviscerato diviene ancora più attuale e allarmante in questa fase di grave crisi di liquidità degli operatori economici, i quali, nell’esigenza di recuperare denaro in contanti per far fronte alla più grande crisi economica degli ultimi decenni dovuta alla pandemia da Covid-19, potrebbero ricorrere, in maniera sempre più ampia e diffusa, ai prestiti erogati dalla criminalità organizzata a costi decisamente superiori a quelli legali”.

In carcere anche la moglie, il figlio e il fratello di Senese, Angelo, che continuavano a gestire l’attività: il boss è detenuto nel carcere di Catanzaro

dal quale, però, continuava a gestire gli affari di famiglia. In più di un’occasione, durante un colloquio in carcere, lui e il figlio si sono scambiati le scarpe che, stando alla ricostruzione degli investigatori coordinati dal procuratore aggiunto Ilaria Calò, contenevano pizzini con indicazioni sugli “affari di famiglia”.

In carcere, senza l’aggravante mafiosa, anche Claudio Cirinnà, 54 anni, fratello della senatrice Pd Monica: a lui e al figlio Riccardo sono contestati episodi di usura.

L’uomo già in passato era finito nei guai perché coinvolto in un’indagine su presunti traffici di carburante. Secondo quanto si apprende a piazzale Clodio, Claudio Cirinnà non avrebbe avuto relazioni dirette con il gruppo di Michele Senese ma, insieme al figlio (che ha l’obbligo di firma), avrebbero concorso nel prestare e richiedere soldi ad una persona che era sottoposta anche alle indebite ‘attenzionì del clan di camorra.

“Dolore per il coinvolgimento di mio fratello, mi auguro chiarisca tutto” dichiara la senatrice Cirinnà,

“so pochissimo della sua vita travagliata, benché abbia sempre cercato di aiutarlo a mettere sulla giusta via la propria esistenza. Il fatto che avesse accolto in casa nostro padre novantenne mi aveva fatto sperare in un ravvedimento. Se così non fosse ne sarei addolorata e profondamente delusa”. Gli investigatori inoltre sottolineano che la parlamentare risulta del tutto estranea alla vicenda.

Le indagini sono state coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia. Impegnati circa 200 tra finanzieri e poliziotti, con l’esecuzione anche di perquisizioni, nelle province di Roma, Napoli, Verona, Frosinone, L’Aquila.

Le aziende sequestrate

Un complesso aziendale di 10 società, tra cui 4 attive nella ristorazione (alcuni locali Baffo tutti con sede a Roma), 5 nel commercio all’ingrosso e dettaglio di abbigliamento (ubicate a Frosinone, Verona, Milano, Brescia e Bergamo) e un caseificio (con stabilimento a Pontinia, in provincia di Latina). A questo si aggiungono 5 unità immobiliari (quattro in provincia di Milano e una a Napoli) e un’imbarcazione da diporto.

(La Repubblica)

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