29 Marzo, 2024
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Lilli Fornari e Angelo Di cave incontrano gli alunni della “Corrado Melone”

“Siamo qui per la memoria di chi non c’è più. Ricordare è importantissimo per il presente, ma soprattutto per il futuro“. Con queste parole la signora Liliana (detta Lilli) Fornari ha dato avvio all’incontro che si è svolto il 30 gennaio 2019 nella Sala Teatro della “Corrado Melone”; un incontro davvero toccante e significativo con due persone che ci hanno raccontato la loro storia: Lilli Fornari e Angelo di Cave che riuscirono a sfuggire, con le loro rispettive famiglie, alla terribile atrocità della deportazione nei campi di concentramento e di sterminio.
Lilli ha raccontato la sua vita partendo dall’infanzia, ricordando i giorni in cui in Italia iniziò la discriminazione e la persecuzione a danno degli ebrei da parte dei fascisti e dei nazisti: il dramma di non poter frequentare più la scuola, i componenti della famiglia divisi per non rischiare di essere messi in pericolo tutti insieme, vivere nascosti, aiutati ed ospitati da una famiglia di amici, i Cecchini, presso cui trovarono protezione dopo il periodo di villeggiatura, trascorso in un paese della provincia di Viterbo.
Dal 1938 in Italia furono approvate ed entrarono in vigore le leggi razziali e gli ebrei venivano considerati una “razza” inferiore. Uno degli effetti di queste leggi fu, per la piccola Lilli, di non poter andare a scuola come tutti gli altri bambini. Lei poté frequentare la scuola solo dalla classe terza elementare, dopo la fine del secondo conflitto mondiale.
A settembre del 1943 la famiglia Fornari, dopo le vacanze, sarebbe dovuta tornare a Roma; ma il papà di Lilli ebbe un brutto presentimento: capì che c’era qualcosa di strano e terribile, così la famiglia non fece ritorno in città ma rimase a Cura di Vetralla in un casale. Dopo aver saputo che in quel casale i nazisti avrebbero fatto un controllo perché era girata la voce che fossero ospitati degli ebrei, Lilli e la famiglia trovarono rifugio in un casale vicino dove ebbero ospitalità ed aiuto per un altro periodo. I mesi passavano e i Fornari furono costretti altre volte a cambiare nascondiglio, perché il rischio di essere scoperti era troppo elevato. La famiglia Fornari fu costretta anche a cambiare identità: cambiarono cognome e diventarono la famiglia Fosso. Infatti, poiché i nazisti erano in possesso di registri contenenti nomi e cognomi degli ebrei, il padre di Lilli si era procurato documenti falsi e da Fornari diventarono la famiglia Fosso. Lilli ricorda ancora con commozione le parole della madre che le diceva di non rivelare mai che fosse ebrea, raccomandandole di nascondere la sua vera identità. Allo stesso tempo, però, ricorda che la mamma le diceva di pregare sempre e di non dimenticare di essere ebrea.
Chi denunciava un ebreo riceveva 5.000 lire se si trattava di un uomo, 3.000 lire se era una donna, se era un bambino 1.500 lire: sono cifre che oggi sembrano nulla ma che in quegli anni erano un capitale, una vera fortuna. Oltretutto chi nascondeva un ebreo rischiava in prima persona la vita, perciò, ha sottolineato Lilli con grande riconoscenza, è stato meraviglioso il gesto di quelle persone che rinunciarono ai soldi e rischiarono anche la propria vita per salvare quella di altre persone. Così la famiglia di Lilli non ebbe quella orribile sorte che patirono altri milioni di persone nei campi di concentramento. Quei pochi che sono sopravvissuti ai lager per molto tempo non hanno avuto la forza di descrivere l’orrore vissuto, perché temevano che la gente non avrebbe creduto, tanto era terrificante la verità.
Lilli Fornari, alcuni anni fa, decise di proporre i coniugi Saturno e Derna Cecchini allo “YadVashem”, il Memoriale dell’Olocausto di Gerusalemme perché potesse ottenere il titolo di “Giusti tra le Nazioni” e così è stato. Uno dei compiti assegnati allo YadVashem è quello di rendere omaggio e commemorare i “Giusti tra le Nazioni”, che rischiarono la vita per salvare degli ebrei, durante la Shoah. In forte contrasto con il regime nazista, che aveva istituito i campi di concentramento e di sterminio, alcune persone eccezionali si sono opposte al nazismo e agli atti disumani da esso compiuti. Quello che hanno fatto i “Giusti tra le Nazioni” è incomparabile: in un’epoca segnata dall’orrore, il loro gesto coraggioso e generoso rappresenta un segno di speranza e una lezione per il futuro. La signora Lilli ci ha detto amche che, lo scorso anno, una scuola di Cura di Vetralla è stata intitolata ai coniugi Cecchini. Ancora una volta, un segno di riconoscenza per un’azione così eroica.
Le parole della signora Lilli ci hanno colpito perché si percepiva la sua sofferenza nel ricordare. Dopo averci raccontato la sua storia, ci ha trasmesso il suo desiderio di proteggerci, di darci consigli, secondo noi molto importanti, cioè di accorgerci del mondo che ci circonda, di ciò che accade, ma soprattutto dei sentimenti degli altri e di quello che gli altri stanno passando, senza essere mai indifferenti.
Nel suo intervento Lilli ha toccato molti aspetti ed argomenti; ci ha parlato delle pietre di inciampo realizzate in memoria delle vittime della Shoah dall’artista tedesco Gunter Demnig che possiamo vedere a Roma, non solo nelle strade di quello che era stato un tempo il ghetto, ma anche in altri quartieri (ad esempio il rione Monti che è stato recentemente teatro di una azione vergognosa: alcune pietre di inciampo sono state strappate via); ci ha parlato dei violini della memoria e della speranza, ritrovati nel lager di Auschwitz e restaurati dal liutaio Amnon Weinstein, violini sopravvissuti ognuno dei quali ha una storia drammatica ed una voce che suona ancora.
Angelo Di Cave ha avuto una storia simile a quella di Lilli. Ha iniziato il suo discorso dicendo: “Nel ’38 è cambiata tutta la nostra vita”! Ecco la triste e tremenda pagina delle leggi razziali. Angelo e i suoi vivevano a Velletri; erano una famiglia piuttosto agiata, ma nel 1938 tutto cambiò con le leggi razziali. Così il padre non poté più avere nella sua ditta dipendenti cattolici; presto dovette chiudere la sua attività. Angelo e le sue sorelle maggiori non poterono più andare a scuola, privati ingiustamente ed in modo assurdo della possibilità di accedere alla cultura.
Quando il 16 ottobre del 1943 a Roma venne compiuta la “razzia” degli ebrei, dando avvio alle deportazioni, ecco il ricordo della fuga assieme alla famiglia, l’aiuto da parte dei concittadini di Velletri località nella quale vivevano; i documenti falsi per non essere identificati, ottenuti dietro il pagamento di una ingente somma di denaro. I Di Cave hanno spesso cambiato casa, sempre aiutati da famiglie che si sono offerte, mettendo a repentaglio la propria vita, di dar loro aiuto e protezione. Fortunatamente riuscirono a sfuggire al rischio della delazione e della deportazione. Altri familiari di Angelo non ebbero la stessa sorte: 43 membri della sua famiglia, tra cui l’amatissimo nonno, furono deportati e uccisi ad Auschwitz e a Dachau.
Ha preso nuovamente la parola Lilli che ci ha raccontato di quando lei e la sua famiglia si trasferirono da Roma a Milano (nel tentativo di sottrarsi al pericolo); grazie ad alcune conoscenze trovarono una casa in affitto e lì si sistemarono. Arrivò la fine della guerra e appena possibile avrebbero abbandonato la casa che avevano preso in affitto. Proprio pochi giorni dopo la fine della guerra, il padre di Lilli stava per essere arrestato con il rischio di essere fucilato, perché la proprietaria dell’appartamento era andata dalla Polizia denunciando che Fornari non era il vero cognome di quella famiglia, era solo una copertura, perché il vero nome era Fosso ed erano fascisti; la donna, priva di scrupoli, aveva l’intento di mandare via gli affittuari perché voleva rientrare in possesso della casa il prima possibile. Proprio nel momento in cui l’uomo era al Commissariato, passò un amico che lo riconobbe e gli disse: “Ciao Fornari, che sta succedendo?”.Quindi, fu così che il padre si salvò.
Lilli e Angelo hanno risposto con pazienza alle nostre numerose domande. Una di queste è stata: ”Come avete raccontato ai vostri figli il vostro passato?”. Sia Angelo che Lilli hanno risposto che non è che un giorno, improvvisamente, gliene hanno parlato; ciò è accaduto man mano, vivendo insieme ai figli; così il loro passato è riaffiorato insieme alla storia di quegli anni terribili.
Il dottor Di Cave ci ha descritto quello che è avvenuto nei campi di sterminio. Ci ha detto che i nazisti volevano cancellare il popolo degli ebrei, attuando la “soluzione finale”. Avevano costruito tutto sulla menzogna: gli ebrei credevano che sarebbero andati nei campi di lavoro, ma non era per nulla così. Anche i filmati che i tedeschi diffondevano erano realizzati facendo vere e proprie sceneggiate per non rivelare ciò che accadeva nei lager. In realtà gli ebrei venivano arrestati e messi su un treno merci, direzione Auschwitz o altri lager, senza sapere bene dove quel viaggio li avrebbe portati e cosa sarebbe accaduto, senza servizi e senza avere la possibilità di bere e mangiare per diversi giorni. Una volta arrivati al campo di sterminio, le famiglie venivano separate; gli uomini divisi dalle donne. Tutti dovevano lasciare ciò che avevano portato con sé: danaro, beni, valigie; erano costretti a spogliarsi dei loro abiti; venivano rasati e marchiati con un numero che avrebbe preso il posto del loro nome. Diventavano “pezzi”. Nel lager i deportati non avevano quasi nulla da mangiare e da bere; non c’era igiene, non c’era dignità. Costretti a svolgere lavori pesantissimi, sotto la minaccia di percosse. Subirono violenze, torture, umiliazioni … Coloro che non erano in grado di lavorare o che si ammalavano venivano destinati alle camere a gas dove morivano a causa dello Zyklon B. Poi i corpi venivano ridotti in cenere nei forni crematori… Nel pensare a tutto questo, viene davvero da piangere… Ma come è stato possibile?
Dopo molte domande e riflessioni, abbiamo suggellato l’incontro con una foto tutti insieme; ci siamo abbracciati e, dopo la firma degli autografi, siamo tornati in classe.
Questo incontro è stato davvero indimenticabile. Una frase pronunciata dalla signora Lilli ci ha fatto riflettere, insieme alla dolcezza e al coraggio della nostra ospite e con questa desideriamo chiudere il nostro testo: “La vita è fatta per imparare”.
Luca Ballarini, Gabriele Boccacci, Linda De Angelis 2M

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