28 Marzo, 2024
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Nuova puntata di STORIE NERE, la nostra rubrica noir: “IL SASSO ASSASSINO”

Una telefonata mi raggiunse troppo celermente. La voce dell’Ispettore Nicolas mi chiedeva se fossi già in ufficio!
Alle 7,50 io in Ufficio? Assolutamente no! Capii dal tono dell’Ispettore che c’era qualcosa di urgente da trattare e che qualcuno già così mattiniero mi stava aspettando.
Entrai di corsissima, alle 8,01, in un ufficio, all’ultimo piano dove più persone erano disposte a cerchio. Riconobbi, fra i presenti, solamente il dirigente della Squadra Mobile ed un magistrato della locale Procura. Mi ritrovai al centro della stanza, alquanto in imbarazzo, visto che non sapevo quale quesito mi sarebbe stato posto! Cercai di rimanere rilassata e disinvolta ma le mie guance rosso scarlatto tradivano sicuramente la mia notevole emozione. La domanda non tardò ad arrivare. L’ispettore Nicolas mi chiese diretto, com’era solito fare senza preamboli:
“Luciana ti ricordi, la settimana scorsa, quei ragazzi che abbiamo portato in Commissariato per essere sentiti in relazione all’omicidio causato da un masso lanciato dal cavalcavia?”.
“Si, certo che lo ricordo” – risposi io, rovistando nei miei ricordi affollati, fra i quali anche le tazze di latte dei miei figli che avevo lanciato, di fretta, nella vaschetta della mia cucina. Velocemente pensai: “Luciana screma i ricordi non utili!”
L’Ispettore proseguì con le domande.
“Mi avevi detto, mentre eravamo insieme a stilare i verbali, che la firma di un paio di ragazzi ti aveva incuriosita. In che senso?”.
Provai a riportare alla mia mente le firme di quei due giovanissimi, in mezzo ad altre centinaia. Ma ecco che la memoria mi restituì, in maniera abbastanza nitida, le due scritture!
Mi fermai qualche istante e cominciai a descrivere i tratti caratteriali che si evincevano in quelle poche lettere. Oltre all’aspetto tecnico, che rilevavo come grafologa, un certo sesto senso mi aveva condotta oltre quella coltre di nebbia che avvolgeva quella fitta indagine. Descrissi i tratti rilevanti che venivano fuori dalla loro scrittura e il tipo di rapporto che potesse esserci fra loro, chi fosse una figura leader e chi gregaria; chi pensava e chi eseguiva. Questa mia descrizione fece letteralmente sobbalzare un graduato della Polizia.
Si diresse visibilmente irritato verso il balcone e disse ad alta voce:
“E certo! Noi non avremmo capito proprio nulla in quest’indagine!”
Dalla frase infuocata capii che, involontariamente e senza conoscere nulla dell’indagine, ne avevo stravolto la direzione.
Il cordone anellato attorno a me si sciolse. Quelle persone si diressero, un po’ pensierose, nell’ufficio accanto, nel quale intravidi i due ragazzi su cui mi ero appena espressa.
Passarono circa quattro ore, l’interrogatorio si era protratto a lungo.
Per pura casualità incontrai il folto gruppo per le scale del Commissariato. L’ultima a scendere fu una psicologa della Polizia di Stato che mi disse sottovoce:
“Aveva ragione lei!”

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