25 Dicembre, 2025
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Il presepe di Greccio, un gesto politico e spirituale dirompente

Era l’anno 1223 quando Francesco d’Assisi, il “Poverello”, ebbe il desiderio di far rivivere la nascita di Gesù non solo con le parole, ma con immagini concrete, tangibili. L’idea non era nata dal nulla. L’anno precedente, Francesco si era recato a Betlemme e aveva assistito alle celebrazioni della Natività restandone profondamente segnato.

Tornato in Italia, aveva chiesto a papa Onorio III di poter ripetere la rievocazione. Ma le rappresentazioni erano vietate nelle chiese e il pontefice gli concesse solo di celebrare una messa all’aperto. Così, nella notte della Vigilia del 1223, Greccio si trasformò in una nuova Betlemme. Una grotta, una mangiatoia, il fieno, il bue e l’asino: non c’era la Sacra Famiglia, ma la forza del simbolo bastava. La comunità si radunò con fiaccole e canti e da quel gesto nacque una tradizione destinata a diffondersi ovunque.

Il presepe di Greccio non fu soltanto un atto di pietà, ma un gesto politico e spirituale dirompente. Nel tempo delle crociate, quando la cristianità era convinta che la salvezza e la gloria passassero attraverso la conquista armata dei luoghi santi, Francesco propose un’alternativa radicale: la vera Gerusalemme non si raggiunge con le armi, ma con il cuore.

Mentre papi e sovrani incitavano i fedeli a partire per guerre sanguinose, Francesco mostrava che Cristo poteva nascere e farsi presente ovunque, anche in un piccolo borgo dell’Umbria; ribaltava la logica: non serve la violenza, non serve attraversare mari e combattere battaglie, basta ricreare la povertà e la semplicità della grotta di Betlemme.

La scena di Greccio, con il bue e l’asino accanto alla mangiatoia, era un manifesto di pace, segno che la salvezza non appartiene a un luogo geografico, ma è universale. Il presepe era una denuncia contro l’idea che la fede dovesse essere difesa o imposta con la spada. Portare Betlemme tra i monti dell’Umbria significava rendere accessibile a tutti la sacralità, senza bisogno di pellegrinaggi costosi o guerre lontane. Ogni comunità, ogni casa, ogni cuore può diventare Betlemme. Contro la mentalità dominante, Francesco affermava che la vera vittoria non è la conquista di città, ma la conquista della pace interiore, comunitaria e della fratellanza. In questo modo, il presepe di Greccio non fu soltanto la nascita di una tradizione, ma la proclamazione di un nuovo paradigma: la fede non ha bisogno di guerre, perché Dio si fa presente ovunque c’è amore, povertà e fraternità.

Riccardo Agresti

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