5 Dicembre, 2025
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ECOCIDIO: crimine perseguibile dalla Corte Penale Internazionale

Negli ultimi anni è cresciuta la coscienza giuridica globale verso la tutela dell’ambiente come bene comune dell’umanità, e la spinta a istituire e perseguire il reato di “ecocidio”. In questi giorni viene rilanciata la proposta di riconoscere l’ecocidio come crimine internazionale, secondo la definizione proposta nel 2021 dall’associazione Stop Ecocide International: “atti illeciti o sconsiderati commessi con la consapevolezza che esiste una sostanziale probabilità che tali atti causino danni gravi, diffusi o di lunga durata all’ambiente naturale”.

Se ne sta facendo carico la Commissione di diritto internazionale delle Nazioni Unite – dando seguito anche ad una recente (2024) esplicita richiesta degli Stati insulari del Pacifico (Vanuatu, Samoa e Fiji) – con la proposta di estendere i poteri della Corte Penale Internazionale attraverso un emendamento allo Statuto di Roma, che definisce poteri e campo d’azione della Corte stessa.

Si tratta di aggiungere il crimine di ecocidio ai 4 oggi perseguibili – genocidio, crimini contro l’umanità, aggressione e crimini di guerra – facendo un grandissimo passo avanti per la tutela dell’ecosistema, sempre più compromesso sia in tempo di guerra che in tempo di pace.

Inger Andersen, direttrice esecutiva dell’UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente istituito nella conferenza di Stoccolma del 1972, intervenendo alla giornata internazionale per prevenire lo sfruttamento dell’ambiente in guerra e nei conflitti armati, celebrata dall’ONU ogni 6 novembre, ha presentato un quadro drammatico di distruzioni ambientali, da Gaza ad Haiti, alla Siria e tante parti del mondo. 

Non sono effetti collaterali, da accettare perché inevitabili, ma crimini contro l’ambiente e più in generale contro l’ecosistema. Le devastazioni ambientali causano fame e malattie, e alimentano sempre più importanti fenomeni migratori, mentre la crisi climatica acuisce le tensioni e genera conflitti per il controllo dei terreni coltivabili, dell’acqua e delle risorse naturali. È un serpente che si morde la coda: la guerra distrugge l’ambiente, alimentando così nuove guerre.

Per questo motivo, la protezione dell’ambiente in guerra assume una valenza ben più ampia: non si tratta soltanto di salvaguardare il patrimonio naturale, ma assicurare la pace e i diritti umani fondamentali, nella consapevolezza del legame inscindibile che lega giustizia ambientale e giustizia sociale.

Introdurre il reato di ecocidio vorrebbe dire anche cambiare le regole di base con cui opera l’economia perché renderebbe giuridicamente, oltre che moralmente, inaccettabile un eventuale grave danno alla natura, allontanando i finanziamenti dalle pratiche nocive per gli ecosistemi, e stimolando l’innovazione nel solco della sostenibilità.

E dunque, l’ambiente non può essere subordinato alle esigenze dell’economia e men che meno usato come arma di guerra, ma deve essere considerato al vertice della scala delle priorità nelle scelte dei governi.

Se ne è parlato anche alla COP30, Conferenza sul Clima delle Nazioni Unite: https://www.lagone.it/2025/11/27/cop30-2025/

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In Europa: è stata approvata nel marzo 2024 la Direttiva (UE) 2024/1176 sulla protezione dell’ambiente attraverso il diritto penale, che introduce il concetto di reati “comparabili all’ecocidio”.

In Italia: giace da 2 anni in Parlamento una proposta di legge per l’introduzione del reato di genocidio nella legislazione nazionale

Giuseppe Girardi

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