Il progetto artistico-culturale “Il corredo” di Gabriele Ermini ideato per il borgo di Oriolo Romano nell’ambito del progetto d’arte contemporanea, diffuso in tutta Italia, “Una boccata d’arte” (giunto alla sesta edizione, promosso da Fondazione Elpis, in collaborazione con Galleria Continua e con la partecipazione di Threes. Ogni anno 20 borghi, uno per ogni regione, accolgono 20 artisti – italiani e internazionali – invitati a trascorrere un breve periodo di permanenza per realizzare “opere” in dialogo con il territorio e con chi lo abita in una sorta di viaggio alla scoperta delle “meraviglie” che attraversano l’Italia intrecciando arte, comunità, paesaggi lasciando nuove memorie collettive) mi ha riportato alla mente un fatto di cronaca risalente al 24 luglio 1984.
Ossia al clamoroso ritrovamento, in un canale di Livorno, di alcune teste scolpite alla maniera di Modì che insigni storici e critici d’arte – tra cui anche Argan e Brandi – riconobbero come “opere autentiche” e inconfondibili del grande pittore e scultore Amedeo Modigliani. Salvo poi, qualche mese dopo, scoprire che in realtà a scolpirle fu un giovane artista e un gruppo di amici che organizzarono questo “scherzo” che divenne il caso culturale di cui quell’estate tutta l’Italia parlò. Negli anni, gli autori sostennero che la loro intenzione non era burlarsi degli intenditori e studiosi bensì creare un’operazione di tipo estetico-culturale per mettere alla prova il sistema dei “mass media”.
Anche nel caso del progetto del pittore e – per l’occasione scultore – Ermini si tratta di un “falso storico” verosimile e, già da subito, dichiarato. Un finto ritrovamento archeologico, nei pressi del territorio del Parco della Mola, di straordinario interesse: un corredo ceramico (vasi decorati, buccheri e statuette votive) perfettamente conservato, custodito all’interno di una tomba rinvenuta per caso.
La scelta della posizione della tomba in un’area di forte valore paesaggistico e simbolico all’incrocio tra natura, antiche vie di transito e luoghi della memoria serve – o può servire – a rafforzare l’ipotesi di un nucleo abitativo etrusco ancora tutto da scoprire. Un ritrovamento che arricchisce il racconto della presenza etrusca nell’Etruria meridionale interna e che, oggi, rivive nel presente grazie al dialogo tra archeologia, immaginazione e memoria collettiva.
Questa operazione culturale ha utilizzato gli strumenti della “parafiction” per stimolare una riflessione critica sul concetto di autenticità, memoria, storia, costruzione e – custodia – del patrimonio culturale. Infatti, ogni eventuale somiglianza con fatti, oggetti o ritrovamenti reali è intenzionale ma rientra in una dimensione artistica e immaginativa.
L’artista ha ricreato – secondo il suo gusto e tecnica personale, tra immaginario etrusco e autobiografia – la tipologia delle ceramiche che, una volta rinvenute, sono state collocate in un “finto” allestimento museale presso la Casina di caccia all’interno di Villa Altieri.
Scoperta, catalogazione del materiale, esposizione dei manufatti, apertura al pubblico del “nuovo” museo. Inoltre, attraverso laboratori di ceramica, aperti a tutti, si è realizzato un “nuovo corredo” che il 5 settembre (grazie alla collaborazione e partecipazione della ATS Monumento Naturale della Mola e APS Amci della Via Clodia) è stato ricollocato nel punto del “finto” ritrovamento della tomba. Una sorta di restituzione comunitaria e di custodia di quanto – simbolicamente – possediamo.
Gli intenti del progetto nazionale “Una boccata d’arte” sono vari e molteplici: riattivare e dare nuova fisionomia a spazi in disuso all’interno delle comunità, sensibilizzare la cittadinanza e accompagnarla a vedere con “altri occhi” il proprio patrimonio materiale e immateriale che possiede, operazione artistica per incentivare un turismo sostenibile e di prossimità.
Brunella Bassetti – Redattrice de L’Agone







