27 Dicembre, 2025
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Intelligenza artificiale: lo scandalo Deloitte e la cultura della superficialità

Ha fatto molto discutere nelle ultime settimane lo scandalo che ha coinvolto la società di consulenza finanziaria Deloitte, colpevole di aver prodotto per il governo australiano un rapporto contenente citazioni e riferimenti bibliografici inventati, generati da un modello di intelligenza artificiale.

Ad accorgersi dei riferimenti e delle fonti inesistenti è stato Chris Rudge, ricercatore dell’università di Sydney, che ha successivamente deciso di segnalare l’accaduto. Il documento, dal valore di circa 290.000 dollari americani, conteneva riferimenti a libri inventati e la falsa citazione di un giudice federale.

Nonostante l’assunzione di colpa da parte dell’azienda e la conferma di aver utilizzato una piattaforma che adotta modelli linguistici generativi, la vicenda ha sollevato forti polemiche. In particolare, si è espressa riguardo all’accaduto la senatrice australiana Barbara Pocock, dichiarando l’utilizzo dell’intelligenza artificiale “scorretto e inappropriato” e sostenendo che Deloitte avrebbe dovuto rimborsare l’intero importo del contratto.

Tale evento ci costringe a riflettere per l’ennesima volta sull’utilizzo che viene fatto dell’intelligenza artificiale, indipendentemente dalla grandezza degli ecosistemi all’interno dei quali viene utilizzata: che sia per una semplice ricerca personale o al fine di calcolare la traiettoria della prossima astronave che lanceremo su Marte. Bisogna abbattere la barriera della superficialità che la società – e noi in quanto membri di essa – stiamo costruendo. Prima che si arrivi a un irreversibile isolamento della personalità, va mantenuto all’avanguardia il ponte tra realtà e finzione, quello stesso ponte che un utilizzo improprio della tecnologia rischia di danneggiare.

Sembra assurdo, ma il dilemma che riguarda l’intelligenza artificiale si riduce a una domanda molto semplice: vogliamo farne un uso etico o un abuso economico?

Denis Andrei Mihut

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